I motivi di tanto impeto, tali da mettere in grave pericolo la tenuta della chioma, sono ben intuibili e sono gli stessi che lo inducono un giorno sì e l’altro no, alla tentazione politica: tanti buoni affari sui resti dello stato. Certo, altrove presentarsi come ennesimo salvatore avrebbe richiesto un coraggio da leone, visto il passato da magliaro che gli costò il licenziamento dalla Fiat: si vendeva sottobanco gli incontri con Agnelli e Romiti. Ma da noi, sebbene la cosa sia accertata e ne abbia parlato apertamente lo stesso “culo di piombo” (qui), la cosa rimane sotto silenziatore, un dialogo sott’acqua.
E dire che il nostro è un modernissimo imprenditore: spende soldi per pagare un’intera pagina di pubblicità su Corriere e Repubblica, perché a Roma la stazione dell’alta velocità ” costata ai contribuenti italiani oltre 300 milioni di euro” non è ancora funzionale e quindi i suoi Italo ci fanno brutta figura. Ma il signor Montezemolo ha mai preso in considerazione l’ipotesi di sganciare qualche soldo per questo e di non far pagare agli italiani le infrastrutture sulle quali guadagna? Non è abbastanza rivoltante questo capitalismo parassitario?
Certo, entrasse davvero in politica sarebbe molto facilitato perché potrebbe vendere gli incontri con se stesso e dunque pagare l’oneroso conto del parrucchiere, senza essere costretto a volgari sotterfugi. O magari saldare le quietanze qualche vizietto che non sappiamo. Ma chissà se avrà davvero il coraggio di abbandonare macchinine e trenini per finire in Parlamento: prima tra l’altro sarà bene accertarsi della qualità della barberia. Per il momento memore degli antichi fasti di accompagnatore si limita ogni tanto a far giungere un “grazie zio”.