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Lacrime e sangue. Le sanzioni le paghiamo noi (2)

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Vien proprio da pensare che il neoliberismo sia una religione che richiede atti di fede – pena il rogo per eresia – e che ha trasformato le regole di mercato in leggi di natura, come i fenomeni catastrofici, provvidenziali per pochi, che si verificano in larga parte per via di uno sviluppo aberrante e disuguale, ma che vengono narrati come una punizione del cielo e della terra ferita, inflitta giustamente ai popoli.

D’altra parte non è una novità che anche la colpa di hybris, il tratto antropologico tipico del ceto dominante, funzioni alla rovescia – proprio come la lotta di classe –  abbia finito per dare forza all’accusa più frequente rivolta agli individui e alla collettività affetti da un delirio di onnipotenza virtuale che li ha fatti vivere al di sopra delle loro possibilità e delle loro capacità. E che è dunque doveroso riportare alla realtà di una impotenza concreta punitiva, grazie a una serie di penitenze commisurate al delitto.

E non è una novità neppure che i centri del potere economico, finanziario, commerciale, proprio come quelli religiosi, rivendichino, in ragione di ciò, un’autorità morale che ispira il valore aggiunto dell’espiazione alle misure governative.

Per capirlo basta ricordare il rosario di fioretti imposti alla cittadinanza quando l’austerità venne proposta come pratica redentiva, affidata, dopo le dissipatezze e gli scandali del Cavaliere, alla severità del golpista tecnico, e indicata come riscatto collettivo dopo le esuberanze irresponsabili e dissolute di un ventennio sciupone e scellerato.

Inutile dire che non solo Berlusconi l’aveva anticipata con l’istituzione di Equitalia, l’aumento dell’età pensionabile, le leggi in favore della “necessaria” precarizzazione, il blocco delle remunerazioni degli statali, ma che poi il debito pubblico dopo l’arrivo salvifico di Monti passò dal 116% del Pil al 123% in costante aumento dunque fino ad arrivare al record di Draghi con il 160%” , dimostrando che non esiste nessun rapporto causa effetto e nemmeno “costi umani/benefici economici” tra politiche frugali e riduzione delle voragini di bilancio.

Adesso la combinazione Pandemia & Guerra, ambedue volte alla definitiva instaurazione del regime multipolare del grande reset,  ci farà sembrare l’austerità di allora, mai definitivamente conclusa e che oggi si traduce nel Next Generation e nel Pnrr, una cena di gala.

Anche chi non ne ha affrontato la lettura ormai sa in cosa consista il Pnrr, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il documento programmatico redatto in due successive stesure a cura dei due governi che senza grandi differenze ci hanno  consegnati al racket comunitario  al fine di poter  usufruire di un finanziamento erogato dall’Unione Europea, finalizzato alla “ricostruzione” dopo la pandemia e prima della guerra.

Va subito detto che non si tratta di banconote fruscianti che dovrebbero risarcire il definitivo esproprio di sovranità, bensì di eurobond emessi dalla BCE ( 210,91 miliardi di euro del Recovery and Resilience facility (RRF) più 13 miliardi di euro del REACT-EU ) che saremo noi a rimborsare in forma di capitali ed interessi e che ci fanno precipitare definitivamente nella voragine ricattatoria del debito cui dovremmo far fronte svendendo beni comuni, privatizzando servizi e con imposte sempre più elevate.

E basta scorrere gli obiettivi che dobbiamo rispettare per accedere all’offerta degli strozzini (ogni trasgressione e spostamento verrà punita con la sospensione delle tranche successive) e le condizioni cui dobbiamo sottostare, riforma della giustizia, Legge Fornero bis, riforma del catasto, semplificazioni,    per capire che si tratta del new look dell’austerità in vista della distruzione creativa. Che si traduce in un  indebitamento che peserà su noi e sulle generazioni a venire per la realizzazione di un libro degli incubi futuristi : economia green,  digitalizzazione della PA,  banda ultra-larga, internazionalizzazione delle imprese, sostegno al patrimonio immobiliare privato, alta velocità, istruzione volta alla formazione,  “Fascicolo Sanitario Elettronico” e telemedicina a fronte della totale rimozione di risorse per la sanità, la ricerca pubblica, gli ammortizzatori sociali, la residenzialità, i trasporti locali, nella completa indifferenza fino all’irrisione dei bisogni di ceti ridotti alla fame della pandeconomia.

C’è da dire che complementare allo stato di eccezione per motivi profilattici, si era determinato un humus “culturale” favorevole alla penalizzazione penitenziale dei cittadini non solo nelle minacce apocalittiche dei piagnoni di governo con il loro perenne ricordati che devi morire, ma anche con le irriverenti lezioni morali dei pensatori mainstream, filosofi frustrati, psicoanalisti che dovevano rafforzare il loro parco pazienti, impegnati col bastone a denunciare comportamenti e pensieri indocili e infantili della popolazione irresponsabile e viziata e con la carota a indicare nella frugalità, nella sobrietà, nel rigore i valori che dovevano ispirarci virtuosamente nel cammino della ripresa arcadica, decrescente, oculata, temperata e continente,  in una parola “sana”.

E figuriamoci cosa ci aspetta adesso che la più tetra e feroce élite europea, fiera di aver conquistato la leadership della repressione e dell’avidità grazie alla gestione criminale di una epidemia, può darsi da fare con l’esercizio ipocrita e manicheo della forza coi deboli e della debolezza acquiescente coi forti, reclamando il nostro sacrificio doveroso con la retorica della tutela del diritto da esportazione, a conferma di quei valori condivisi di coesione, rispetto, uguaglianza e libertà, proclamati come fondamenti irrinunciabili  della radiosa visione europea e oltraggiati dentro e fuori, con la pretesa e cessione di sovranità, campagne militari per favorire mire espansive dell’irrinunciabile “alleato” e politiche per la restrizione degli spazi democratici.

L’espiazione per un benessere che è andato via via perdendo peso e qualità, motivato dai pretesti suggeriti dalla coscienza oligarchica sporca, avverrà proprio con le sanzioni, l’embargo, l’ostracismo che si rivoltano già contro di noi, comprese le piazze che hanno avuto al rivelazione del pacifismo dopo decenni di accidia, i rettori delle università che avevano preso gusto a discriminare col green pass e approfittano delle nuove opportunità, gli stilisti del Made in Italy e gli albergatori della riviera romagnola che orgogliosamente rinunciano alle vetrine di Gucci nella passeggiata Nevskij e alla clientela dei tycoon.

Il Governo mentre invia sciaguratamente  aiuti finanziari e armamenti all’Ucraina, distogliendo risorse dal già fallimentare bilancio, mentre approva il blocco del pro­getto South Stream, ci rassicura che l’eventuale rinuncia a quel 40% di approvvigionamento di gas russo che i  questi giorni continua ad arrivare grazie al rispetto di  contratti a lungo termine stretti tra l’Italia e l’empio zar, esponendoci la varietà di alternative ipotizzate.

E che vanno dalla “riaccensione” delle centrali a carbone che in realtà sono 7, sei delle quali mai spente e  in funzione, all’impiego dello shale gas prodotto e commercializzato dagli Usa, attraverso la pratica inquinante e costosa del fracking, che durante il trasferimento può essere intercettato da clienti più tempestivi grazie all’applicazione di contratti pronto cassa, fino all’apertura caldeggiata dall’Europa gretina al nucleare poco compatibile, tanto per dire, con l’incapacità dimostrata dal 1987 di gestire le scorie.  E ovviamente non si tratta solo del gas, ma di  oleodotti, e di 2,5 milioni di barili al giorno di prodotti raffinati come carburante per aviazione e diesel, con rincari già avvenuti e che stanno fermano il  trasporto di merci, del grano per la pasta delle aziende che decantano i loro prodotti “italiani al 100%”,  della catena di approvvigionamento della tecnologia occidentale anche grazie all’alleanza inossidabile con la Cina.

Ma la fermezza granitica del blocco interventista mandato avanti dagli Usa a digrignare i denti a nostre spese con un avventurismo pari solo al servilismo dimostra ampiamente che il muso duro, l’inflessibilità mirano a produrre effetti nefasti non alla Russia del despota ormai catalogato come pazzo da sottoporre a Tso  alla stregua dei novax, ma ai paesi occidentali, con aumento dei costi energetici a fronte del calo degli approvvigionamenti, con interruzioni di corrente  e razionamenti, con l’incremento dei prezzi di tutte le merci a fronte della diminuzione del potere di acquisto, effetto delle politiche emergenziali.

Fa testo per capire che ci chiedono di immolarci allo scopo di tradurre in realtà la loro soluzione finale contro i popoli, la dichiarazione  rilasciata dall’ambasciatore russo in Svezia: ‘Scusate il mio linguaggio, ma non ce ne frega un cazzo delle sanzioni occidentali’, ha detto al quotidiano Aftonbladet, “il Cremlino potrebbe interrompere tutti i flussi di gas verso l’Europa – il 41% della fornitura dell’UE – per due anni o più senza incorrere in gravi problemi finanziari”, mentre noi usciamo da due anni di stenti, umiliazioni, rinunce, perdita di beni, lavoro, istruzione, diritti, aspettative se non quella dell’andrà tutto male.   (fine)

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