La violenza contro i civili e il tentativo di risolvere i conflitti terrorizzando i civili  è proprio nello spirito dell’impero americano e anglosassone praticamente da sempre, sin dai tempi della Compagnia delle Indie: così mentre gli Usa tentano di nascondere le loro responsabilità nell’attentato di Mosca e nella inutile strage di ucraini  che stanno sponsorizzando, hanno fatto in modo di far saltare il cessate il fuoco in Palestina. Con cinica ipocrisia la delegazione statunitense ha bloccato per sei mesi qualsiasi risoluzione Onu per il cessate il fuoco a Gaza, ma redendosi conto che l’amministrazione Biden non può apparire come complice se non come ispiratrice di Netanyahu, venerdì scorso ha presentato  il proprio progetto di risoluzione apparentemente volta a fermare le ostilità in modo che gli aiuti umanitari possano raggiungere la popolazione affamata di Gaza.

Si tratta di una proposta di carattere mediatico, ovvero buona soltanto per essere spesa nei titoli dei giornali: in realtà la squadra americana ha collegato la proposta di cessate il fuoco  al rilascio degli ostaggi e al ripudio di Hamas, il che non fa altro che ribadire la posizione israeliana per una una “soluzione definitiva” della questione palestinese. Il progetto di risoluzione inoltre non ha richiesto esplicitamente un cessate il fuoco immediato , ma ha adottato un linguaggio deliberatamente ambiguo inteso a dare a Israele sufficiente flessibilità giuridica per continuare la sua aggressione. In breve, il progetto di risoluzione statunitense è stato un cinico inganno architettato dai sostenitori della sanguinosa campagna israeliana a Gaza, riversando ulteriore vergogna sull’amministrazione e sul popolo americano.

Insomma la delegazione statunitense non ha “chiesto” un “cessate il fuoco immediato” come è stato ampiamente riportato in Occidente, ormai collegato alla menzogna come a un polmone artificiale. Ciò che diceva il progetto di risoluzione era che “un cessate il fuoco immediato e prolungato era imperativo”, ma c’è un’enorme differenza tra una risoluzione che invoca l’autorità delle Nazioni Unite per “chiedere” un cessate il fuoco, e una che afferma semplicemente che un cessate il fuoco è necessario. Di certo si tratta di una distinzione che potrebbe sfuggire a chi non è aduso ai trucchetti diplomatici e potrebbe essere presa come un’espressione di buona volontà degli Stati Uniti come in effetti ha fato l’informazione occidentale. Ma si tratta in realtà di una pietra tombale sulla questione palestinese e una promessa sostanziale che gli Usa continueranno a fornire ad Israele tutta la copertura possibile qualunque cosa accada. Ma anche di un epitaffio sull’ esistenza di qualsiasi remora etica di Washington.

Strane , forse inconsce correnti della storia si accavallano in queste due storie, quella dell’attentato a Mosca e quella della falsa richiesta di cessate il fuoco a Gaza: esse cadono nei dintorni temporali del 24 marzo, giorno in cui trent’anni fa cominciarono i massicci  bombardamenti sulla Serbia perché la Nato non aveva il coraggio di condurre un’operazione di terra e si risolse a terrorizzare la popolazione civile per piegare Belgrado. Quegli eventi stimolarono la rimozione dell’alcolizzato Eltsin e l’emergere di Vladimir Putin e del gruppo dei “siloviki” – persone dell’intelligence e dei circoli militar che già allora avevano capito tutto sulle intenzioni degli Usa e delle sue colonie nei confronti della Russia. E’ stato quel giorno che è cominciato il conflitto che oggi divampa:  la Jugoslavia era un avvertimento e per molti aspetti  è stato uno spartiacque.

Uno spartiacque anche morale visto che oggi la stampa occidentale si lamenta del fatto che i quattro presunti terroristi che i servizi russi hanno catturato siano stati picchiati, quando dopo fatti analoghi in occidente essi sono stati regolarmente e deliberatamente uccisi. Per non parlare degli centri ufficiali di tortura come Abu Grahib. La doppia morale funziona sempre e in ogni circostanza, ma solo sui sudditi occidentali che ormai non ne hanno alcuna.