131924697-cd8ea7ca-aca1-44cd-89f7-eeec76a924aaAnna Lombroso per il Simplicissimus

Sono le 15 e 30 e ancora non ho letto parole di compassione, pietas e comprensione, per non dire di responsabilità o vergogna, da Napolitano o dalla Boldrini o da Letta, che è andato sì a Sant’Egidio, ma  a pregare per le sorti del governo, per i  13 migranti  morti annegati questa mattina nel ragusano mentre cercavano di scappare da un barcone che si è spiaggiato a Scicli. Secondo le prime ricostruzioni, gli immigrati sono stati presi a colpi di cinghia dagli scafisti e costretti a lanciarsi in mare.

Le nostre autorità hanno poco a cuore i sommersi, preferendo occuparsi di salvare altri, loro affini, più impegnativi ma più remunerativi.

La miseria soprattutto se sorprende, se comporta la perdita di piccoli privilegi e miserabili sicurezze, è una cattiva consigliera. Suscita risentimento, diffidenza e invidia, perfino di chi sta peggio, di chi non ha niente perché il possesso comporta sforzi per mantenere quel poco minacciato, così chi non possiede nulla è più libero. E da poveri dimentichi di altri poveri del passato prima di noi, che hanno affrontato le stesse deportazioni dell’immigrazione con gli stessi soprusi e le stesse umiliazioni, sentiamo pronunciare parole implacabili e condanne preventive senza indulgenza, morti o non morti: vengono qua a rubarci il pane, a rubarci il lavoro, a rubarci i mariti, o sono ladri o sono puttane, o sono drogati o sono spacciatori. E l’unica cosa che portano sono le malattie e i vizi.

Lo sentiamo dire da quelli che una volta avremmo chiamato compagni, da madri preoccupate che i loro figli vezzeggiati debbano andare a cercare lavoro altrove, dagli stessi operai che tornando dalle vacanze hanno trovato la fabbrica traslocata altrove e rischiano di doverla seguire in posti probabilmente più civili del nostro. Che le disuguaglianze moltiplicano iniquità e differenza e noi, i nostri figli, i nostri mariti, le nostre donne non meritano per avere vinto almeno un premio all’origine nella lotterai naturale, mica si meritano di affrontare un viaggio, l’ignoto, la paura, l’avvilimento lontani da casa. Ma quelli si, a quelli pare sia negata anche la pietà, miserabili e scomodi, pericolosi e misteriosi, che poi tanto si sa come vanno a finire, a riempire le galere già piene, anche là rubando il posto a qualche nostro detenuto eccellente, che a Napolitano toccherà per forza promuovere un’amnistia.

D’altra parte, con dichiarata preveggenza ci ha pensato Alfano un mese fa, quando ha proposto  di far pagare vitto e alloggio  dei 25 mila stranieri in stato di detenzione nelle carceri italiane,  ai paesi da dove provengono.   Non pochi di loro si trovano in questa condizione per il solo fatto di essere entrati illegalmente nel nostro paese, grazie al reato di immigrazione clandestina introdotto da un governo di cui Alfano faceva parte. Non è occorso avere Goebbels al governo, è bastato Maroni, è bastato Fini, bastano loro, i razzisti in giacca blu, perché sono il volto prestato ai peggiori istinti esaltati dalla paura,dalla povertà, dall’erosione dello stato sociale, che cancellano lo stereotipo degli italiani brava gente. Escludono, respingono, maltrattano umiliano non perché gli immigrati siano  razzialmente «inferiori», ma perché razzialmente disturbano i loro elettori.

È che loro hanno una vita ridotta il minimo: ai migranti non è riconosciuto uno spazio legale-politico, ma solo uno spazio naturale; non è riconosciuto il diritto di organizzarsi ma solo di sopravvivere. Chi ne fa parte, semplicemente, è ridotto a carne nuda, a una condizione naturale fuori della famiglia delle nazioni e dello stato, fuori dalla legalità, nati nella “razza sbagliata”,  il più delle volte perseguitati non perché hanno fatto qualcosa ma perché sono ciò che sono.

Tra le molte slealtà di un’Europa che ci prende gusto a tradire i popoli che ne fanno parte, e quelli che arrivano qui, tra i suoi delitti disumani c’è anche la colpa di aver previsto la figura dei pre-giudicati, cui si prendono fin da bambini le impronte digitali,  si fotografano, perquisiscono, spostano, schedano e controllano senza limiti, come appunto con i delinquenti abituali, o per indole naturale.  In qualche posto lo si fa con discrezione, in altri, da noi ad esempio, con protervia, certi come sono le autorità preposte, del consenso popolare. Anni fa in tempi di vacche meno macilente 26 milioni  26 milioni di immigrati nell’Unione Europea   preoccupavano   per la sostenibilità del welfare state regionale, per la domanda di alloggi, di servizi. Oggi sono una minaccia in competizione per una tremenda guerra di poveri con i sommersi  indigeni,  gli esclusi di casa, il terzo mondo interno. Allora affidavamo loro malati, bambini, vecchi, facevano lavori pesanti, li preferivamo invisibili, perché non graffiassero nemmeno per sbaglio le nostre coscienze, sfiorandoci per strada, nelle cucine, nei campi, ricattati da caporali e gang mafiose. Oggi che non possiamo permetterceli anche se quasi nessuno di noi è disposto a sostituirli, pesano come un macigno. E dire che qui vengono di passaggio, hanno capito che non è aria. O che l’aria è velenosa, per una povertà che si accinge ad assomigliare alla loro, ma addirittura con un diritto e un dovere in meno, quello di restare umani.