Alle volte sembra di sognare, sembra che non esista alcuna logica in ciò che accade o che essa ci sfugga. Così in questo mondo di Alice accade che il progetto di Elon Musk di comprarsi Twitter venga contrastata  per ragioni sorprendenti, ovvero per impedire che individui ricchi controllino il discorso pubblico, cosa che da molti anni  è la realtà assoluta in tutto l’occidente. Addirittura Ellen Pao, ex CEO di Reddit, si scaglia contro Musk sul Washington Post con queste parole: “Abbiamo bisogno di una regolamentazione… per impedire ai ricchi di controllare i nostri canali di comunicazione.” Inutile dire che il Washington post è di proprietà di Jeff Bezos e dunque suona abbastanza grottesco che si lamenti del fatto che i ricchi controllano i “canali di comunicazione”. Assieme a Pao ci sono molti altri detrattori dell’operazione i quali non sembra che si siano accorti del fatto che l’informazione è concentrata in pochissime mani, ma la maggior parte di questi interventi critici esprime in realtà qualcosa di profondamente diverso dalla libertà: essi esprimono il timore che con Musk ci possa essere un allentamento della censure visto che, come è noto “la democrazia ha bisogno di più censura”.

Insomma si è levato uno stonato gracidio di rane  in uno stagno dentro il quale non si muoveva più una foglia e dove i cosiddetti giornalisti avevano trovato il miglior modus vivendi possibile, quello di dire solo ciò che vuole il padrone. Ma ci sono reazioni ancora più incredibili come quella che viene dall’ex segretario al lavoro Robert Reich in un suo pezzo sul  Guardian , ” La visione di Elon Musk per Internet è una pericolosa assurdità “. Si tratta di una articolo importante perché squarcio il velo sulla cupola di potere che si è impadronita di tutte le leve di comando e che non permette ad alcun estraneo di entrare nel salotto buono delle menzogne e delle distopie da quattro soldi di cui costoro sono insani portatori. Ecco il brano centrale: “Musk dice di voler “liberare” Internet. Ma quello che mira davvero a fare è renderlo ancora meno responsabile di quanto non lo sia ora… dominato dalle persone più ricche e potenti del mondo, che non sarebbero responsabili davanti a nessuno dei fatti, della verità, della scienza o del bene comune. Questo è il sogno di Musk. E quello di Trump. E di Putin. E il sogno di ogni dittatore, uomo forte, demagogo e moderno barone rapinatore sulla Terra. Per il resto di noi, sarebbe un nuovo incubo coraggioso.” Ma allora fino adesso chi ha controllato Twitter o Google o Facebook o la maggior parte delle televisioni e dei giornali? Non sono forse proprio le persone più ricche e potenti del mondo, che si sono rivelate totalmente irresponsabili? Purtroppo la situazione è talmente chiara che queste geremiadi non fanno che confermare l’esistenza di un potere grigio, perfetta espressione del capitalismo della sorveglianza. Quando Reich dice: “Milionari come Musk hanno dimostrato più e più volte di considerarsi al di sopra della legge. E in larga misura lo sono”, sta parlando di un quadro autoritario che esiste già e che peraltro non viene nemmeno nascosto più tanto: ciò che lo infastidisce  non è il concetto di libertà civili privatizzate, ma l’idea che un particolare miliardario potrebbe non essere d’accordo con il tipo di decisioni aziendali arbitrarie che piacciono a Reich, come la rimozione di Trump (“necessario per proteggere la democrazia americana”) e che sono evidentemente frutto di un sinedrio di super ricchi che

Ho usato l’espressione di potere grigio perché esso pervade e determina anche quello istituzionale e di facciata: non è un caso se Elon Musk per spiegare il senso della sua Opa abbia detto di voler rendere Twitter “una società privata”.  Lo è già formalmente, ma in realtà esso dipende come del resto gli altri social dell’ anglosfera sono creature la cui nascita e crescita è stata favorita in tutti i modi dallo stato a stelle e strisce come strumento di propaganda planetaria e voce pubblica delle concrezioni di potere. Fin dalla metà degli anni ’90 Clinton, informato delle potenzialità di internet, lavorò perché esso fosse una “cosa americana” e oggi una cosa di chi comanda in America. Basta vedere la natura delle censure identiche e coordinate  sia nei social che nei media più tradizionali per rendersi conto che c’è uno stretto legame tra questi centri mediatici e quanto meno la parte più oscura delle amministrazioni Usa.