Il web è pieno delle più astruse risposte a una domanda che fin da subito si è presentata alla mente: che cosa davvero è successo il 7 ottobre quando Hamas ha attaccato? E’ un interrogativo che da una parte punta il dito sull’assurda politica di Netanyahu, ma che dall’altra tende a preservare il mito dell’efficienza di Israele, del suo esercito e dei suoi servizi insinuando che a Tel Aviv sapevano tutto, ma che hanno lasciato fare per avere il pretesto di sgomberare la striscia di Gaza e di fare pulizia etnica. Un piano pazzesco destinato a fallire con gravi danni di immagine per Israele e un nuovo pantano medio orientale per gli Usa, come chiunque avrebbe compreso e allora forse bisognerebbe allontanarsi un po’ dalla canea degli analisti a titolo domestico e riconsiderare la questione dal principio riunendo il tutto in due punti.
1) E’ abbastanza arduo negare che Hamas abbia lanciato un attacco che ha colto completamente di sorpresa gli israeliani. Il piano messo a punto da questa organizzazione era semplice e chiaro: attaccare le strutture militari israeliane sopra o vicino al confine di Gaza c catturare quanti più ostaggi possibile per poi usarli come merce di scambio. L’operazione di Hamas ha avuto pieno successo e ha gravemente danneggiato la reputazione di Israele, attentamente coltivata, di essere il migliore in termini di intelligence e prontezza militare in tutta l’area medio orientale. Ecco perché l’ipotesi della falsa bandiera è poco credibile, tanto più che l’attacco ha indotto il governo sionista a vendicarsi con una strage continua di civili e il tentativo di pulizia etnica della Striscia che di certo peseranno e non poco al di fuori dell’occidente, senza peraltro ripristinate il mito dell’efficienza israeliana . Non si è trattato di un’operazione di falsa bandiera, ma di un errore del governo dei capi dell’esercito e dell’intelligence israeliani che hanno ignorato i chiari avvertimenti riguardo a un attacco: dopotutto Netanyahu era uno dei finanziatori di Hamas e riteneva di poterla controllare.
2)Subito dopo l’attacco, la governance israeliana si è resa conto che le principali installazioni militari lungo il confine e alcuni kibbutz erano stati invasi e ha adottato misure drastiche per riprendere il controllo. Questi passi, indicano che Israele ha colpito obiettivi senza riguardo per la sorte degli ostaggi israeliani e ha causato la morte sia dei combattenti di Hamas che degli ostaggi, come del resto prescritto dalla “direttiva Annibale” secondo cui è preferibile uccidere i civili piuttosto che lasciare che vengano fatti prigionieri dall’avversario.
Robert Inlakesh e Sharmine Narwani lo scrivono chiaramente in un articolo molto documentato su The Cradle: “Due settimane dopo l’assalto di Hamas contro Israele il 7 ottobre, un quadro più chiaro di ciò che è accaduto – di chi è morto e di chi ha ucciso – sta ora cominciando ad emergere. Invece del massacro di civili su vasta scala rivendicato da Israele, i dati incompleti pubblicati dal quotidiano ebraico Haaretz mostrano che quasi la metà degli israeliani uccisi quel giorno erano in realtà combattenti: soldati o polizia. Al 23 ottobre, il giornale ha rilasciato informazioni su 683 israeliani uccisi durante l’offensiva guidata da Hamas, compresi i loro nomi e i luoghi della loro morte il 7 ottobre. Di questi, è stato confermato che 331 vittime – ovvero il 48,4% – erano soldati e agenti di polizia, molti dei quali donne. Altri 13 sono descritti come membri del servizio di soccorso, e i restanti 339 sono apparentemente considerati civili. Sebbene questo elenco non sia completo e rappresenti solo circa la metà del bilancio delle vittime dichiarato da Israele, quasi la metà delle persone uccise nello scontro sono chiaramente identificate come combattenti israeliani”.
Poi c’è l’articolo di Max Blumenthal., un reporter di talento che non esprime opinioni, ma si occupa di fatti. Su Grayzone ha scritto un articolo riportando le testimonianze che rivelano come il 7 ottobre l’esercito israeliano stesse bombardando i cittadini israeliani con carri armati e missili. Si tratta di testimonianze che vengono dagli stessi israeliani e che vale la pena d leggere per vedere a che punto di cinismo giunge il potere. C’è anche un video sull’argomento dello stesso Blumenthal. Insomma la campagna di propaganda israeliana per ritrarre Hamas come assetato di sangue, decapitatori di bambini e stupratori è stata introdotta come meme per distrarre da ciò che è realmente accaduto: Israele è andato nel panico e ha finito per uccidere inavvertitamente molta della propria gente.
Per meglio unire i puntini. Quinta ed ultima parte.
“Il piano ‘segreto’ di Israele per prendere Gaza e i giacimenti di gas e ricollocare i 2.2 mln di palestinesi tra Egitto ed Arabia” – The Institute for Zionist Strategies
Il documento continua ad essere molto virale sui vari social. All’interno del documento si risale al sito The Institute for Zionist Strategies
Il Giornale d’Italia, 7 novembre 2023
Continua ad essere molto virale il piano “segreto” di Israele per la presa di Gaza e il ricollocamento della popolazione palestinese tra l’Egitto e l’Arabia. Il documento, che potrebbe risalire addirittura al 2017, continua ad essere cliccato ed inoltrato sui vari social dopo lo scoppio del conflitto di un mese fa. Ad oggi non si hanno conferme sulla sua veridicità, ma, come si legge nel testo, si tratta di un “piano sostenibile con un’elevata fattibilità economica che ben si allinea con gli interessi economici e geopolitici dello Stato di Israele, dell’Egitto, degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita”. Il Giornale d’Italia non è potuto risalire alla fonte, ma nel documento è possibile imbattersi nel sito The institutes for Zionist Strategies.
Il piano “segreto” di Israele per prendere Gaza e ricollocare i palestinesi tra Egitto ed Arabia
Continua ad essere virale il piano “segreto” di Israele per la presa di Gaza e il ricollocamento della popolazione palestinese tra l’Egitto e l’Arabia. “Un piano per il reinsediamento e la riabilitazione definiva in Egitto per l’intera popolazione di Gaza. Attualmente esiste un’opportunità unica e rara per evacuare l’intera striscia Striscia di Gaza, in coordinamento con il governo egiziano”, si legge nel documento. “Questo documento presenta un piano sostenibile con un’elevata fattibilità economica, che ben si allinea con gli interessi economici e geopolitici dello Stato di Israele, dell’Egitto, degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita. Una sintesi di un piano immediato, realistico e sostenibile per il reinsediamento umanitario e riabilitazione della popolazione araba nella Striscia di Gaza”.
Il trasferimento in Egitto
Il testo prosegue. “Nel 2017, è stato riferito che ci sono circa 10 milioni di unità abitative sfitte in Egitto, di cui circa la metà sono costruite e nell’altra metà sono in costruzione. Ad esempio nelle due più grandi città satellite del Cairo. Una enorme quantità di appartamenti costruiti e vuoti di proprietà del governo e di privati e aree edificabili sufficienti ad ammortizzare circa 6 milioni di abitanti. La maggior parte della popolazione locale non riesce ad acquistare gli appartamenti nonostante il loro prezzo molto basso (tra i soli 150 ei 300 dollari al metro quadrato). Sebbene lo stock di appartamenti cambi nel tempo, sembra rimanere molto ampio e immediatamente disponibile per l’occupazione da parte dell’intera popolazione di Gaza. In una delle due città sopra citate, con il costo medio di un appartamento di 3 locali di 95 mq per circa 2,2 milioni di abitanti, si può stimare che l’importo totale sarà necessario per trasferire dal Egitto per finanziare Il progetto sarà realizzato dell’ordine di 5 -8 miliardi di dollari. Questa somma rappresenta solo un valore compreso tra l’1% e l’1,5% del PIL dello Stato di Israele e può essere facilmente finanziata dallo Stato di Israele, anche senza alcun aiuto internazionale”.
I benefici economici
Come verrà spiegato nel prossimo paragrafo, “l’immediata iniezione di uno stimolo di questa portata nell’economia egiziana fornirà un enorme e immediato beneficio al regime di Al-Sisi: queste somme di denaro, rispetto all’economia israeliana, sono minime. Questo piano potrebbe risolvere la questione della Striscia di Gaza, che da anni rappresenta un ostacolo alla pace alla sicurezza e alla stabilità non solo nella zona di identificazione ma anche in tutto il mondo. In questo contesto è opportuno ricordare che lo stato di Israele ha speso circa 200 miliardi che è fondamentalmente una sorta di pagamento per l’acquisto della Striscia di Gaza a cui possiamo aggiungere molto valore nel tempo tanto che si tratta effettivamente di un investimento molto utile per lo stato di Israele. Le condizioni del territorio di Gaza, simili a quelle dell’area di Gush Dan, consentiranno in futuro a molti cittadini israeliani di vivere ad un alto livello. II 16/12/2022 il Fondo monetario internazionale ha approvato un prestito di salvataggio di 3 miliardi di dollari per l’Egitto a fronte dell’aggravarsi della crisi economica che sta attraversando (nel 01/2023 l’inflazione in Egitto è salita al 26,5%) ma è condizionata da condizioni e riforme draconiane dell’economia egiziana. Sebbene il FMI abbia raccomandato il passaggio a un tasso di cambio flessibile, si prevede che questo approccio aggraverà l’inflazione e peggiorerà addirittura i problemi relativi al costo della vita. Dal marzo 2022 la sterlina egiziana ha perso circa la metà del suo valore (il tasso di cambio ufficiale del dollaro è aumentata del 95% da 15.7 a 30.7 sterline per dollaro, molto meno del tasso del mercato nero. Questo deprezzamento del valore della moneta ha già danneggiato l’economia egiziana aumentando significativamente i costi di importazione di prodotti alimentari nel paese (circa il 70% della popolazione egiziana che vive con un reddito di pochi dollari al giorno, sopravvive acquistando pane e prodotti di prima necessità sovvenzionati dal governo egiziano). Il settore privato in Egitto fatica a riprendersi e la sua produzione è in costante calo da 26 mesi consecutivi. Il prestito è inoltre condizionato alla cessazione dei privilegi di cui godono le società di proprietà dell’esercito.
La situazione egiziana
“Alla luce di questi dati le raccomandazioni del FMI incontrano una forte opposizione e allo stesso tempo la loro attuazione appare altamente improbabile per stabilizzare il regime di Al-Sisi”, si legge nel documento. “Sembra che il governo egiziano abbia intenzione di vendere le sue partecipazioni in 35 società statali per investitori strategici fino al 06/2024. Se il governo egiziano riuscirà a promuovere il piano di emissione e ad assicurarsi finanziamenti aggiuntivi dai paesi del Golfo o da altri partner, la Banca centrale egiziana adotterà una politica di cambio più flessibile”, ha dichiarato l’economista Hani Abdul Fathuh Yahyaram. Il debito dell’Egitto è pari al 6% del PIL per l’anno fiscale 2022-2023, il suo rapporto debito/PIL è stato stimato negli ultimi anni al 95,6%, con un PIL di 9,8, pari a circa 318,23 miliardi di dollari. Il valore del deficit netto delle attività estere dell’Egitto ha raggiunto i 26,34 miliardi di dollari nel 07/2023. (Il valore del deficit netto delle attività egiziane comporta un “rischio significativo”. Si tratta del rating più basso mai assegnato all’Egitto. Foreign riflette il valore netto delle attività di Haretz possedute dai suoi debiti, a fronte della scarsa fiducia degli investitori. Inoltre in data 05/10/2023 l’agenzia di rating ha abbassato la tariffa del credito dell’ Egitto da caal -B3, il che significa i debiti del governo. La Cina è il quarto debitore più grande del governo egiziano, con un debito di 7,8 miliardi di dollari al 06/2023. L’Egitto prevede di ricevere un prestito di circa mezzo miliardo di dollari in obbligazioni costituite principalmente da yan cinesi. Anche se la Cina decidesse di avviare e ridurre gli investimenti, vorrebbe comunque vedere il progetto completato. Un disastro strategico per gli Stati Uniti”.
La popolazione di Gaza in Egitto e Arabia
“Portare dell’intera popolazione di Gaza negli appartamenti esistenti in Egitto. Per i paesi europei e in particolare per quelli dell’Europa occidentale, il trasferimento dell’intera popolazione di Gaza in Egitto e la sua riabilitazione, riducendo significativamente i costi. Il rischio di immigrazione clandestina nel loro territorio rappresenta un enorme vanto.
Trarrà notevole benefici da questa mossa perché l’ evacuazione della Striscia di Gaza è un enorme contributo alla stabilità della regione. Inoltre ci sono paesi, come l’Arabia Saudita, che necessitano di personale edile qualificato, come gli abitanti di Gaza. L’Arabia Saudita sta costruendo grandi progetti e la città del futuro Naum, e questo potrebbe essere un crocevia di interessi anche a questo livello. Si può presumere che non pochi residenti di Gaza coglierebbero al volo l’opportunità di vivere bene. Piuttosto che continuare a vivere in un paese sotto il governo di Hamas. Questo accordo tra Egitto e Israele potrà essere raggiunto entro pochi giorni dall’inizio del flusso di immigrati da Gaza verso l’Egitto. In oltre la chiusura della questione Gaza garantirà una fornitura stabile e maggiore di gas israeliano all’Egitto e la liquefazione e anche un controllo delle compagnie egiziane sulle riserve di gas esistente al largo di Gaza. Non c’è dubbio che affinché questo piano possa realizzarsi devono esistere molte condizioni contemporaneamente al momento queste condizioni esistono e non è chiaro quando tale opportunità si presenterà di nuovo. Questo è il momento di agire. Ora”.
Riferimento:
https://www.ilgiornaleditalia.it/news/esteri/544236/israele-piano-segreto-palestinesi-egitto-arabia.html
Breve commento
Ma che strane coincidenze……..!!
Ti ho seguito fino ora e ho letto con piacere i tuoi spiritosi articoli ma hai superato una linea rossa. Nella formazione di due campi in tutto il mondo, hai scelto quello contro l´Israele e stai scrivendo cose astruse come queste qui, paragonabili con la negazione dell´olocausto, che forse pure stai credendo.
Allora, siccome sto osservando da un mese questo smascheramento dell´antisemitismo globale e siccome sto continuando a ragionare con la mia testa (cosa che mi fa fatto diventare tua abbonatrice) ecco cosa penso:
Tutti quelli che si erano schierati contro il sostegno di Ukraina nella guerra con la Russia, lo facevano non per sostenere i poveri Russi di Donbass (come me) ma solo per Antiamericanismo. Volevano che la Russia vincesse, e vedevano una vittoria di Putin contro il globalismo delle elites americane. Questo stesso sentimento li spinge ora di essere contro l´Israel. Questo che mi mi sembra disgustoso in questo attegiamento é che forse combredo la causa di resistenza al globalismo americano, ma facendo il patto con il diavolo? l´obbiettivo santifica i mezzi? GIAMMAI! noi non siamo macchiavelici.
Putin ha abbandonato gli Armeni di Nagorno-Karabakh permettendo un vero nuovo genocidio degli Armeni, dando il terreno loro da milleni ai Turchi-Azeri pensando solo ai suoi interessi geopolitici, per avere facile corridoio con Iran e buoni rapporti con quei frateli musulmani, mascherati terroristi. Come un Giuda ha tradito i cristiani Armeni, solo perché non sono inginocchiati al lui, il nuovo zar neostalinista. Costui che sta cercando aleati in China e Nord Korea. Un NEOSTALIN imperatore. Io a Settembre 2023 mi sono svegliata e ho visto la vera faccia di questo macchiaveli ipocrita.
Poi, vi schierate insieme con i terroristi palestinensi. Vergognatevi, questi sono gli assasini piu pericolosi del mondo. Ognuno che si mette a loro sostegno é un orrendo mostro, se non vede che sta allevando una bestia che poi ci mangierá anche noi. Sono persone che non hanno scrupoli!
A questo punto dobbiamo tutti noi che viviamo nell´occidente, tutti noi che siamo nati in libertá e democrazia (sono nata in 1975) stare con tutta la nostra forza in diffesa della nostra cultura che ci ha dato cosi tanto! Abbiamo tanti nemici: I dittatori di tutto il mondo vorrebere conquistare economicamente ma anche territorialmente (Erdogan) Europa. Ci vogliono conquistare anche spiritualmente (Islam) e demograficamente (Migratione di Massa). Abbiamo i terroristi. Abbiamo i nostri politici tutti marionette di forze estere.
Possiamo per favore difendere l´occidente che siamo NOI? La nostra democrazia, i diritti umani, i diritti e rispetto delle donne, i valori christiani e della nostra cultura greco-romana, l´umanesimo? Rafforziamo questi valori che muoiono e pure siamo NOI gli unici che li comprendiamo, noi europei, noi artisti, noi scienziati. Dobbiamo alzarsi e dire NO! ai dittatori e terroristi.
Chi crede ancora alla nostra cultura deve stare contro i terorristi e chiaramente dalla parte di Israele. Se non ci mettete dalla nostra parte state assistendo il crollo denl nostro mondo e la vittoria dei imperatori, dittatori e terroristi su noi tutti. Pensatevi bene prima di continuare. Grazie.
@Elena Joannidou
1. “Stringendo il succo, Israele è una potenza nucleare non dichiarata, a livello pro capite raggiunge il più alto livello di armi nucleari nel mondo, è comunque in Top 5 fra le potenze nucleari nel mondo, ha ricevuto e riceve copiosi aiuti finanziari dagli USA a fini militari e non ( mentre la Palestina non riceve un cent dagli USA! ), a sua volta tramite la AIPAC, la lobby ebraica condiziona pesantemente la politica estera USA, d’altronde visto e considerato che dati Ocse alla mano 6 statunitensi su 10 non possiedono niente ( vedasi: https://www.libreidee.org/2018/08/locse-sorpresa-6-americani-su-10-non-possiedono-niente/ ) , la politica estera USA sfacciatamente pro Israele non può che essere logicamente il frutto velenoso della lobby ebraica di cui l’AIPAC in USA è quella più in vista , ma non finisce mica qui, la lobby ebraica pro Israele lavora ai fianchi anche la UE e UK ( vedasi post precedenti ), insomma, uno dei vari frutti molto avvelenati ( vedasi a tale proposito, mio altro commento finale ) del regime di Lobbycrazia in cui i cittadini europei ( UE ) e statunitensi vivono ormai da tempo che TV e giornaloni occidentali spacciano ancora invece per democrazie liberali, della serie: Orwell gli spiccia casa!!”
Fonte, mio commento finale nella sezione commenti del seguente articolo:
https://ilsimplicissimus2.com/2023/10/19/guernica-contemporanea/
ovviamente , sempre nella sezione commenti dello stesso articolo, ci sono anche tutti gli altri miei post a pieno sostegno di quanto messo in evidenza nel commento finale e in cui vengono riportati solo fatti e mai opinioni da bar sport.
2. Se lei crede ancora di essere in Italia in democrazia, problemi suoi e non del Il Simplicissimus e di chi la pensa come lui su Ucraina, Israele, NATO e USA, e area euro ( Unione Economica Europea) , aoù, sò soddisfazioni credere ancora di essere in Italia in democrazia e non invece di essere effettivamente in una colonia europea degli USA……!!
Per meglio unire i puntini. Quarta ed ultima parte.
Presupposto assolutamente fondamentale.
“Il Vero Potere risiede nelle mani dei detentori dei mass media”, Licio Gelli, uno che di intrighi e complotti malefici agli alti livelli del potere ne capiva un pochetto….
ergo sorge spontanea una domanda, eccola arriva!
Domanda: secondo la versione ufficiale israeliana l’assalto di Hamas contro Israele il 7 ottobre ha provocato un massacro di civili su vasta scala , a tamburo battente i media mainstream occidentali hanno amplificato a dismisura questa versione ufficiale addirittura dando spazio mediatico persino alla horror story dei bambini israeliani decapitati da Hamas, e allora vista anche la grande tradizione menzognera dei media maistream occidentali su tutti gli argomenti di attualità di qualsiasi tipo, è mai possibile che stavolta non c’era malafede da parte loro perchè ingannati dalla versione ufficiale israeliana che invece a conti e fatti alla mano, vedasi ottima inchiesta di Gray Zone, non è vera per niente?
Altre due domandine, eccole arrivano!
E’ mai possibile che il Deep State israeliano ( come qualsiasi altro Deep State del mondo che conta ) non abbia saputo fare subito i conti veri del reale impatto dell’assalto di Hamas contro Israele avvenuto il 7 ottobre 2023?
Oppure è molto più possibile che il Deep State israeliano ( come qualsiasi altro Deep State del mondo che conta ) abbia saputo fare subito i conti veri del reale impatto dell’assalto di Hamas contro Israele avvenuto il 7 ottobre 2023 e abbia colto a volo l’occasione per mettere su la versione ufficiale israeliana secondo la quale l’assalto di Hamas contro Israele il 7 ottobre ha provocato un massacro di civili su vasta scala?
Breve commento finale
Più di tre indizi ( le quattro parti segnalate ) dovrebbero fare la prova della malafede della versione ufficiale israeliana sull’ assalto di Hamas contro Israele avvenuto il 7 ottobre 2023, e comunque la cartina di tornasole è il solito comportamento propagandistico e menzognero dei media mainstream occidentali che anche in questo caso hanno dato pieno sfoggio del peggio di sé, oups, ma che strane coincidenze……!!
Per meglio unire i puntini. Terza parte.
“Palestina: ci sono 1,1 trilioni di piedi cubi di gas naturale nelle sue acque territoriali. Questo è uno dei motivi della guerra?”, PressKit, 30 ottobre 2023
Nel 1999 sono stati scoperti due enormi giacimenti di gas nel mare di Gaza. Potrebbe essere questo uno dei motivi della guerra?
“Sebbene il giacimento offshore di Gaza sia stato scoperto più di 20 anni fa, le sue risorse sono ancora bloccate nel terreno e non sono state ancora sfruttate commercialmente, a causa degli interventi dell’occupazione israeliana e del passaggio della questione palestinese attraverso molte fluttuazioni politiche che impediscono ancora lo sviluppo della scoperta commerciale, come mostrato nella figura seguente”, scrive Ecss.
“Alla fine del 1999, a circa 30 chilometri dalle coste della Striscia di Gaza, la Palestina ha scoperto più di circa 1,1 trilioni di piedi cubi di gas naturale nelle sue acque territoriali (riserve accertate), poiché l’Autorità Palestinese ha concesso operazioni di ricerca ed esplorazione in quella zona situato vicino a Gaza fu ceduto a una coalizione di società straniere (BG, all’epoca controllata della British Gas), prima di essere acquisito da Shell International, oltre al Palestine Investment Fund e alla United Contractors Company, attraverso un contratto di 25 anni contratto di esplorazione e sfruttamento.
All’inizio del 2000, ad una profondità di circa 600 metri sotto il livello del mare, la coalizione ha scoperto grandi quantità di gas naturale distribuito su due giacimenti, il più grande dei quali è il Gaza Marine Field, e l’altro è chiamato Border Field. le stime indicano che il Gaza Marine Field contiene più di un trilione di piedi cubi di gas.Gas naturale, con il potenziale di produrre gas a ritmi fino a circa 1,5 miliardi di metri cubi all’anno dai due giacimenti di gas insieme, come mostrato nella figura seguente figura.
Gaza è stata intralciata dalle sfide produttive e l’intransigenza israeliana:
A più di 20 anni dalla scoperta del giacimento di gas naturale Gaza Marine e fino ad ora, alcune cose hanno impedito alla Palestina di estrarre e produrre queste grandi quantità dalla regione e di beneficiare delle sue risorse, tra cui:
Alcuni problemi tecnici e costi elevati.
Politiche e interventi israeliani, che indicano gli sforzi dell’occupazione nei confronti della dipendenza della Palestina da essa nel campo energetico e della sua mancanza di indipendenza.
Mancata attrazione di investimenti in assenza di garanzie israeliane di non ostacolare le operazioni di sviluppo sul campo.
Shell International abbandona le operazioni nella regione.
Mancanza di orizzonte politico.
In aggiunta a quanto sopra, la mancanza di infrastrutture rende difficile lo sfruttamento del giacimento offshore di Gaza in termini di costi finanziari, e quindi sono necessari molti investimenti per trasformare il progetto del gas in realtà.
D’altro canto, le politiche e gli interventi israeliani hanno impedito alla Palestina di estrarre e produrre gas dalla regione e di beneficiare delle sue risorse, il che indica gli sforzi dell’occupazione verso la dipendenza della Palestina da essa nel campo energetico e la sua mancanza di indipendenza, come subito dopo la guerra. scoperta del Gaza Marine Field, iniziarono i negoziati tra l’Autorità Palestinese e la compagnia britannica BG, mentre il governo israeliano è un altro, per coordinarsi tra loro nel quadro degli accordi di Oslo, che danno ai palestinesi il diritto di estrarre ricchezza dalle terre che gli appartengono (gli Accordi di Oslo sono un accordo di pace firmato nel 1993 tra l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e Israele, concluso durante l’era dell’ex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton), ma allo stesso tempo dà all’occupazione israeliana il diritto di impedire la navigazione per qualsiasi motivo di sicurezza.
Le trattative prevedevano l’acquisizione degli acquirenti del gas palestinese, che sarebbe stato prodotto dal Gaza Marine Field, e poiché Israele a quel tempo era ancora un importatore di energia e non aveva fatto alcuna scoperta nei territori occupati, fu il primo candidato ad ottenere il scoperto il gas, desiderio espresso dalla società di produzione e distribuzione dell’energia elettrica israeliana.
Nonostante ciò, l’occupazione israeliana rimase un ostacolo allo sviluppo del Gaza Marine Field per ragioni di sicurezza. Con l’escalation dell’Intifada di Al-Aqsa nel 2000, Ariel Sharon, all’epoca Primo Ministro israeliano, si rifiutò di acquistare gas dal Gaza Marine Field. Poi sono intervenuti gli Stati Uniti americani, ma alla fine i tentativi sono falliti, falliti con il pretesto israeliano di impedire il finanziamento del terrorismo.
Nel 2006, con l’assunzione di un nuovo governo israeliano presieduto da Ehud Olmert, ripresero le trattative tra il governo israeliano e la società britannica BG (scopritrice del giacimento), ma Tel Aviv pose come condizione il passaggio dell’oleodotto che trasportava il giacimento gas del giacimento, il che le fa controllare le forniture di gas al settore Gaza, che è stato rifiutato dalla compagnia britannica. Da allora, ogni serio negoziato tra Palestina e Israele riguardo al giacimento offshore di Gaza si è interrotto. A complicare la questione è stato il controllo della Striscia di Gaza da parte del movimento Hamas nel 2007, oltre alla scoperta da parte di Israele dei giacimenti di gas Tamar e Leviathan con enormi riserve nel 2009 e nel 2010, che hanno aumentato la sua intransigenza riguardo ai negoziati sul campo, soprattutto con la sua trasformazione da paese importatore di gas naturale a paese esportatore.
La questione si è complicata nel 2015, quando Shell International ha acquisito BG Field, il ramo esplorativo della British Gas, in un accordo che fu descritto all’epoca come il più grande nella storia dell’industria del petrolio e del gas naturale, e la Shell divenne così proprietaria del diritto di sviluppare il giacimento di gas di Gaza Marine con una quota di circa il 55%, ma ha scelto di uscirne, a causa della difficoltà di sviluppare il giacimento e di sfruttare le sue risorse: nell’aprile 2018, infatti, il Palestine Investment Fund ha raggiunto un accordo con Shell International, prevedendo che si ritirerebbe dallo sviluppo il giacimento offshore di Gaza.
Dopo che la Shell ha lasciato la regione, l’Autorità Palestinese ha formato una nuova alleanza, con nuove quote, composta da:
Il Fondo d’investimento palestinese e la United Contractors Company condividono ciascuno il 27,5%.
Assegnazione del 45% a un’altra società di sviluppo.
Successivamente, è rimasta una situazione di mancanza di chiarezza riguardo allo sviluppo del Gaza Marine Field, fino a quando se ne è tornati a parlare dopo l’istituzione dell’Eastern Mediterranean Gas Forum alla fine del 2019 e l’adesione della Palestina.
La strategia israeliana riguardo al gas palestinese:
Secondo quanto sopra, la strategia israeliana riguardo al gas naturale palestinese si basa su tre fondamenti:
Lavorare per escludere dai negoziati la parte palestinese, rappresentata dal Fondo di investimento, che vigila sulla gestione degli investimenti dell’Autorità.
I palestinesi ricevono la loro parte dall’accordo sul gas marino sotto forma di beni e servizi, in modo che l’Autorità Palestinese non tragga beneficio dai ritorni finanziari attesi.
Imposizione del principio di sussidiarietà.
Proseguimento:
https://presskit.it/2023/10/30/palestina-ci-11-trilioni-piedi-cubi-gas-naturale-nelle-sue-acque-territoriali-uno-dei-motivi-della-guerra/
Integrazione
1. “Israele prova a mettere mano su giacimenti palestinesi: vi spiego cos’è la barriera protettiva”, di Francesco Amodeo per RadioRadio, 1 novembre 2023
Nelle acque territoriali palestinesi a largo di Gaza c’è un ricchissimo giacimento di gas naturale, il Gaza Marine. Israele da sempre prova a mettere le mani su quei giacimenti palestinesi ed in effetti in passato era stato firmato un accordo grazie alla mediazione di Londra e Washington che, di fatto, toglieva ai palestinesi gran parte delle entrate derivanti dallo sfruttamento di quei giacimenti, ma nel 2006 arriva al governo nella striscia di Gaza Hamas che respinge in toto quell’accordo definendolo un vero e proprio furto ai danni dei palestinesi.
Pensate che addirittura l’attuale ministro della difesa israeliano arrivò a dichiarare che mai più si sarebbero potuti sfruttare quei giacimenti senza prima portare a termine una operazione militare capace di sradicare Hamas dalla striscia di Gaza. Nel 2014 addirittura Abu Abbas dell’autorità nazionale palestinese si incontrò con Vladimir Putin per discutere la possibilità di affidare lo sfruttamento di quei giacimenti alla russa Gazprom e poco dopo, guarda caso, scoppiò la barriera protettiva. L’operazione barriera protettiva di Israele contro Gaza, una delle più forti operazioni che Israele abbia mai portato a termine contro Gaza, prima di quella attuale dell’ottobre 2023. Quindi nulla di più facile che quella operazione, serva anche per mettere le mani su quei giacimenti e vi racconto un ultimo dettaglio che ci chiama in causa, che chiama in causa l’Italia, infatti si è appena aggiunta a tutto questo un’altra notizia, Israele avrebbe affidato a l’Eni il mandato per esplorare a largo di Israele i giacimenti di gas naturale, una commessa importantissima per l’Eni arrivata, guarda caso, qualche giorno dopo che l’Italia si è astenuta dal firmare una tregua umanitaria su Gaza, una tregua ovviamente respinta da Israele.
Proseguimento con audio video:
https://www.radioradio.it/2023/11/israele-giacimenti-palestinesi-barriera-protettiva/
Commento
Da notare anche che l’azionariato ENI per il 50,8% è in mano a investitori istituzionali privati mentre lo stato italiano ha in mano il 32,4% , invece la ripartizione dell’azionariato per area geografica vede la parte italiana maggioritaria per il 54,3%, insomma, teoricamente l’ENI potrebbe ancora alzare su la testa nell’interesse nazionale italiano ma siccome praticamente lo Sgoverno Meloni è telecomandato dall’estero in tutto e per tutto e quindi che lo stato italiano abbia una maggioranza relativa del 32,4% sull’azionariato ENI non conta purtroppo un cazzo di niente, stessa identica cosa sarebbe avvenuta con lo Sgoverno Draghi, Conte Bis, Conte, Gentiloni, Renzie,ecc…… , chissà come mai……..!!
PS riferimenti:
https://www.eni.com/it-IT/chi-siamo/governance/azionisti.html
Per meglio unire i puntini. Seconda parte
“Pressioni sull’Egitto perché accolga i profughi di Gaza, il dilemma di Al Sisi
Secondo alcuni media, Israele propone di tagliare il debito pubblico dell’Egitto se accoglierà i civili di Gaza in fuga dai bombardamenti. Un’ipotesi fin qui inverosimile, ma le cose potrebbero cambiare”, Rainews, 1 novembre 2023
Secondo un post del sito israeliano Ynet, legato al quotidiano Yedioth Ahronot, Israele sta aumentando le pressioni sull’Egitto affinché accolga profughi civili palestinesi dalla Striscia di Gaza – cosa che fin qui il governo egiziano ha esplicitamente rifiutato di fare, dislocando anzi nelle ultime ore mezzi corazzati al confine con Gaza per prevenire l’eventuale fuga di cittadini della Striscia sul suo territorio.
Dopo l’inizio dei bombardamenti israeliani, Tel Aviv ha ordinato a tutti i residenti di lasciare il nord della Striscia di Gaza. Centinaia di migliaia di civili sono fuggiti nel sud della Striscia, dunque verso il confine con l’Egitto, in condizioni che le agenzie delle Nazioni Unite definiscono “catastrofiche”, e premono sul valico di Rafah che al momento resta chiuso – salvo l’ingresso di alcune decine di camion di aiuti strettamente sorvegliati da Israele.
Ynet sostiene che il governo israeliano avrebbe contattato più leader internazionali per convincere il presidente egiziano Al Sisi ad accogliere gli abitanti di Gaza – o parte di loro – nella parte egiziana della penisola del Sinai, zona peraltro deserta e priva di infrastrutture.
Una delle ipotesi avanzate da Tel Aviv prevederebbe di cancellare parte del consistente debito pubblico dell’Egitto attraverso la Banca Mondiale, in cambio del sì alla proposta. Un altro scenario, più limitato, vedrebbe l’Egitto ospitare i civili palestinesi feriti in un ospedale da campo allestito nel Sinai dopo averli trasferiti via mare.
Gideon Rachman, collaboratore del Financial Times, considera plausibile lo scenario di un accordo. “Le mie fonti a Riad dicono che gli egiziani ci potrebbero stare”, scrive in un commento: “Sono in bancarotta, hanno già 100 milioni di persone, che cosa sarebbe un altro milione?”.
Come è intuibile, per Israele la soluzione più radicale alla fine della guerra sarebbe sgomberare la Striscia di Gaza dei suoi residenti, “esportando” il problema altrove – come avvenuto altre volte nel corso della storia, quando milioni di palestinesi hanno dovuto cercare rifugio all’estero, in particolare nei Paesi limitrofi come Giordania, Libano e Siria. Uno dei maggiori ostacoli all’ormai sepolto “percorso di pace” tra Israele e palestinesi è stato proprio il problema del “diritto al ritorno” dei profughi nelle loro terre da decenni abbandonate e occupate.
Rispetto a questo scenario ipotetico, anche a prescindere dall’impatto drammatico che potrebbe avere la colossale fuga in Egitto di due o più milioni di profughi palestinesi, va anche considerato che il presidente egiziano Al Sisi ha tutt’altro che un buon rapporto con Hamas e con tutti i movimenti che si ispirano al cosiddetto “Islam politico”.
Nel luglio 2013, l’allora generale Al Sisi prese il potere con un colpo di Stato militare deponendo il governo legalmente eletto guidato da Mohamed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani dichiarati subito fuori legge. Ne è seguito un periodo di arresti e purghe contro gli islamisti e da allora la politica egiziana si è ritagliata il ruolo internazionale di argine al fondamentalismo jihadista.
Vicini alla corrente politica dei Fratelli Musulmani, anche per ragioni di convenienza nel complesso gioco delle egemonie regionali, sono invece la Turchia di Erdoğan e il ricco Qatar, uno dei maggiori finanziatori di Hamas.
Certo è che la creazione su territorio egiziano di un enorme campo di profughi palestinesi, molti dei quali inevitabilmente radicalizzati se non proprio legati ad Hamas, sarebbe per l’Egitto di Al Sisi un evento potenzialmente devastante.
Tuttavia, secondo media arabi, l’Egitto ha invitato al Cairo delegazioni di Hamas e delle altre fazioni palestinesi per discutere la situazione di Gaza, con particolare riferimento al problema umanitario e alla questione degli ostaggi. Un funzionario egiziano ha aggiunto che si sta anche valutando di stabilire una rappresentanza permanente di Hamas al Cairo, “anche in considerazione dei tentativi di Israele di spingere i residenti di Gaza verso il confine egiziano”.
La politica di Al Sisi in questi giorni si muove dunque in uno spazio di manovra molto stretto, con l’obiettivo primario di alleviare la crisi umanitaria per impedirle di tracimare sul proprio territorio e di tenere aperte le comunicazioni con Hamas senza lasciare che metta radici proprio in Egitto.
Ma la sua posizione geografica ne fa il destinatario principale delle crescenti pressioni internazionali, che anche attraverso la leva finanziaria potrebbero convincere il presidente egiziano a concessioni fino a ieri impensabili.
Riferimento:
https://www.rainews.it/articoli/2023/11/pressioni-sullegitto-perche-accolga-i-profughi-di-gaza-il-dilemma-di-al-sisi-3ba94b7c-f88b-4502-964e-6cc97469a8f9.html
Per meglio unire i puntini. Prima parte.
Tel Aviv: “Vogliamo più terra per Israele”, Maurizio Torti per Sovranità Popolare, 1 novembre 2023
L’intercettazione e la pubblicazione dei piani segreti di Israele, in merito alle strategie di guerra contro la popolazione palestinese residente nella Striscia di Gaza, sembra aver suscitato molto clamore. Svelato il segreto più studiato al mondo.
Il documento segreto è stato pubblicato, una settimana dopo l’attacco di Hamas, dal media israeliano Mekomit.
Lo stesso documento è stato analizzato da un funzionario del Ministero dell’Intelligence ed è stato dichiarato autentico. 10 pagine in cui delineava l’espulsione della popolazione palestinese di Gaza nel nord del Sinai, in Egitto.
La strategia era definita in 4 importanti fasi:
1. Ordinare ai civili palestinesi di lasciare il nord di Gaza prima delle operazioni di terra;
2. Operazioni terrestri sequenziali (raid bombardamenti) dal nord al sud di Gaza;
3. Lasciare liberi i corridoi attraverso il valico di Rafah;
4. Costruire tendopoli nel nord del Sinai e costruire città per reinsediare i palestinesi in Egitto
Dopo la pubblicazione e l’intervento dell’intelligence di Tel Aviv, Mekomit che originariamente ha pubblicato il documento riferisce che i documenti del Ministero dell’Intelligence sono consultivi e non vincolanti per l’esecutivo.
Qui il link al documento completo (in ebraico)
La pubblicazione del documento ha certamente influito sulla questione palestinese, da oltre mezzo secolo storici, analisti e alcuni giornalisti hanno denunciato questa strategia in modo chiaro dal 1987 con l’inizio dell’Intifada, la rivoluzione palestinese.
Nei primi mesi dell’Infidada palestinese contro l’occupazione israeliana, Rabin, in quegli anni Ministro della difesa di Israele, ordinò ai militari: “Ai palestinesi bisogna spezzare le braccia e le gambe”.
Rabin comprese dell’impossibilità di spegnere la rivolta palestinese contro l’occupazione israeliana e nel 1992, rieletto primo ministro e promotore di un processo di pace israelo-palestinese firmò diversi accordi storici con la leadership palestinese nell’ambito degli accordi di Oslo. A Rabin nel 1994 gli viene assegnato il Premio Nobel insieme a Peres e Arafat. Nel novembre del 1995 è stato assassinato da un estremista di destra di nome Yigal Amir, un fanatico? NO, la mano degli oppositori agli accordi di Oslo.
Nei primi 36 mesi mesi di Intifada, negli anni dal 1988 al 1991, Israele ha testato ogni tipo di arma per fermare i palestinesi, ha effettuato migliaia di arresti, costruito nuove carceri nel deserto del Sinai, abbattuto migliaia di case, ucciso, torturato, ricattato, espulso centinaia di migliaia di palestinesi che non hanno riconosciuto il diritto al ritorno.
In quegli anni, l’IDF, i servizi segreti e gli squadroni della morte dei settlers, coloni, hanno sistematicamente reso la vita quasi impossibile per ogni cittadino palestinese. Per anni la popolazione palestinese veniva”governata” da leggi militari”, dalla produzione di pomodori al diritto all’istruzione. Elencare tutt le forme di repressione adottate da Israele contro i palestinesi è un’opera immensa e qualcuno un giorno lo farà, perchè tutto e documentato, la memoria non puoi arrestarla e non è possibile cancellare l’identità di un popolo.
Solo alcune delle politiche attuate da Israele fanno comprendere il reale obiettivo di Israele: “vogliamo più terra per Israele con il minor numero possibile di arabi dentro”.
Alcuni esempi di leggi repressive.
Il divieto di costruire edifici a due piani, in vigore nei territori occupati della Palestina, poi rimosso, non era una legge militare per rispondere alla sicurezza nazionale ma un piano architettato per erodere l’economia locale, essendo i palestinesi grandi coltivatori e con famiglie numerose, con il passar del tempo, costruendo una casa per i propri figli, ben presto non hanno avuto più terra da coltivare.
La costruzione illegale degli insediamenti, basta vedere una semplice cartina, (qui interattiva) sono tutti posizionati in luoghi strategici, snodi stradali importanti, sulle alture delle colline e hanno completamente circondato quei restanti fazzoletti di terra che le organizzazioni internazionali hanno definito territori palestinesi.
Da segnalare, l’assemblea Generale delle Nazioni Unite riconosce alla Palestina lo status di Stato non membro Osservatore Permanente.
Dal 1988 al 2000, i coloni israeliani utilizzavano per i trasferimenti in automobile le strade palestinesi, lentamente, Israele ha modificato la morfologia di questi territori, oggi i palestinesi, quando, autorizzati da Israele, possono spostarsi in automobile, sono costretti a percorrere le strade, se ci sono, l’unica alternativa sono le strade percorse abitualmente dai coloni.
Israele è stato denunciato, con ampia e provata documentazione, da Amnesty International, di attuare politiche di apartheid nei confronti del popolo palestinese.
Oggi gli insediamenti dei coloni, sul territorio della Palestina, definiti dalla Nazioni Unite illegali, sono un problema ma non irrisolvibile.
Ancora oggi, la magior parte dei politici italiani e internazionali alla domanda: come si può risolvere il conflitto israelo-palestinese?
La risposta: “Emh… ma … la situazione è complessissima”.
La verità è un’altra, la soluzione contrariamente come narrano i media internazionali è assolutamente semplice, ritiro delle forze militari di occupazione israeliane entro i confini del 1967. Smantellamento di tutti gli insediamenti illegali costruiti sul territorio della Palestina.
Creazione di uno Stato di Palestina sovrano, con Gerusalemme Est la sua capitale, con propri confini, con possibilità di sviluppare un propria economia, lavorare la propria terra ed avere una continuità territoriale con la Striscia di Gaza. In questo caso la continuità territoriale con la Striscia di Gaza può essere realizzata semplicemente con una strada veloce che passa nei territori di Israele ma con l’obbligo del tragitto solo da o verso Gaza. L’esempio da studiare è il vecchio “Transit” che si percorreva per raggiungere Berlino, quando cera il muro.
I vari leader israeliani, insieme a i palestinesi hanno firmato numerosi accordi, avviato negoziati nel formato di 3, 4 e 5, chi dice che sono falliti dice il falso, perchè Israele non ha mai espresso una politica favorevole ad uno Stato riconoscendo pari diritti per ogni suo cittadino e non ha mai espresso la volontà politica di accettare la creazione di un Stato di Palestina.
In sintesi, Israele risponde sempre NO! L’obiettivo strategico è: “vogliamo più terra per Israele con il minor numero possibile di arabi dentro”.
Fonte con Riferimenti:
https://www.sovranitapopolare.org/2023/11/01/il-progetto-della-pulizia-etnica-di-israele/
Capisco sia difficile riconoscere di aver sbagliato fin dall’inizio affermando che Israele non sapesse. Ma non credo che lei ormai non la pensi diversamente.
Qual è il disegno generale? Far scoppiare una guerra di vasta portata in tutta l’area. Allora ci voleva un evento unico per ‘giustificare’ (almeno sulla carta) una risposta molto violenta. Guarda caso quell’evento si verifica proprio ora quando ormai la guerra Ucraina è persa.
La risposta poi è di una ferocia e sproporzionatezza unica … sembra fatta apposta per indurre altri ad entrare in difesa dei palestinesi.
E’ strano che l’esercito (Netanyahu) abbia ammazzato la sua popolazione? Tutt’altro. Netanyahu odia gli ebrei quanto odia i palestinesi. Inoltre più morti israeliani maggiore è l’indignazione.
l’ 11 settembre ha insegnato molto a molti.
inavvertitamente ???
Premeditatatmente !!!
Cosi si prendono due piccioni con tanti morti !
Si puo attaccare e macellare e far credere che sia una ritorsione !
Comincio a pensare che forse ( senza il forse ) Hitler fosse ebreo di una tribu e abbia voluto sterminare le altre perche impure !
se leggi il mein kampf c’e’ scritto proprio quello che hai detto. Voleva sterminare la tribù dei giudei.
Il mio amico è favoloso, si chiama semplicio sempliciotti. Crede che gli stati ricerchino il benessere comune, in special cura dei poveri, gli indifesi. Crede che sia equo e generoso e non abbia riguardo per caste politiche, inservienti sguatteri
di stato invero,non li punisca dei loro errori, spesso mortali. Crede che i conflitti li risolvano con diplomazia e sia temuto dalle famiglie degli armigeri, pena la confisca dei siti produttivi. Sanno di non poter vendere a ladri, assassini ucraini, stragisti israeliani, pena la defenestrazione e perdita del seggio all’Onu. Sanno che in recidiva, sarebbero puniti in modo esemplare. Non spargerebbe bombe, fosforo, napalm.Non infiltrerebbe sue creature terroristiche nelle intelligence, nelle strutture dello stato. Non ci sarebbero delle Elites che lucrano sulla quasi totalità della popolazione, complice la corruzione sistemica e l’ignavia della polizia impegnata a reprimere i furti di polli. Il mio amico, credo viva in un altra Biosfera.
Nel villaggio globale, tutti conoscono tutti. Uomini del mossad sono in Hamas e viceversa, Uomini del Kgb son nella Cia e e viceversa.Avete visto il capo della Wagner: un Nazista in testa alla russia. Sono cavalli che galoppan bene e chi paga bene ne puo’far uso. Inoltre, se tocchi il mio cavallo, il tuo ne avrà malanno…
Le guerre odierne, son giusto liti fra suocere e nuore. Peccano che amazzino i civili indifesi i Bimbi.. La CIa, ha disinvoltamente assoldato l’ex Gestapo,criminali stragisti, boia, fornendo protezione in veste anti Urss. DIcevano. Non ideologicamente, certo, ma per Denaro. Sempre e solo denaro. Haas e Mossad, si chiamano Giano ed è un dio a Gaza
Mi chiamo Joe Martin in Loockh ed e son il piu’ grosso fabbricante di morte, armi. Il mio interesse è venderle a giuseppe e ad Alì.Poi, in condominio, le liti scappano, specie se uno è islamico e l’altro ebreo. Se a spararsi addosso, si fan male, non ho colpa io. Se mi chiedon altre armi, munizioni per il resto della famiglia, certo non ne ho colpa. Quando son morti, la fornitura me la saldano moglie e figli dei due e pagan la ricostruzione del Condominio, Mio. Il contratto parla chiaro. Son il pi’ grande al mondo ho i migliori avvocati. Eppoi san tutti che son un gran Fi…lantropo!
In Israele Hamas ha hamasato i civili e i servizi segreti non sapevan nulla. In Italia le Br han amasato Moro e i servizi segreti non sapevan nulla. Gli Usa son sempre colti alla sprovvista, nonostante Cia. Devo piangere, rider? Unisci tutti i puntini dello Schema. L’11 settembre, i servizi non sapevano nulla, nemmeno la Cia. Ritenta dai…