Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ebbene si, mi piace il vecchio teatro, quello di un tempo, prima dell’avanguardia del Living, prima di Grotowski, quello delle parti in commedia, degli stereotipi esemplari dei tipi umani: così, distrattamente, ho seguito la logora liturgia del confronto tra i due candidati, officiata da un’altrettanta logora rivisitazione del mai abbastanza rimpianto Jacobelli.
Sono stata premiata: come nel teatrino del Pincio, l marionette si menavano fendenti con gli spadoni di latta, o come in una di quelle risse di strada nelle quali i due si fronteggiano, raccomandando ai compari “tienimi, ma tienimi eh, che sennò l’ammazzo”, a ripetere a memoria il loro copione ormai stantio, ché succede che gli attori diventino degli impiegati poco motivati.
Colpa loro che si prestano a mettere in scena un teatrino ridicolo che diventa oltraggioso quando si alza il palco sulle macerie, colpa del pubblico che vuole rassicurarsi sull’esistenza in vita della democrazia tramite il riprodursi di Tribuna elettorale.
Ma se i duellanti ormai sfiniti dovevano interpretare due personaggi in cerca d’autore, con lo scontro tra generazioni, padri e figli nel millenario contenzioso tra vecchio e nuovo, paradossalmente era il giovane a testimoniare – come d’altra parte è sempre successo – di quella indole conservatrice che spinge chi è arrivato da poco a tenersi stretto quello che ha ereditato senza fatica, beni, privilegi, pregiudizi, garanzie, conquiste di altri. Lo dice bene Tolstoi: “Si pensa comunemente che di solito i conservatori siano i vecchi, e che gli innovatori siano i giovani. Ciò non è del tutto vero. Il più delle volte, conservatori sono i giovani. I giovani, che han voglia di vivere ma che non pensano e non hanno il tempo di pensare a come si debba vivere, e che perciò si scelgono come modello quel genere di vita che v’era prima di loro”.
La debolezza di Bersani, il suo impaccio, l’accento emiliano che evoca tempi più ruspanti e opulenti, l’abito della domenica, sono più “simpatici” della burbanzosa sicurezza del tronista, della sua toscanità da ciclone di Pieraccioni, del suo disincanto esibito come una virtù realistica.
Certo siamo proprio malmessi se ci dobbiamo accontentare, per sognare, di una banca di partito, di un futuro che ci garantisca di arrivare a fine mese, dell’ostensione di valori da miss Italia, la pace nel mondo e fabbriche che emanano profumi, e di una eredità di idee e valori talmente rimossa e tradita da schierare da una parte un attempato funzionario che invece di nutrire sensi di colpa per i lavoratori oltraggiati, si pente con parroco dello sciopero dei chierichetti, dall’altra un avanzo viziato dell’attrezzatura craxiana, rampante e arrogante nell’esibizione del pragmatismo cinico come fosse una virtù politica.
Chiunque dei due vinca segna la sconfitta di un partito, anzi della memoria di una forza che era nata tra luci e ombre, per rappresentare gli sfruttati che volevano avere voce, i sommersi che esigevano riscatto. E che oggi dovrebbe interpretare e testimoniare le ragioni degli operai dell’Ilva e dei cittadini di Taranto, dei medici e del personale degli ospedali rapinati e dei malati espropriati di speranza e cura, degli insegnanti umiliati e degli studenti depredati del diritto allo studio, diventati uguali nella collera e nella rabbia contro le disuguaglianze e che ieri sera non erano presenti su quello schermo.
La tv arrivò in casa mia negli anni 60, quando ero appena ragazzina, con le Olimpiadi di Berruti e Wilma Rudolph, e con loro entrarono Jader Jacobelli, Paolo Granzotto (e la sua stilografica), Ugo Zatterin, e poi Giorgio Vecchietti (che non mi piaceva) con le rispettive imitazioni di Noschese.
Quel doppio piano vita/satira aveva una valenza oggi perduta.
Chi oserebbe far satira, seria, su qualcuno/a degli attuali?
Per far satira occorre la ciccia e un sorso di rosso, mentre qui si mangia solo di magro.
No, non sono nostalgica per niente, ma lo squallore è squallore. E a questo punto mi costringo a chiedermi se non sia venuta meno tutta la scena, baracche e burattini compresi e se Enza Sampò, la cotonata vibrante di cui tutti ridacchiavamo un po’, non avrebbe fatto meglio delle attuali telegiornaliste. Visto che ci siamo mi riprenderei anche Ruggero Orlando, l’urlatore “di qui Nuova York”: collegamenti registrati, ma molto meno genuflessi degli attuali in diretta.
Uno spettavolo vomitevole, messo su da Rai Uno a scimmiottare la già scimmiottante Sky (a mo’ di Fox alla matriciana). Magari stamattina dovrò sorbirmi pure il commento estatico degli zerbini puliscisuole Conchita De Gregorio o Curzio Maltese che proclamano urbi et orbi l’avvenuta ammissione dell’Italia tra le cosiddette Democrazie Mature visto che i due non si sono mandati a quel paese a vicenda (vedi tu che conquista civile!). L’uno smozziccante con i suoi anacoluti (“ci vogliono un po’ più di soldi in tasca agli italiani…” sòrbole…), l’altro spacciare sub valori da Destra (e pure becera) come fossero conquiste della Sinistra, non vergognandosi di avere dalla sua il più mefitico endorsement di berluscoidi in stato di putrefazione (il nuovo in stato avanzato…): che statisti!!!
Ultima notazione – giustamente sottolineata da chi mi ha preceduto – : ahi disgraziata memoria del grande Jader Jacobelli! Siamo arrivati a pseudo giornalisti di infimo valore professionale, infimo valore morale (gente che firma pro Minzolini per salvare deretano e poltrona sottogiacente), infima cultura, ma immensa faccia tosta. Questo il TG1 ereditato da Maccari, da Mimun, Menzognini, Ferragni e tutto il peggio della compagnia. Ripulire quel letamaio di disinformatsjia sarebbe un miracolo. Ma ormai si sono tutti riposizionati in zona Bersani-‘Montizemolo’ con un giro di walzer plissé da far impallidire i balli di corte di Federico Guglielmo di Prussia!
Tra l’altro davvero è risultata patetica e ridicola la messa in scena di una fasulla farsa della contrapposizione generazionale, proposta in una realtà, che loro evidentemente non conoscono, in cui c’è invece un patto generazionale reale e attivo e senza il quale molti “giovani” andrebbero, come diceva la mia nonna paterna, “a ramengo” e molti “vecchi” sarebbero ancora più disperati per la manovra bieca e violenta che ha colpito tutti noi e in particolare i figli, l’unico nostro investimento, e il più prezioso.
Smascheriamo questa ennesima truffa comunicazionale sostenuta perfino dalle giornaliste badesse della cosiddetta comunicazione corretta e del fair play