Anna Lombroso per il Simplicissimus

Una delle infamie persuasive che dobbiamo a un ceto dirigente, imprenditori, politica, tecnici, opinionisti e sociologi, di vecchi criminali e tirocinanti che hanno imparato subito è quella secondo la quale austerità, rinunce, privazione e declassamento sono la giusta punizione per una collettività che ha vissuto al di sopra dei suoi mezzi, scialacquato e dissipato beni, risorse e talento negando alle generazioni future le stesse opportunità, le stesse sicurezze e gli stessi immeritati privilegi.

Così a quelli che hanno potuto conservare qualche garanzia e qualche prerogativa correrebbe l’obbligo di sostituirsi allo stato sociale, di surrogare con investimenti personali i limiti dell’istruzione, di potenziare le risorse del futuro capitale umano e di assicurargli il potenziale per l’affermazione di sé, oltre che un tetto, un fondo pensionistico, un’assicurazione sanitaria.

A mostrare le falle di questo racconto basterebbe esaminare reddito e possibilità di sopravvivere con dignità dei sopravvissuti nelle Rsa, degli anziani che in questi ormai anni di distanziamento sono tornati alle abitudini contadine del tazzone di latte con il pane raffermo, di quelli che vediamo fare provvista nei supermercati togliendo dagli scaffali qualche prodotto che poi ripongono perché qualsiasi genere di prima necessità rischia di essere un capriccio sconsiderato. E basterebbe vedere le statistiche sulle vendite in regime di nuda proprietà, oppure quelle che riguardano gli ospiti di case di riposo che hanno scelto una soluzione infelice e avvilente per lasciare la casa che si sono comprati con anni di stenti e risparmi a famigliari che vivono una condizione di precarietà.

Si vede proprio che una vita di lavoro di milioni di lavoratori non è bastata a garantire ai giovani un futuro di benessere ma nemmeno agli anziani il meritato riposo: d’altra parte oggi in Italia si guadagna meno di trent’anni fa a parità di professione, livello di istruzione e carriera, ma il processo è cominciato da tempo e si è combinato con la diminuzione del potere di acquisto.

Si è detto che era necessario proprio per salvaguardare figli e nipoti, per rendere il mercato più flessibile e aumentare la competitività della imprese e che così saremmo stati tutti più ricchi e garantiti. Al tempo stesso si riducevano gli ammortizzatori sociali, si demoliva l’impianto dell’assistenza pubblica e si privatizzavano i servizi essenziali, più cari e meno efficienti, dal 2000 sono state prodotte almeno 50 leggi e leggine per favorire precarietà e mobilità, cui si aggiunge la maledetta legge della professoressa recuperata dal governo Draghi.

Il mercato del lavoro oggi si presenta come una giungla, dove l’unica certezza è che le remunerazioni sono basse e incerte, vergognose e effimere, tra quelli che hanno salari da tre a sei euro l’ora, quelli convinti della virtù del lavoro gratuito e quelli più fortunati con un tirocinio da 350/400 euro al mese, quelli costretti al part time, quelli sottoinquadrati. E poi gli uberizzati, gli amazonizzati, i rider, gli addetti agli “scaffali” che devono fare la pipì in bottiglia e a dormire in camper, per essere più vicini al posto di lavoro e battere la concorrenza e perché non hanno casa. Chissà se possiamo far rientrare nelle statistiche del mercato del lavoro i licenziati dopo lo sblocco e quelli che lo saranno in questa nuova tornata, quelli mandati via con una mail che hanno vinto la battaglia dopo una imponente manifestazione, ma solo per quanto riguarda le modalità “antisindacali”, termine ormai molto vago a vedere l’assoggettamento disonorevole dei sindacati ormai visibilmente riluttanti a difendere gli sfruttati.

L’ideologia del divide et impera che ha spezzato vincoli secolari tra padri e figli, anziani e giovani, si è tradotta nella concorrenza sleale in atto tra chi svolge queste mansioni faticose, avvilenti, che un tempo erano destinate a ragazzi che arrotondavano la paghetta e ricorrevano ai lavori alla spina anche grazie a quella illusoria narrazione che li faceva sentire manager di se stessi, indipendenti, perché si sceglievano il percorso per consegnare la pizza e se avevano una particolare necessità stavano sulla strada 8, 10 ore, senza sapere o non volendo sapere che il padrone invisibile  o immateriale controllava le loro prestazioni, il loro rendimento, pronto a penalizzarli o sostituirli con merce fresca.

Adesso come sa chiunque riceva un pacco, un sushi a domicilio, uno scatolone di Amazon ha potuto assistere al processo di ricambio, sono diminuiti gli extracomunitari e il target di giovani è stato sostituito da gente che ha oltrepassato i 40-45 anni, che devono correre per essere competitivi con quelli più giovani, i più imprenditoriali dei quali si organizzano con il subappalto delle consegne affidato a una rete di “dipendenti”.

In questi giorni mentre si susseguivano i dati degli assassinii sul lavoro arrivati a 10 in due giorni, si scopre che tra i morti c’è un settantaduenne di Nichelino, dell’imprenditore agricolo di 54 anni. E se si va indietro ai dati dell’anno ecco le brevi in cronaca – quei decessi non meritano più di quello – ecco che ai primi di settembre si scopre che un edile  cade dall’impalcatura  e muore a 70 anni, che nell’Ossola invece è stata la volta di un elettricista di 70, e poi a Casalnuovo un pezzo di gru che si stacca ammazza un lavoratore di 68 e più meno in quei giorni nel comasco un settantenne è stato folgorato in una vigna mentre riparava un generatore insieme a un lavorante straniero.

E non ci vuole molto immaginare che cosa succederà con la ripresa e resilienza che ha legittimato un nuovo regime di appalti e subappalti semplificato, meno controlli, più precarietà, meno sicurezza e più profitti. Quando gente estromessa dal mercato, ma che ha acquisito esperienza e competenza, costretta al doppio lavoro, a rimpinguare la pensione, a garantirsi una mera sopravvivenza, esodati o disoccupati che nessuno vuole, si piegherà a ogni ricatto e umiliazione per dimostrare a se stessi di non essere improduttivi, per non vergognarsi di essere a carico di coniugi o figli, salirà su impalcature, scaverà e impasterà cemento, passando dalla condizione di umarell che guarda gli stradini a quella di operaio che nasconde i capelli bianchi sotto il casco.

Ci sono civiltà che hanno fatto del rispetto degli anziani un valore irrinunciabile, noi stiamo tollerando che- adesso che non sono più i più vezzeggiati consumatori di crociere e viaggi, le pantere grigie  di Cocoon, siano considerati onere sociale insopportabile, target parassitario e profittatore, tanto che inesorabilmente si è consolidata la pratica nemmeno tanto clandestina di accelerarne il cammino verso la morte, negando loro cure, assistenza, qualità della vita, affetti, considerazione, conferendoli in apposite discariche, a meno che quelli più fortunati non possano essere sfruttati come clientela di un brand profittevole di case di riposo, ospizi, dove condannarli a una dorata agonia.