Site icon il Simplicissimus

La 194 boicottata dai politici del giorno dopo

Anna Lombroso per il Simplicissimus

C’è qualcosa di tremendamente infame e vigliacco nei maldestri tentativi che vengono periodicamente condotti di manomettere una legge dello Stato, peraltro severa e ancora largamente inapplicata, per via di poco credibili casi di coscienza e che rispondeva all’obbligo civile e morale di sanare il perpetrarsi di delitti contro le donne, consumati nella clandestinità e nella speculazione a volte mortale.
E duole che spesso queste basse manovre di bottega vengano compiute da quadri della politica che dovrebbero per appartenenza rispettare criteri di libertà e laicità, ma che più o meno esplicitamente invece ubbidiscono all’esigenza di compiacere alleati di matrice confessionale. Parlo di alleati e non di elettori, perché questo Paese disgraziato ha dimostrato invece di pensarla diversamente da loro in occasione di uno dei tanti referendum imposti per far regredire i diritti, perfino quello all’acqua, a prerogative da “consumare” in opaca e colpevole clandestinità o in sontuose strutture estere.
E duole ancora di più quando a farlo sono donne per le quali la libertà di esprimere la propria fede e di imporre la propria legge morale, addormenta la sapienza e l’esperienza della condizione di donna e l’impegno di cittadina.

L’aborto è un evento drammatico nella vita di una donna. Di una donna adulta e di una ragazza, che non ha preso le necessarie e ormai ben conosciute precauzioni o che ha avuto un incidente tecnico o che ha subito un atto sessuale non desiderato, precauzioni che spettano a lei perché spesso madri poco avvedute, padri poco presenti e contesto sociale poco civilizzato non educano i maschi alla responsabilità. E che vengono criminalizzate come una per colpa o un reato da scontare rendendo artatamente macchinoso e bizantinamente cervellotico l’uso della RU486, sottoponendole a un iter consegnato ormai sempre più di frequente non a consulenti che aiutano, ma ad obiettori che giudicano implacabilmente.

Perché una ideologia che combina autoritarismo politico e prepotenza ecclesiastica continua a vedere il popolo, uomini o donne che siano, come soggetti scriteriati e infantili, cui bisogna impartire una pedagogia punitiva.
Mentre mai come al momento di compiere una scelta che è dolorosa e imposta sempre e comunque da motivazione legittime, sociali, economiche, sanitarie, il sostegno dovrebbe venire da soggetti pubblici, indipendenti, non condizionati da qualsiasi credenza, impegnati all’aiuto solidale e svincolati da ogni pregiudizio.

Rappresentanti politici che deliberatamente o passivamente abbiano contribuito all’approvazione delle leggi delle regioni Piemonte e Veneto dovrebbero vergognarsi e non rivendicare di aver sancito l’intrusione di organizzazioni private con l’esibizione delle loro convinzioni e la ostensione dei loro simboli, confessionali o no che siano. Organizzazioni che non sono autorizzate a imporre la loro opinione in un momento segnato dalla vulnerabilità e dall’irreversibilità dell’atto che si sta compiendo, soprattutto se sono le stesse che condannano il preservativo ma perfino quelle che ne invece ne fanno pubblicità a scopi commerciali.
Dovrebbero avere il pudore di non spacciare il loro appoggio ad un provvedimento eversivo di quella laicità, componente irrinunciabile della democrazia, come una manifestazione matura e consapevole di apertura al pluralismo. Pluralismo laico non è permettere, anzi garantire per legge, l’ingresso psicologicamente devastante ad integralisti che snocciolano il rosario e biascicano preghiere come maledizioni, ma nemmeno a composte e sobrie associazioni non proprio trasparenti e non esattamente no profit che consigliano la riflessione per dirottare su anodine strutture più o meno parificate.

Sono veneziana, ho fatto politica per anni con le donne, non stento ad immaginare la pressione dirompente che potrà esercitare l’irruzione di soggetti connotati dall’integralismo e dal fondamentalismo in un sistema sociale ancora intriso della morale cattolica, dall’opinione di beghine e perché no? di leghisti, che a tempo perso, vista l’inclinazione a prendersela con le minoranze ancorché maggioranze numeriche, partecipano entusiasticamente all’ormai ecumenico boicottaggio della legge 194.
A quelli che una volta chiamavo compagni e che hanno sempre dimostrato una certa renitenza a impegnarsi sui temi dei diritti civili, se non trascinati da una cittadinanza più matura di loro, dico quello che abbiamo detto a proposito di certe alleanza e che diciamo in occasione di una riforma previdenziale improvvida, dell’infame cancellazione dell’articolo 18 o dello stravolgimento della Costituzione: bastava non votarla quella legge, altro che intervenire con bilancini e compromessi all’insegna di una moderno consociativismo.

La libertà e i diritti non sono negoziabili e non sono temi eticamente sensibili solo per i cattolici. No, sono inviolabili per chiunque senta l’obbligo di mettere al primo posto il rispetto delle prerogative dell’appartenenza alla “cittadinanza della democrazia”.
Ed è sconcertante che il tanto decantato maquillage effettuato sulle iniziali proposte di legge di iniziativa popolare in materia, ne peggiorino la sostanza, aprendo le porte di tutte le strutture socio-sanitarie a persuasori per niente occulti convinti di doverci convincere che il padre di Eluana Englaro è uno squallido assassino. Malignamente sicuri di possedere un monopolio morale e orgogliosamente attrezzati per decidere delle nostre vite, delle nostre inclinazioni e perfino della nostra morte.

Bastava poco per dare il segno che quella non è la decisione giusta, che ben altri sono i modi educativi e informativi per prevenire le interruzioni di gravidanza, che anzi questa forma di pressione violenta alimenta e vivifica l’obiezione di coscienza e la legittima anche quando è dettata da motivazioni ignobili, quella di favorire la creazione di un mercato privato degli aborti.
Si, bastava non votarla quella legge. E alle donne dico che non bisogna esprimere solidarietà di genere nei confronti di chi evidentemente non sa rappresentarci e che non si deve più votare chi vuole decidere per noi. Perché nella guerra dei poteri forti contro i deboli, dei privilegiati contro i sommersi, che è una guerra di classe che sta impoverendo lo stato sociale nei suoi gangli vitali: sanità e istruzione, questa battaglia sull’interruzione di gravidanza vede le donne due volte minacciate e colpite, riportate indietro al rischio della clandestinità privata e alla pubblica riprovazione.

Exit mobile version