Anna Lombroso per il Simplicissimus

È ora di ammetterlo, ci mancano le ideologie.
Ideologia è una parola criminalizzata e esclusa largamente dal dizionario politico della sinistra, identificata con un sistema dottrinario liquefatto con la fine del secolo scorso e la caduta del Muro, ideologia è il nome che si dà a un ‘attitudine intellettuale che è stata ed è stigmatizzata come il segno di un deficit di razionalità e di modernità.
L’ostilità nei suoi confronti è antica, basta pensare a quella contro la retorica nell’Atene classica.
Ma la novità consiste nel fatto che mentre nel passato la critica contro la politica dell’opinione e la “manipolazione retorica” veniva dagli oppositori della democrazia, oggi a condannare l’ideologia sono proprio i suoi sostenitori e teorici, così che l’essere democratici ha acquisito nel tempo contenuti antideologici.
Viene da pensare, in buona compagnia peraltro, da Kelsen a Bobbio, che sia stata proprio l’ideologia democratica invece ad abituare i cittadini a pensare unicamente in termini di interessi. E che la democrazia elettorale abbia sostituito alla politica della credenza, dei valori, delle visioni e delle utopie, quella del compromesso, del particolare, delle mediazioni. In nome di un abbandono di quell’identificazione fideistica a ideali e partiti che conduceva alla formazione di pregiudizi e giudizi politici parziali e intrisi di passioni ed emozioni.
Se così fosse si dimostra la miopia dei teorici contemporanei per i quali la deliberazione politica deve essere un discorso “autentico” e ragionato, non contaminato da residui ideologici.
Non hanno ragione per due motivi: perché invece la destra ricorre a quelle sue tradizionali attrezzature di principi e capisaldi rafforzate da forme coercitive di comunicazione pubblica che l’uso dei media e della tv in particolare aggrava. E perché in una società come quella moderna – e lo anticipava anche Gramsci peraltro – nella quale l’opinione è la leva che la politica usa per generare consenso e ubbidienza, la formazione delle credenze e dell’appartenenza a uno schieramento non è certo un’attività della quale si possa fare a meno.
E che ce ne sia bisogno in varie forma è dimostrato dalla ricerca di leader o meglio ancora di figure profetiche, purtroppo anche di eroi, che rappresentino un innalzamento dalla mediocrità intorno a visioni più o meno radiose.
Mi è venuto da pensarlo per via dell’assordante silenzio degli studenti sul tema dell’immigrazione. Che ho attribuito alla carenza appunto di ideologia sui temi dell’equità, della solidarietà, della civiltà e di una elaborazione condivisa.
E magari sarà così, ma quello che mi impressiona di più è che mi sembra che l’assenza di un movimento che si pronuncia su questo rappresenti una tremenda censura sul tema cruciale, quello del domani di intere generazioni per le quali sono saltate completamente le categorie legate alla sicurezza, alle garanzie, al privilegio, ai beni consolidati, ereditati o accessibili.
L’irrisione della civiltà esercitata da questo governo intento a rafforzare la libertà dei più forti limitando quella dei meno forti, sarebbe accettabile in una logica della difesa di interessi, solo se si fa parte della schiera dei vincenti. Ma un Paese già condannato ad avere un futuro incerto non può permettersi di essere incurante che la schiavitù finora sapientemente distribuita e mediaticamente occultata sta per diffondersi secondo nuove terribili e inattese regole distributive.
Aver vinto all’iniziale lotteria della vita non esime i nostri figli dalle ragioni della civiltà e non basterà a difenderli. Sono già clandestini, e del futuro.