Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ve le ricordate le estrazioni del lotto trasmesse dalla televisione in bianco e nero, con il bussolotto che girava e il ragazzino bendato che pescava le palline coi biglietti della buona sorte? Ecco, proprio mentre scrivo nel piazzale del Coc, centro operativo comunale di Norcia, è in corso il sorteggio che assegnerà a pochi fortunati, 20 su 89 aspiranti, le Sae, acronimo di soluzioni abitative emergenziali ad uso dei nuclei familiari rimasti senza casa dopo il terremoto, già selezionati tra quelli con meno di 5 componenti.
Secondo le autorità era l’unico modo per garantire imparzialità e trasparenza, a suggellare l’impotenza di chi governa a tutti i livelli territoriali a contrastare clientelismo, corruzione, discrezionalità. O a confermare una così consolidata abitudine all’arbitrarietà da non saper più distinguere priorità e bisogni, secondo criteri equi e giusti. Così l’abiura di responsabilità raggiunge i livelli più estremi, delegando al destino cinico e baro il compito di decidere al posto loro, in modo da sottrarsi alle critiche e al malumore di quelli che dopo la riffa devono lasciare fino alla prossima estrazione la loro città, le loro attività, le loro speranze e tornarsene da parenti, nelle roulotte conquistate a stento, nei container collettivi o in qualche albergo, luoghi di una esistenza sospesa come in una vacanza non voluta, una cassa integrativa senza soldi, un esilio amarissimo.
E staranno là a aspettare la nuova fornitura di Sae da 40, 60 e 80 metri quadri, la cui fabbricazione sembra essere ardua a onta di trasmissioni e reality che passano in tutte le tv commerciali mostrando le magnifiche prestazioni di casette di legno abilmente e velocemente realizzate e montate a tutte le latitudini e che in un paese esposto al rischio sismico dovrebbero far parte di un parco abitativo a disposizione della protezione civile, pronto all’uso.
Poteva esserci un altro modo per assicurare la limpidezza delle procedure di attribuzione? Una maniera meno umiliante per i senza tetto e meno vergognosa per chi non ha voluto e saputo decidere? Si, certamente.
Ma non c’è da sorprendersi che invece si sia scelta la riffa, anche senza guardare al tavolo del casinò finanziario e alla sua roulette che somiglia sempre di più all’azzardo di quella russa, in un paese dove i diritti hanno perso senso sostituiti da elargizioni benefiche, erogazioni magnanime e mancette ingenerose, dove la solidarietà è stata messa in ombra dalla beneficienza, dove la speranza di migliorare il proprio stato è affidata a lotterie e gratta e vinci, dove lo stato che scialacqua in opere inutili pensa di ripianare le falle facendo il biscazziere, dove l’assistenza cancellata e la ricerca avvilita vengono surrogate dalle corvè televisive del buon cuore, dalle fondazioni private e dalla loro carità pelosa, dove anche i disperati che arrivano sfuggendo per buona fortuna a bombe e fame, sono sorteggiati dalle ode del Mediterraneo e poi se gli va bene stanno a Lampedusa e in altri posti umani, altrimenti scaraventati dove non li vuole nessuno, offesi, rifiutatati, sospettati. E dove i giovani o fanno parte di dinastie del privilegio benedette dal destino, oppure, se il caso non è venuto in soccorso, devono seguire lo stesso destino, stranieri e in esilio anche se meno cruento, o dipendere da vaucher e assoldamenti, somministrati e promossi secondo i capricci della buona ventura, perché padroni e potenti si sono presi anche quella.
Il Caso non vuole far bella figura e non si prefigge fini. Genera però incontri e assenze a profusione, produce scontri con persone fin troppo insistenti, suscita fiducie senza fondamento, ma niente che non possa essere del tutto o in gran parte, ove possibile, esser rimosso con urbana affabilità. Pone le basi e annienta progetti, pur senza architettare nulla. Non tiene d’occhio più di quanto non tenga a bada, siamo dispensati dall’andargli incontro o costretti a fargli uno sgambetto, tanto lui mai lo saprà.
Non ha tempo per riflettere, il Caso, tuttavia non è l’impeto che ce lo fa bussare all’uscio di casa: perché dovrebbe? Non c’è fretta alcuna, né ipotesi più vantaggiosa, nulla che sia anche solo vagamente diversamente presumibile. Non pondera, il Caso, non elucubra né rimedia, non segue l’istinto e nemmeno complotta. Neppure sa cosa sia quel Tempo che ci incalza in ogni gesto e pensiero: non lo teme né lo ignora.
@- anonimo. Certo, il rerferendum va portato avanti, una vittoria sui vaucher appunto, surclasserebbe gli stessi limiti della Cgil. Quando le cose si mettono in movimento, poi non le fermi piu.
sul licenziamento illegittimo ( ripristino dell’art. 18…) sarebbe PROPRIO IL CASO di ricorrere alla Corte di giustizia europea… così, almeno si avrà la netta misura della considerazione che la U.E. ha dei diritti dei lavoratori…
poi sarebbe CURIOSISSIMO saper le motivazioni della bocciatura del referendum suddetto ( sperando che non sia stata la CGIL a combinare qualche strafalcione doloso o meno…).
Magari i 5stelle potrebbero supportare la CGIL nel ricorso contro la bocciatura del referendum abrogativo della soppressione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori … da lì e dal supporto agli altri referendum abrogativi proposti dalla CGIL, si potrebbe misurare chi sono veramente questi 5 stelle…
la cgil, comunque, e stata ambigua. chierere alla consulta di approvare un referendum che estende lo statuto dei lavoratori alle aziende con 5 dipendenti, significa chiedere l approvazione un referendum propositiivo. Come si sa possono essere approvati solo i referendum abrogativi
Cioe, fare bella figura ,senza dover sostenere uno scontro vero. Un pö come quelli che ai giovani precari indicano come nemico Lloyd F Bankfeld o George Soros (pur vero) , dimenticandosi appositamente di mettere nel novero dei nemici dei precari la confindustria, Marchionne, e compagnia.
Comunque la storia ( per chi la conosce) dimostra che poi lo scontento popolare surclassa le strategie minimalistico- ingannatorie di sindacati e collusi vari. Solo per questo nal passato sono passate conquiste di civiltä
la cgil poteva chiedere labolizione delle ultime leggi sul lavoro, e srebbe stato implicita la necessita di estendere le tutele del lavoro. necessita comunque da supportare con la pressione dal basso
la CGIL, o parte di essa ha promosso dei referendum abrogativi, informiamoci e votiamoli,se servono a ripristinare o difendere i diritti dei lavoratori, punto.
Meriti particolari la CGIL negli ultimi 20 anni NON ne ha avuti… gli altri sindacati confederali peggio della CGIL, purtroppo… quelli autonomi, troppo piccoli e settari… prendiamoci sta abrogazione del licenziamento illegittimo (!!) e quella dei vaucher, o quant’altro possa tutelare i lavoratori ( ora non ho voglia di studiare puntualmente i referendum della CGIL, ma quelli abrogativi, almeno alcuni mi sembrano ottimi…).
Acc, me disinnformato la corte costituzionale ha bocciato (perche?) proprio l’abrogazione del licenziamento illegittimo previsto dal jobs act … siamo messi bene… i giudici della corte costituzionale vengono in gran parte nominati dal parlamento e dal presidente della repubblica….
La CGIL vorrebbe ricorrere alla Corte europea ( credo la Corte di giustizia…).. ma NON siamo messi ben in questo modo.
a proposito dell referendum abrogativo del licenziamento illegittimo, chi vuole legga:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01/11/referendum-jobs-act-no-della-consulta-al-quesito-sul-ripristino-articolo-18-camusso-valutiamo-ricorso-corte-ue/3309465/
“La responsabilità è di chi sceglie: il dio non è responsabile”. Platone, La Repubblica.
Il Caso non compila statistiche, non disegna diagrammi acuminati di pinnacoli e abissi, non presenta relazioni e non riferisce , non riporta fedelmente né con scarso scrupolo, non stabilisce calma piatta a prescindere dall’uragano; il caso non sceglie, non ha preferenze né intendimento, non passa al vaglio la vita buona né quella cattiva, non ha bilancino da orefice né stadera da mugnaio; non premia e non punisce, non ci pensa affatto a porsi un dubbio, a mettere alla prova, a valutare con imparziale serenità; verifiche, controlli, nulla osta adeguati, patenti, licenze e stellette ben meritate: nessuna di queste cose desta in lui il benché minimo interesse.
Il Caso non delibera né parteggia, ignora del tutto probabilità, prospettive e tendenze; non bada a conseguenze (che pur ci saranno), non indice lotterie e tanto meno sussurra scorciatoie all’orecchio, non sperimenta ipotesi alternative a quel che farà, non apre ventagli di possibilità.
Non ravvisa in nessun volto un merito che valga la pena: non ravvisa nessun volto.
Da questa porta carraia che si chiama attimo, comincia all’indietro una via lunga, eterna: dietro di noi è un’eternità. Ognuna delle cose che possono camminare, non dovrà forse avere già percorso una volta questa via?
Non dovrà ognuna delle cose che possono accadere, già essere accaduta, fatta, trascorsa una volta? E se tutto è già esistito: che pensi, o nano, di questo attimo? Non deve anche questa porta carraia esserci già stata?
E tutte le cose non sono forse annodate saldamente l’una all’altra in modo tale che questo attimo trae dietro di sé tutte le cose avvenire? Dunque – anche se stesso? F. Nietzsche- Cosi parlo Zarathustra
Il caso non paralizza, giocato tutto in una volta, ed ogni volta., non e piu neanche caso. Ma chi e che crede al caso, tu o la lombroso? Di certo non ci credono i burocrati ed il potere vero
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, votate SI ai referendum abrogativi, per un lavoro che possa essere mezzo di riscatto ( e NON di sfruttamento…)delle proprie condizioni, magari svantaggiate:
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/01/09/marta-fana-i-voucher-l%E2%80%99autogol-della-cgil-e-l%E2%80%99attacco-al-sindacato/
@- anonimo. Certo, il rerferendum va portato avanti, una vittoria sui vaucher appunto, surclasserebbe gli stessi limiti della Cgil. Quando le cose si mettono in movimento, poi non le fermi piu.