Si definiscono socialisti, socialdemocratrici, democratici o progressisti, ma sono in realtà la longa manus del potere economico, l’alibi del potere, all’occorrenza i kagemusha di quell’1% che rastrella tutte le risorse del pianeta attuali e di quello 0,1% per cento che si è incamerato anche quelle future: così il loro galleggiamento nelle alte cariche e nei posti di prestigio dipende direttamente dalla loro capacità di confondere per meglio attuare i massacri sociali, nascondere le dinamiche autoritarie e di impedire l’ascesa gente che non fa parte del clan e perciò stesso, al di là di qualunque idea politica, anche ammesso che ancora ne esistano, costituiscono un percolo per la status quo e la rete opaca di relazioni che è il vero governo globale. Li conosciamo bene, li abbiamo anche in casa e quindi possiamo capire come vadano nel pallone quando qualcosa non funziona per il verso giusto: strillano e si agitano scompostamente, rischiano di strappare il sipario che nasconde la “machina” teatrale del consenso.
Cosi si deve assistere anche alla sceneggiata di tale Mary Robinson che straparla e minaccia di far dichiarare gli Usa stato canaglia qualora Trump volesse davvero ritirare la firma sugli accordi di Parigi per il contenimento dei gas serra, visto che il tycoon ha dichiarato più volte in campagna elettorale il suo scetticismo ecologico condendolo di stravaganti argomentazioni. Ora questa Robinson, sedicente socialista di rito blairiano, è stata presidente dell’Irlanda dal 1990 al 1997 cioè quando ha indotto il Paese a firmare il trattato di Maastricht provocandone il prevedibile e drastico impoverimento, poi dal 1997 al 2002 è stata al commissario Onu per i diritti umani, in tempo per approvare l’umanesimo delle guerre nei Balcani e in Medio Oriente e adesso è inviata speciale per le Nazioni Unite in materia di cambiamenti climatici. Quindi non si tratta di una che cade dal pero, di una che può non sapere come da sempre gli Usa si sono rifiutati di ratificare il protocollo di Kyoto senza che nessuno abbia mai pensato né per questo né per il molto altro a incanaglire gli States. Per di più non può ignorate come sia stato proprio Obama a permettere e a stimolare l’estrazione del petrolio e del gas di scisto che è una delle tecnologie in assoluto più inquinanti da ogni punto di vista oltre che devastanti per il territorio e che naturalmente prelude a un maggior consumo di combustibili fossili. Tanto che il Canada ha ritirato la propria firma sul protocollo proprio per poter sfruttare le sabbie bituminose.
Ma solo dopo l’elezione di Trump Mary Robinson ha fatto partire la minaccia fine di mondo, peraltro priva di senso visto che l’Onu è quasi una proprietà Usa a mala pena arginata da Russia e Cina. Per di più il riferimento è al cosiddetto trattato di Parigi, una penosa dichiarazione di buona volontà in cui 195 Paesi si impegnano a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, dato a cui ci si sta avvicinando a ritmi enormemente più veloci del previsto e questo sulla base di piani nazionali puramente figurativi che anche se effettivamente attuati, non consentirebbero comunque di rispettare l’obiettivo. A scanso di equivoci io non sottovaluto affatto i problemi ambientali che anzi stanno diventando il problema cruciale dei prossimi decenni, ma è chiaro che per affrontarli davvero occorre trasformare radicalmente il modello di sviluppo: questi accordi sono un tipico compromesso tra la volontà di non cambiare nulla e tuttavia dare e darsi l’impressione che si stia facendo qualcosa per intervenire sulle logiche che portano al disastro. Sono in un certo senso l’equivalente del political correct usato in altri ambiti.
Quindi è del tutto inutile predicare bene e razzolare male: parlando di ambiente gli Usa sono canaglia fin da quando Clinton nicchiò a lungo con il protocollo di Kyoto e Bush junior si rifiutò di ratificarlo, svuotandone di fatto l’importanza e l’appello morale visto che al tempo gli Usa erano responsabili del 37 % delle emissioni globali di gas serra. Se Mary Robinson o chi per lei avesse minacciato 16 anni fa forse saremmo messi meglio, ma l’anatema arriva solo quando alla Casa Bianca sale uno che non fa parte dei clan consolidati e che soprattutto rappresenta il rifiuto degli stessi da parte degli elettori. Fa solo guerriglia in ragione di altri scopi perché nei fatti i deliri contro ambientali di Trump, sono in linea di continuità sostanziale con le precedenti amministrazioni, sono solo politicamente maleducati.
Alcuni credono che Trump sia un espediente controllato dall’Oligarchia. Però, visto che Hillary è il rappresentante comprato e pagato dall’Oligarchia, un trucco così elaborato è perfettamente inutile. Per l’Oligarchia sarebbe preferibile vincere con il proprio programma, piuttosto che insediare un presidente dell’opposizione e poi fargli cambiare schieramento. Un’altra svendita non farebbe altro che aumentare la rabbia della gente. Se Hillary avesse vinto, l’Oligarchia avrebbe avuto il mandato popolare per il suo programma.
http://www.controinformazione.info/quelli-che-manifestano-contro-trump-sono-strumenti-delloligarchia/
“Per l’Oligarchia sarebbe preferibile vincere con il proprio programma, piuttosto che insediare un presidente dell’opposizione e poi fargli cambiare schieramento.”
Ah si? Strano, eppure mi è parso che con il primo-Presidente-di-colore-premio-Nobel-per-la-pace-a-fondo-perduto (o forse reinvestito in campagne militari un po’ ovunque nel mondo), l’asettica e an-ideologica Oligarchia abbia fatto proprio questo.
Tra le varie ipotesi che fanno venire l’acquolina in bocca ai produttori di armi americani c’è sicuramente quella di una nuova guerra civile, combattuta dagli antitrumpisti contro i trumpisti.
Il motto dei produttori di armi penso sia il classico “armiamoci e partite” perché il loro lavoro sotterraneo di spintarella alle guerre, ogni tipo di guerra, li pone – chissà perché – al riparo da qualsiasi danno bellico. Infatti non rischiano mai nulla, né muoiono loro, né muoiono i loro figli, né, verosimilmente, muoiono i loro finanziatori, soci e sponsor politici. Anche le fabbriche rimangono tutte miracolosamente intatte, quasi che le guerre fossero una combine tra i belligeranti in cui si è già deciso di comune accordo che tutti i tipi di massacro sono leciti, specie quelli di popolo, ma le armi e i produttori di armi no, sono roba sacra e non si tocca.
Dunque, perché non darla quella spintarella a rischio zero e con tanti inestimabili plus? Tanto più che gli americani, grazie a Trump, sono surriscaldati al punto giusto, e basterebbe una scintilla per scatenare l’inferno. Chissà, forse dall’altra parte dell’oceano cinesi e russi sono già al lavoro per inventarsi la scintilla. E il progetto ha un nome: Stati Disuniti d’America.
Sarebbe ora dopo averne pagato le coinseguenze per ca. 100 anni, che anche gli europei iniziassero ad adottaqre nei confronti degli USa, la strategia del “divide et impera” o del “mors tua vita mea” … più volte gli europei hanno dovuto pagare i prezzo delle ciniche politiche imperialiste americane, non sarebbe male che di tanto in tanto gli americani pagassero il prezzo di strategiue come le suddette implementante sul suolo americano da potenze straniere.
Qualche bella “””””””””””””rivoluzione arancione anche negli USA””””””””, finalmente.
Come si dice… chi la fa , l’aspetti.
“E il progetto ha un nome: Stati Disuniti d’America.”
Chi la fa l’aspetti,se proprio dovesse essere secondo logiche guerrafondaie, soprattutto ammmeregane, meglio una guerra civile negli USA, che una guerra con la russia o una guerra civile in Eropa, sicuramente.
” E il progetto ha un nome: Stati Disuniti d’America.”
Sarebbe l’occasione per provare con qualche possibilità a ridurre LA PRESSIONE IMPERIALISTA E GUERRAFONDAIA DEGLI USA IN EUROPA.
Se la logica dell’imperialismo USAanche in Europa , è una logica guerrafondaia, allora,semplicemente .”mors tua, vita mea”
Gli USA e i loro commitenti da almeno 100 anni sono una minaccia alla pace mondiale e sicuramente europea ( per dirne una si guardi chi finanziava,”tranquillamente” nel primo dopoguerra modiale, le industrie che hanno finanziato il nazismo in Germania…).
Soros ha riunito in un hotel di Washington i miliardari che hanno progettato e realizzato la globalizzazione neoliberista utilizzando il guscio vuoto del PD americano.
Dopo GB e USA, l’ultima battaglia si combatterà il prossimo anno a Parigi per le presidenziali.
Nulla ci verrà risparmiato per evitare che l’Europa, ultima ridotta neoliberista, sfugga al controllo dei magnati della finanza: rivolte colorate, attentati false flag, scandali di ogni tipo.
E anche in USA, come dimostrano gli ultimi scontri di piazza, finanziati dalle organizzazioni dei soliti ricconi, la partita è ancora aperta.
http://www.occhidellaguerra.it/soros-prepara-la-guerra-trump/