schermata-2017-06-04-alle-01-59-09-300x225Non so se qualcuno ci abbia fatto caso, ma sono passati pochi mesi da quando il presidente delle Filippine, Duterte, ha manifestato in termini anche piuttosto coloriti la volontà di liberarsi del pesante giogo statunitense e la magica comparsa dell’Isis nell’arcipelago con una rivendicazione in tempo reale dell’attentato al resort di Manila, tramite la solita Rita Katz e il sito di intelligence e monitoraggio del terrorismo direttamente gestito tramite lei da Usa e Israele. Non si sa bene se si sia trattato di un attentato o di un incendio che come accade in questi casi ha scatenato il fuggi fuggi e una drammatica calca nella quale sono morte decine di persone, ma dal punto di vista narrativo è stato subito sfruttato a fini di dissuasione: la guerriglia prodotta dal separatismo islamico è presente ormai da molti decenni nelle Filippine, anzi nell’isola di Mindanao, da quando vi sono tornati alcuni membri della Brigata Internazionale Musulmana organizzata dagli Usa per opporsi all’invasione sovietica in Afaganistan, ma guarda caso solo dopo l’elezione di Duterte abbiamo azioni firmate come Isis e che fanno riferimento a un contesto medio orientale completamente differente.

E’ insomma il secondo avviso mafioso che segue il primo del maggio scorso  quando il gruppo jihadista Maute, improvvisamente convertitosi all’Isis insieme ad Abu Sayyaf, prese in ostaggio decine di persone, tra cui un prete cattolico, costringendo Duterte ad interrompere precipitosamente il suo viaggio a Mosca. Davvero una singolare coincidenza per chi ci vuol credere, ma in realtà una coincidenza accuratamente preparata se è vero nel novembre scorso l’intelligence filippina scoprì che qualcuno aveva trasferito combattenti dell’Isis da Siria e Iraq proprio sull’Isola di Mindanao quasi in contemporanea con la polemica avviata da Duterte sulle cinque grandi basi Usa presenti in pianta stabile nel Paese e sulle intenzioni di riavvicinamento a Russia e Cina. La denuncia dei servizi di  Manila ha avuto una certo eco nell’area, ma non in occidente dove per ovvi motivi non se ne è saputo nulla.

Pochi giorni fa la fondazione statunitense ” Gulf Affairs” ha denunciato che 400 cittadini di Arabia Saudita e Kuwait (tra i maggiori sovvenzionatori dell’Isis)  che vivono negli Stati Uniti per lo più grazie a borse di studio dei loro governi si sono uniti in gruppi di pressione a favore dell’ISIS  senza che naturalmente gli elefantiaci sistemi di sicurezza Usa ne abbiano avuto sentore, così come non si sa se abbiano notizia del fatto che circa 80 mila tra studenti sauditi e membri della famiglia reale vivano stabilmente da anni negli Stati Uniti. La Gulf affairs ritiene con quella ingenuità da demi vierge tipica della cultura locale  che questo costituisca una potenziale minaccia terroristica per gli Usa, mentre non gli viene nemmeno in mente che tanto affollamento possa essere un sintomo di una vicinanza tra gestione del terrorismo e potere americano palese o nascosto dietro le quinte.

Perciò non chiedetemi cosa penso dei fatti di Londra e del terrorismo pre elettorale inglese che pare avere lo stesso andamento dei sondaggi: chi nell’ampio ventaglio del terrorismo vorrebbe veder cadere un governo di Sua Maestà che ha fatto tanto per al Nusra e il jihadismo salafita, che tuttora si batte come un leone per abbattere Assad, per avere la sua fetta di Siria tramite terrorismo?   E’ in questo contesto inafferrabile, in questo maelstrom confuso nel quale effetti e cause si mimetizzano che va ricercata la verità profonda degli attentati e il loro significato. Basta solo citare il fatto che quando Theresa May era Segretario di Stato per gli Affari Interni, i jihadisti dell’Lifg, ossia del gruppo combattenti islamici libici erano autorizzati a viaggiare senza problemi in Gran Bretagna, dunque anche nel resto d’Europa e incoraggiati a partecipare a “battaglie”: prima per combattere Gheddafi in Libia, poi per aderire a gruppi affiliati ad Al-Qaeda In Siria. Per non parlare del fatto che il presunto autore dell’attentato di Manchester era già stato segnalato da un anno dall’ Fbi come personaggio in cerca di qualche “obiettivo politico”. Che pare abbia raggiunto e che non sia dispiaciuto alla May visto l’aumento dei consensi nei sondaggi.

L’evidenza  dell’uso strumentale del terrorismo nella geopolitica, si accompagna al sospetto che vi sia anche un do ut des nella politica, che l’Isis sia diventata una società globale per cattive azioni quotatissima nelle borse occidentali.  E che produce molti utili e molte lacrime di coccodrillo.