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Assassinato un amico della Russia: il Giappone sceglie il Sol Calante

Naturalmente è stato un lupo solitario e con una pistola auto costruita per evitare di lasciare qualsiasi traccia, ma si sa che i lupi solitari sono la benedizione dei servizi segreti che li coltivano con grande attenzione.  Certo uccidere un ex primo ministro ha significati simbolici tutti da esplorare specie al di fuori del Paese dove ciò accade, ma l’assassinio di Abe  Shinzo  si può dire che parli da solo: reputato un moderato e un pragmatico Abe era in realtà tutt’altro perché era legato all’idea del Giappone imperiale trasmessagli dal nonno paterno Abe Kan e soprattutto da quello materno che fu governatore del Manchukuo, ovvero del protettorato giapponese della Manciuria e per questo fu anche considerato un criminale di guerra, anche se gli americani che di questi criminali avevano bisogno lo riabilitarono ben presto.  Del resto Abe, discendente da una delle famiglie più illustri del Paese  non aveva mai mistero di questa sua natura nazionalista che evidentemente ai giapponesi non dispiaceva essendo stato in due riprese il più duraturo dei premier giapponesi: di lui si ricordano addirittura le visite al Santuario Yasukuni, dove si trovano le spoglie di molti dei protagonisti dell’epoca imperiale e che di fatto è un luogo tabù persino per l’imperatore. Spacciato dal sistema narrativo occidentale come un leader che si opponeva alla Cina in nome di in nome di valori universali come la “libertà di navigazione”,  in realtà Abe Shinzo era un nazionalista revisionista che sfruttava  l’attrito con la Cina per perseguire gli interessi nazionali giapponesi e massimizzare l’indipendenza d’azione del Giappone come egemone regionale, prendendosi un po’ di spazio rispetto agli Usa.

Questa cornice è molto importante per comprendere il significato di questo assassinio che a prima vista appare completamente enigmatico e folle. Va infatti detto che nonostante il Giappone abbia avuto il suo esordio di potenza mondiale nel 1905 affondando la flotta russa del Baltico nello stretto di Tsushima, l’elite giapponese era perfettamente conscia di non poter fare a meno della Russia in fatto di approvvigionamenti. E dopo le forti perdite  subite dall’esercito del Sol Levante nell’attacco del territorio tenuto dai russi,  peraltro difeso da un generale zarista  totalmente incapace e da truppe raccogliticce, Tokio capì che non avrebbe mai avuto accesso a quelle risorse “manu militari” anche con tutta la potenza della flotta per cui furono siglati diversi patti di non aggressione con Mosca. Il nazionalismo giapponese (e di conseguenza la linea di pensiero di Abe Shinzo), era quello di trovare un modus vivendi con la Russia per cercare il proprio spazio in Corea, in Cina e nel Pacifico. Addirittura nella seconda guerra mondiale il Giappone non attaccò mai in alcun modo l’Unione sovietica, sebbene Hitler tempestasse Tokio di richieste per attaccare la Siberia e ci fosse sempre in ballo la questione dell’isola di Shakalin e delle Curili, tutti punti di frizione che comunque sono diventati secondari dopo l’esplosione economica giapponese e dopo il sogno infranto di un impero della Grande Asia, stroncato dagli Usa. Ed ecco dunque svelato la simbologia di questo assassinio politico e il suo messaggio: far venir meno questo tipo di approccio geopolitico che Abe aveva perseguito con determinazione e che ne faceva un “non nemico” della Russia. Adesso bisogna che il Giappone sia più americano e vada contro la Russia, ovviamente commettendo Harakiri della propria economia che dipende per una parte non marginale dal petrolio e dal gas russo. Finora Tokio è riuscita a resistere alle invocazioni di Washington di tagliare i ponti e i gasdotti, ma evidentemente l’assassinio di Abe Shinzo, sta a segnare una cesura con questa politica semplicemente ovvia e dunque il sol Levante si avvia verso il suo declino auto prodotto.

Era probabilmente un esito che Mosca aveva già messo in conto se è vero che in Cina nei prossimi cinque anni è in programma la costruzione di parecchie unità lanciamissili per conto della marina russa che nel Pacifico è certamente in forte minoranza numerica: unita alle costruzioni nei cantieri russi tra una decina di anni Mosca potrà disporre di una sessantina di unità moderne capaci di fuoco letale.

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