Anna Lombroso per il Simplicissimus
Non ho molte speranze, per il mio Paese. Nessuna per il mestiere che ho fatto per molti anni, per la sua dignità e per quella che un tempo si sarebbe chiamata “missione” ad informare. Nessuna anche sulla possibilità che alcune caratteristiche ritualmente attribuite al genere femminile: integrità, sensibilità, esaltazione di valori legati alla persona, alle inclinazioni, alla sfera sentimentale, minor soggezione al potere e al denaro, possano contagiare beneficamente professioni, politica, cultura.
Una giornalista, donna, pubblica su un quotidiano un ritratto agiografico dell’ex moglie di un politico molto influente anche nel campo dell’informazione, condannato per evasione fiscale. Un altro organo di stampa diretto da un’altra donna, che si dichiara “scomoda”, pur essendosi “accomodata” su poltrone molto confortevoli, ad intermittenza e preferibilmente con deboli, mostrandosi invece compiacente e cedevole coi forti, riprende con gran pompa l’intervista aggiungendo un po’ di deferente melassa.
La signora in questione per anni fu ammirata per riservatezza esercitata in regge sibaritiche e pomposi manieri, per compostezza riservata anche a cerimonie ufficiali, per amicizie testimonianza di curiosa ansia di apprendimento, per elegante sobrietà intesa a far dimenticare la breve carriera di attrice basata su una vistosa bellezza, per un’indole alla vereconda discrezione sorprendentemente interrotta da una lettera a un quotidiano, che ancor più suscitò venerazione. Si trattava infatti di una denuncia pubblica accorata e disperata dei vizi privati del marito, suscettibili di riverberarsi nella sfera pubblica: era un uomo malato, bisognoso di cure e comprensione, quelle che lei non era più in grado di riservargli.
La pubblicità data da anni alle inclinazioni, agli usi e alle debolezze dell’allora premier, comprese imbarazzanti intercettazioni, avrebbero dovuto togliere autorevolezza e credibilità al grido angosciato e mesto dell’augusta seconda signora, che quelle abiezioni e depravazioni doveva aver sopportato con un certo gradimento e una certa arrendevolezza, attribuibile probabilmente a un fastoso treno di vita.
Invece dietro ogni Corsera, dietro ogni Repubblica si nascondeva un po’ di Novella 2000 e un po’ di Chi, al posto del giornalismo investigativo di scandali e trame, si esercita quello guardone del gossip, per non dire di signore leader di un movimento che ha deciso di scendere in piazza appunto per quei vizi privati che compromettevano l’immagine delle donne, Veronica esclusa per essersi sdoganata da sola tramite lettera, più che per i crimini pubblici ai danni della nazione, della legalità, dell’onestà, della Costituzione, tutte peraltro femminili.
C’è qualcosa di marcio in tutto questo, ben oltre a quel bisogno di leggerezza che farebbe vendere di più. È quell’assoggettamento al potere che induce i giornalisti a spacciare per rivelazioni solo quello che i potenti scelgono di far vedere, che alza il sipario sugli arcana imperii per mostrare soltanto quello che serve a chi sta nell’ombra di intrighi e trame, che rende palesi le debolezze ostentate per persuadere che anche chi sta in alto è umano, è uno di noi, una pratica cui nessuno sa sottrarsi, tecnici in loden, austeri professori, manager spietati che inseguono i servizi di Signorini o di Dagospia per mostrarsi come sono nell’intimità.
Come interpretare altrimenti il deliziato quadretto della signora nobilitata dall’esilio dalle scene teatrali e del governo, dedita alle figlie e ai nipoti, salvo qualche viaggio, qualche spettacolo, qualche villeggiatura, proprio come noi, magari interrotta da qualche escursione in banca per controllare la puntualità dei pingui versamenti dell’ex consorte, proprio come molte separate, qualche spostamento per seguire la sua nuova passione, l’equitazione, alla quale potrebbe averla iniziata l’eroe/stalliere di casa, mafioso sì ma certamente a sua insaputa, come d’altra parte per le sfrenatezze del coniuge.
È commossa l’intervistatrice, amica intima di Veronica: in vacanza al Circeo proprio insieme alla sua giornalista del cuore, impietosita dalla sorte dell’ex marito orbato delle sue sontuose vacanze e un domani della libertà, a ferragosto ha chiamato Silvio ed è stata la seconda, lunga, telefonata dopo la sentenza della Cassazione. “Perché, scrive Latella, la loro vicenda personale, l’iter giudiziario di un divorzio complicato, spostato a Monza e ancora lontano dall’accordo, è una cosa. Altra sono i ricordi di una vita insieme e la vicinanza in un momento difficile. Trent’anni e tre figli, ricorda spesso Veronica, non si cancellano”.
Si intenerisce la giornalista: “Perciò, e paradossalmente, rinchiuso nella villa di Arcore, lontano da quella ribalta che tanto gli piace, Silvio Berlusconi qualcosa almeno ha guadagnato: un legame rafforzato con tutti i figli e la solidarietà dell’ex moglie. Per carattere, Veronica Lario non è abituata a sparire dalla vita di chi è in difficoltà. Non l’ha fatto, per esempio, con Anna Craxi: negli anni dell’esilio di Bettino ad Hammamet, e anche dopo, è andata a trovarla. Così, proprio intorno a Ferragosto, Anna e Veronica si sono a lungo parlate, al telefono. Chissà se hanno confrontato le vicende umane e giudiziarie degli uomini della loro vita, Craxi e Berlusconi”. E certo le piace l’ipotesi che Anna, custode e compagna dei “domiciliari” ai quali Craxi si era autoconsegnato ad Hammamet, abbia evocato con Veronica un’ipotesi bizzarra che pure qualcuno avanza, in queste ore: prendersi cura dell’ex marito, se e quando sarà ai domiciliari, pur andando avanti con la causa di divorzio, come, si capisce che voglia intendere, dovrebbe fare ogni brava moglie, compresa magari quella di Monsieur Verdoux.
Al condannato, alla sua famiglia, ai suoi famigli, ai suoi innumerevoli lacchè deve proprio essere comminata la pena per loro più severa, insieme alla gattabuia: una cupa tenebra, un rigoroso silenzio, un doveroso bavaglio.
Se Anna La Rosa non la smette de magna’ non entrera’ piu’ nello schermo TV…je c’è vo’ quello der cinema…
La Latella da donna racchia ma veramente racchia…passata all’ortodonzia il chirurgo plastico, le truccatrice, le parrucchiere, abitucci griffati, con aggiunta di gioielletti, e anelli al naso…dicasi giornalista di Murdoch…
na’ vorpe nel pollaio…vo’ fa’ er romano ma nun c’è riesce…viaggia viaggia,,,
“La signora in questione per anni fu ammirata per riservatezza esercitata in regge sibaritiche e pomposi manieri, per compostezza riservata anche a cerimonie ufficiali, per amicizie testimonianza di curiosa ansia di apprendimento, per elegante sobrietà intesa a far dimenticare la breve carriera di attrice basata su una vistosa bellezza, per un’indole alla vereconda discrezione sorprendentemente interrotta da una lettera a un quotidiano, che ancor più suscitò venerazione.” Traduzione: ‘A moje, per un po’ s’è fatta li c…zzi sui pecchè je coveniva. Voleva fà a ttricie! Eppoi ha ccapito che anche ssera bbona a ttrice nun la poteva ffà e ha scritto sta letteraccia pè pijarse um po’ dde sordi”. Perdonate la traduzione: il romanaccio non è la mia lingua. La lingua delle pettegole, invece, è universale.
Mi si perdoni la scivolata nel gossip, sarà l’ora.
Le fonti delle sconcezze che ho riportato sopra? Pissi pissi dago dago…
Però Linda, sei ben informata.
Sei stata però ingenerosa con il grandissimo Enrico Maria Salerno.
Capo compagnia teatrale è una definizione troppo riduttiva per un attore del suo livello. Verrebbe facile la battuta per la “Veronica”: da un capo compagnia ad un capo comico, soldi a parte non sembra un buon affare…
Che Enrico Maria se la sia spassata tra i cuscini pettorali di Miriam Bartolini, lo si può comprendere. Sappiamo bene che ai maschietti certi giocattoli che ricordano l’infanzia piacciono tanto.
Piacevano anche a Silvietto, che infatti scucì 150 milioncini di vecchie liruzze (e di tanti anni fa…) per aggiudicarsi la bella bolognese, che andò ad abitare nell’immensa, sibaritica come dice Anna, magione di lui, praticamente assieme alla legittima prima consorte (privilegi che derivano dall’avere una casa tanto grande da avere due ingressi separati), sino a quando le arti bolognesi della seconda ebbero la meglio sulla ignavia interessata della prima.
Quanto a Maria Latella, insieme alla concittadina Anna La Rosa costituisce il miglior cattivo esempio ci possa essere del cosiddetto giornalismo al femminile.
Spero che Anna non se ne crucci troppo e non perda davvero le speranza nel veder rigenerarsi il suo mestiere. Come scriveva De André, “dal letame nascono i fior”.
Chissà che splendida fioritura avremo da queste sue “colleghe”…
Quando si dice il fascino del denaro…fa apparire bello persino uno come silvio che certo in quanto ad aspetto fisico malgrado si sia sforzato e sottoposto a torture per migliorare sembra Frankenstein…ma il denaro lo fa sembrare george cloony …con la biancofiore attaccata al marsupio che nasconde sotto le giacche a doppio petto, e non solo lei…etc etc…il femminismo cia’ scucito un baffo in Italia…(…)
Che squallore di donne, di mogli, di giornaliste come Maria Latella,,.lunica cosa di cui si sia preoccupata in questi anni tra la Rai e Sky è migliorare il suo aspetto fisico a danno della sua professione diventata sempre piu’ da novella 2000 ( direttrice la figlia di Enzo Biagi) L’Altra la Veronica un attricetta passata dall’essere amante di un capo compagnia teatrale al botto grosso dopo uno spettacolo a seno nudo…aveva colpito silvio…incredibile la signorina cade innamorata persa…lascia “l’arte” e diventa concubina…etc etc…