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Moti di Plaza

monti_simbolo_dito_sky--400x300Il Monti ha partorito il topolino, la listina da aggiungere ad altre listine, il rinnovamento che si aggancia alla più opaca mediocrità della classe politica. Lo ha fatto significativamente con una falsa conferenza stampa nella quale non ha risposto ad alcuna domanda dei giornalisti e limitandosi ad elogiare   “l’entusiastico apporto di Italia Futura, Montezemolo, Casini, Fini e Riccardi”. Tutti conti di Cavour

Davvero moti di Plaza, perché il tutto si è svolto nell’omonimo albergo di via del Corso, a Roma, luogo deputato delle riunioni massoniche internazionali, ma anche quartier generale dell’indimenticabile Gianni De Michelis, l’avanzo di balera che tuttavia riesce ad apparire come un brillante uomo di governo di fronte avanzi di niente che non hanno saputo nemmeno spiegare chiaramente come verrebbero applicati  i “criteri di candidabilità” e le sue eventuali deroghe: valgono per ciascuna lista o per ciascuna circoscrizione? Mistero, anzi no, meglio chiacchiere da tipico sottobosco democristiano, per far bella figura con le parole senza pagare dazio.

E’ del tutto evidente la sproporzione fra ciò Monti ritiene di essere e il consenso che ha, il divario abissale tra la supponenza di un  cambiamento enunciato e la frittura mista che è riuscita a raccogliere, quasi tutta del resto con all’attivo una lunga militanza sotto le insegne di Berlusconi. Tra il personaggio che ci è stato venduto come salvatore e la sua realtà. Del resto già qualche giorno fa l’Economist aveva espresso il suo sconcerto per questo piccolo e avvilente cabotaggio del professore che si rivela per l’uomo di seconda fila che è sempre stato al punto da farsi imporre da Casini le liste separate alla Camera. E naturalmente in Europa quei poteri che hanno voluto Monti cominciano a chiedersi se non abbiano puntato tutto su un ronzino che non sarà in grado di tenere la rotta verso i loro voleri. E naturalmente se lo chidono anche gli italiano dopo un anno di governo dove all’iniquità più scoperta, alla firma di trattati punitivi apposta con tetragona leggerezza, si sono aggiunti palesi dimostrazioni di superficialità, noncuranza, cialtroneria e alla fine anche la distribuzione delle indulgenze nella legge di stabilità che fa tanto modernariato democristiano.

Il fatto che il professore non abbia dato ascolto a Napolitano che lo voleva del tutto fuori dall’agone elettorale per ricomparire poi nuovamente come uomo della crisi, tra una destra in rifacimento e una sinistra paralizzata, non ci mostra solo la goffaggine del personaggio, ma anche qualcosa di più pericoloso: il distacco dalla realtà e la supervalutazione di se stesso, insomma una presunzione che i media per gli interessi dei loro editori hanno supportato, ma che è foriera di pessimi auspici per il futuro. Forse è  una fortuna che tutto questa emerga ora, che Monti abbia dato inizio al suo declino con le sue stesse mani e che il Paese sia avvii a rinunciare alle sue vere competenze che sono quelle di tutore, di portavoce ed esecutore di volontà altrui. Si molto meglio che abbia scatenato la plaza assieme ai suoi quattro gatti ingrigiti e opachi: così almeno si esce dall’equivoco e ci si comincia a contare.

 

 

 

 

 

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