C’è una notizia che non è passata attraverso il filtro della stampa mainstream la quale  indossa mascherine anti verità ormai da una buona quindicina d’anni, una notizia apparenza poco importante e che anzi parrebbe quasi solo una comunicazione aziendale: la cinese Xiaomi è diventata la seconda produttrice mondiale di telefonini superando Apple ( che produce comunque anch’essa in Cina) e cominciando la scalata a Samsung. Questa cosa ha un senso sul piano industriale vista l’eccellenza dei prodotti Xiaomi e un'”interpretazione” di Android particolarmente azzeccata, ma sorprende perché l’azienda cinese era stata colpita dalle sanzioni statunitensi come in precedenza Huawei e  Zte nel novembre dell’anno scorso con la solita e assurda scusa della possibilità di spionaggio. In quel momento Xiaomi era dietro ad Apple e si poteva presumere che sarebbe scesa parecchio, invece a maggio l’ha spuntata in una causa contro le sanzioni statunitensi, ma in ogni caso aveva continuato a crescere in maniera straordinaria con l’80% in più di export rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e  adesso rappresenta il 17% del mercato contro il 14% di Apple.  Altre società che sono nel mirino di Washington da più tempo come ad esempio Huawei hanno risposto moltiplicando gli sforzi per rendersi autonome dall’occidente, creando propri sistemi operativi ( quello di Huawei sembra avere una gestione della memoria superiore sia ad Android che Ios) e per la produzione di chip avanzati che peraltro sono costruiti per ora solo a Taiwan, ma che presto saranno prodotti anche sul continente cinese.

Insomma quella che doveva essere una dura lezione si è alla fine risolta in una sconfitta: l’ascesa di Xiaomi dimostra che mentre gli Stati Uniti possono essere in grado di affrontare efficacemente una società cinese  non possono affrontarle tutte. Alla fine, non solo le società statunitensi saranno semplicemente superate dalla concorrenza delle loro controparti dell’ex celeste impero, ma cadrà anche l’opportunità di collaborare con aziende cinesi in crescita. Se si costringe  la Cina a fare a meno delle tecnologie sviluppate negli Usa tirerà fuori alternative equivalenti o addirittura superiori. E per l’appunto questo che significa la nuova multipolarità, ossia il cambiamento generale di rapporti di forza. 

Ma tutto questo non mi serve a fare dell’apologetica della Cina, quando per mettere in guardia contro i progetti di guerra  Usa alla Cina e alla Russia per il dominio planetario: tale conflitto passa per quanto ci riguarda da vicino, soprattutto attraverso quell’assurda e falsa ecologia della Co2 con cui l’Europa vorrebbe partecipare a questo conflitto nel tentativo di colpire sia Mosca e la sua produzione energetica, sia la Cina e le sue esportazioni. A parte il fatto che l’Europa produce solo il 10 percento della Co2 antropica e il resto lo produce altrove quando importa dall’Asia, questo piano passa necessariamente attraverso per un impoverimento straordinario della popolazione costretta a pagare molto di più l’energia senza tuttavia né risolvere il problema ambientale che è davvero ridicolo affrontare solo con la Co2, né avere la possibilità di vincere una battaglia che al contrario la vedrà arretrare drammaticamente sul piano tecnologico. E’ proprio il sistema neoliberista che si trova di fronte allo specchio impietoso delle sue conseguenze e che ora tenta con un’infame sceneggiata sanitaria di ridurre la libertà a barzelletta, non accorgendosi di darsi la zappa sui pedi, quella con cui si sta scavando la fossa e con cui l’Europa sta avviandosi alla dissoluzione.