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La quarta dose come l’olio di ricino

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Via libera dalla Commissione tecnico scientifica (Cts) dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa)  alla ‘quarta’ dose del vaccino anti-Covid per i soggetti “gravemente immunodepressi”. La Commissione  ha inviato il suo parere al ministero della Salute, che prontamente ha diramato le opportune direttive.

Tecnicamente”, si afferma nella relazione,  non si tratta di una 4a dose, bensì “della dose booster a conclusione del ciclo primario vaccinale composto da 2 dosi e 1 dose aggiuntiva”, che verrà somministrata con vaccini a mRna secondo gli stessi tempi della somministrazione  della dose booster per la popolazione generale.

Non mi soffermo nemmeno sull’audace impiego del termine booster, nel blog ne abbiamo parlato per sottolineare come lo slang imperiale serva a dare credito e carisma a miserabili infamie.

Invece mi preme riservare attenzione a quell’avverbio, “tecnicamente”, un gradino più sotto del livello abitualmente ricoperto dalle misure che il governo ha scritto sotto dettatura dei suoi sacerdoti della Scienza, ma altrettanto potentemente persuasivo.

Da due anni le autorità con il sostegno di media e del ceto intellettuale, ormai posseduto dai demoni del pensiero mainstream che garantisce prebende, riconoscimenti e visibilità, ci ricorda che, grazie alla delega data loro, siamo risparmiati dalla fatica di pensare e decidere  sulla base di conoscenze e informazioni per le quali non siamo “attrezzati” culturalmente.

Da due anni ci viene raccomandato di attingere solo alle loro fonti “ufficiali”, autorevoli e credibili anche quando si contraddicono o si presentano sotto forma di opinionismo da talk show. E  non per essere aiutati a discernere e agire consapevolmente e liberamente, ma per equipaggiarci con le armi dialettiche, da apprendere a memoria, per rispondere alle obiezioni degli eretici, ormai chiaramente arruolati nell’esercito nemico dei potenziali terroristi e dei sociopatici da sottomettere a Tso.

Da due anni i chierici ci invitano a accontentarci degli avanzi, elargiti benevolmente, di una democrazia che concede di tanto in tanto uno spazio nella tv pubblica a filosofi rimbecilliti o a premi Nobel, che perfino in occasione della dipartita si meritano il dileggio di manovali frustrati dello scientismo, e che consisterebbe nell’affidarsi fiduciosi “a chi sa”. E non solo per decidere se sottoporsi, adulti e ragazzini, alla somministrazione a raffica di vaccini, se la salvezza da uno specifico virus, incerta e effimera, valga la rinuncia a diritti, libertà, istruzione, bensì per conquistarsi il salvacondotto che riconoscendo la volontà di assoggettarsi, permetta l’appartenenza al consorzio civile, in forma di pazienti, assicurati, clienti, dati offerti gratuitamente, sorvegliati speciali, capitale umano redditizio.

Per sostenere la narrazione epica e etica era necessaria la promozione della Scienza – delle sue discipline più o meno riconosciute, economia compresa –  a religione e della Tecnologia a utopia praticabile.

Si tratta di un processo che ha bisogno di nutrire il mistero riguardo a prodigi inspiegabili, a arcani che devono restare insondabili, ad enigmi che è meglio non sciogliere per non preoccupare o concedere licenze deleterie a un popolo mal cresciuto, in modo da assicurare ai decisori, governo e istituzioni parallele di recente conio, il controllo e la gestione combinata di corpi, menti e immaginario.

Così chi vuole svelarli viene accusato di complottismo, va dunque emarginato,  censurato e zittito perché la sua indole sospettosa, paranoica e nichilista combina  il rifiuto delle scienza e quello del progresso, il cui mito va nutrito perché è positivo anche se si basa su una rete di credenze e promesse non accertate e non mantenute, mostrando inevitabilmente il suo lato oscuro che produce insieme a scoperte e invenzioni feconde e produttive, effetti collaterali nefandi e inumani.

E difatti quello che si è rivelato il fattore di rischio più temerario dei prodotti iniettati al 90% delle cavie non del tutto volontarie, quel m-RNA che presenta accertate controindicazioni incompatibili con i basilari principi di precauzione, è stato presentato a un pubblico tenuto nell’ignoranza e escluso da qualsiasi forma di informazione che non fosse quella dei trombettieri dell’esecutivo e dell’industria,  come un miracolo che apriva la porta a altre fertili sperimentazioni salvifiche oltre che all’immediata salvezza.

Ormai siamo in pochi a avere la sfrontatezza di mettere in discussione l’autorità scientifica e medica che ci sta imponendo i suoi rimedi, facendoci sprofondare sempre di più in un futuro senza scampo. E di chiedere che venga fatto giustizia delle azioni scellerate di una oligarchia che si vanta di essere tecnocratica per celare dietro questa referenza la svendita di valori, principi e dignità al mercato, per contribuire all’affermazione di un regime totalitario.

Hanno una straordinaria attualità gli scritti di Gunther Anders nei quali sosteneva,  nel lontano 1956, che era diventato necessario possedere straordinario coraggio civile per criticare scienza e tecnica, per via del tabù che condanna l’uomo comune a provare una sorta di vergogna nei confronti dei competenti, dei sapienti e delle teorie e delle macchine che fabbricano, che usiamo in forma passiva, salvo forse quando ci presentiamo all’esame teorico per la patente.

Di questi tempi quella che lui chiamava la vergogna prometeica, quel senso di inadeguatezza che coglie l’uomo al cospetto della straripante perfezione delle macchine che costruisce, è una delle questioni irrisolte del contrasto tra onnipotenza virtuale e impotenza concreta che ci consegna indifesi a chi abusa delle sue conoscenza ai fondamentalisti della competenza che ci dichiarano inidonei a rompere il sortilegio.

E’ stato arduo resistere alla pressione, scoprire le carte dei bari  e i loro moti scambiati per screditare, ridicolizzare, delegittimare e colpevolizzare, far sentire la voce del buonsenso sopra il frastuono di fondo del terrorismo millenaristico. È arduo anche adesso che le convinzioni di chi aveva deciso  liberamente di iscriversi al partito unico o di chi aveva subito l’intimidazione culturale e morale  cominciano a cedere sotto il peso della verità somministrata a piccole dosi, delle ammissioni dei sacerdoti emergenziali, perché la tentazioni per tutti è di cedere al sollievo per la paura passata e di sottrarsi a quella a lungo termine che si annuncia.

Invece proprio ora si tratta di non rinunciare ai diritti accantonati quando l’unica scelta concessa era tra salvezza sociale conquistata con una tessera di riconoscimento, con l’abiura di prerogative, con la cessione di autodeterminazione e libertà, e l’espulsione dolorosa e gravosa dal consorzio civile. È ora di liberarsi dalla vergogna e dal disonore.

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