Per salvare l’uomo senza quid e senza testa, l’Angiolino Alfano che siede alla destra del Cavaliere come l’assaggiatore di veleni del Sultano, scende in campo il Giornale di famiglia, diretto dal fidanzato della Santanchè (dio, queste famiglie allargate). E rivela che il dissidente kazaco Ablyazov, marito e padre delle due deportate su ordine di compare Angiolino e silenzio del governo, è in realtà un riccone e “deliquente”. Sarebbe infatti ricercato per truffa e reati finanziari, attuati nel tentativo di prendere il potere nel Kazakistan ” con il denaro”. Un delinquente perché sul suo capo pende una condanna a 22 mesi., tra l’altro per falsa testimonianza.
Ora tutto questo c’entra ben poco con il rapimento di sua moglie e di sua figlia per consegnarle al dittatore del Kazakistan, lo capiscono anche in via Negri, anche se da quelle parti dicono ciò in cui non credono e tacciono quello che comprendono. Ma è straordinario come per il Giornale tutti si trasformino in delinquenti, salvo il proprio editore che ha accumulato condanne ben più pesanti per evasione fiscale, cioè per reati finanziari, ha preso il potere in Italia grazie al denaro e al possesso dei media e ha cacciato e fatto cacciare tante di quelle palle ai giudici ( per una è stato anche condannato) che se fosse in difficoltà potrebbe fare fortuna col mestiere del falso testimone.
La sovrapponibilità dei due personaggi sarebbe quasi perfetta se non fosse che Berlusconi ha una storia giudiziaria molto più corposa e variegata che non disegna nemmeno il favoreggiamento della prostituzione. Ma il quotidiano di famiglia, per giustificare agli occhi dei suoi acuti lettori le res gestae di Angiolino, non se ne accorge e rimuove le straordinarie somiglianze tra i due come in un gioco freudiano. Uno delinquente per l’opposizione a Nazarbayev (che certo in quanto autocrate di un Paese ricchissimo di gas e materie prime può fare molte pressioni), l’altro amico per la pelle (in tutti i suoi rivolti) del dittatore, ma vittima per definizione di fantomatici complotti.
Si consiglia terapia.
Già, per il caro Zio Tibia c’è in Giudice ad Astana, diamine! Magari il Burattinaio che gli regge le fila fosse giudicato in quella sorridente democratica nazione (del caro Nursultan).
Ma ciò che più mi inquieta in questa storiaccia, facendomi capire a che livello di Stato di (non) Diritto siamo decaduti, è come le nostre forze dell’ordine agiscano in totale spregio di tutte le regole e di tutti i codici immaginabili. Qui è capitata una signora moglie di un dissidente, una patata bollente. Ma figuriamoci cosa accade quotidinamente nei CIE, nei centri d’identificazione e deportazione nostrani, aberrazione in uno Stato della civile Europa. Chissà quante porcherie nei confronti di chi non può difendersi vengono perpetrate con la scusa della slvaguardia delle “procedure” (un timbro, una firma, un ‘visto’ su un quadratino e sei considerato un sub-umano). D’altronde se le coperture sono governative, non c’è diritto che tenga. Come nel caso Abu Omar, solo la Magistratura tiene alti i vessilli della Costituzione in questo Paese. Ergo prepariamoci già da adesso a boicattare i referendum radicali già benedetti da B (guarda guarda sulle reti Mediaset quante presenze si prenderanno i vari Staderini e radicali liberi…).