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Il lungo viaggio dall’India al Bharat

Non siete mai stati nel  Bharat? Probabilmente no e soprattutto la quasi totalità delle persone non sa dove sia. E’ pur vero che se si adottasse un alante muto, ovvero senza scritte e indicazioni, come quelli che venivano usati un tempo lontano alle scuole medie, vedremmo fior di plurilaureati col sistema Bologna, ovvero col sistema americano, che non saprebbero  indicare dov’è l’Ucraina e probabilmente nemmeno l’Italia, ma il Bharat è un Paese molto grande ed è soprattutto una delle due nazioni più popolate della terra: da sola fa un sesto dell’ecumene umano, ha molti più abitanti dell’Europa e del Nord America messi insieme  e dunque non sapere dove sia potrebbe essere imbarazzante anche per tempi come i nostri le cui coordinate sono più rozze di qualsiasi pazzo atlante mai prodotto, Inoltre il Bharat ha una delle più antiche culture umane e produce luoghi e pensieri affascinanti.

Forse il fatto che non ne sappiamo nulla è che questo intricato ed enorme Paese lo conosciamo  col suo nome occidentale. ovvero India e probabilmente non ci sarebbe nulla di male perché si tratta di un nome antico che circola dai tempi di Alessandro Magno il quale  indicava la regione del fiume Indo ( in persiano  Hendu e in sanscrito Sindhu) ma che col tempo è diventato sinonimo di Asia, anche se Marco Polo aveva dato notizia di un altro grande impero con una cultura affatto diversa e con abitanti  dai tratti non caucasici ( gli indiani del Nord sono scuri di pelle, ma tuttavia appartengono al nostre stesso aggrovigliato Etnos). Disgraziatamente il termine è anche quello usato durante la dominazione coloniale inglese che ha fatto direttamente o indirettamente milioni di morti e ha palesemente dimostrato come una cultura rozza e approssimativa possa avere la meglio su una molto più raffinata. Almeno per un certo periodo di tempo.

Capisco che a questo punto i lettori siano disorientati da questa lezioncina che appare inutile. Ma non lo è affatto perché l’evento di cui parliamo è che al G20 per la prima volta in assoluto nella storia, l’India ha cessato di esistere e si è presentata col suo nome originale di Bharat. Probabilmente agli italiani così avidi di parlare a proposito e sproposito nella lingua del padrone e sono sempre ad esercitarsi in inglesing, mentre fanno running, jogging, shopping, scoping, gaming, driving, counseling  e quant’altro che riempirebbe dieci pagine, cercando di dominare tutta questa soverchiante fantasia linguistica, parrà strano  e inconcepibile che il cambio di nome sia una delle più potenti mosse di decolonizzazione che segna un mondo orientale in ascesa e un “sud globale” che si sta finalmente risvegliando in massa per ripudiare i legami con l’Occidente, sia fisici, psicologici e spirituali, che lo hanno incatenato per così tanto tempo. Nel 2014, il famoso yogi Sadhguru ha spiegato perfettamente l’importanza di  adottare il  nome autoctono rispetto a quello impostogli dai colonizzatori: “Quando qualcuno ti conquista, la prima cosa che farà sarà cambiarti nome. Questa è la tecnica del dominio, la tecnica della schiavitù”.

Ci sono alcuni che non riuscendo ad uscire dai sentieri della banalità occidentale e del suo vacuo bon ton, credono che il nuovo cambiamento di atteggiamento sia un cambiamento pericoloso nel movimento nazionalista indù e potrebbe innescare repressioni contro le minoranze etniche. Ma questo non capita solo in India comprende un movimento più ampio di liberazione di persone in tutto il mondo, che finalmente testimoniano la caduta dell’Occidente e che non hanno più paura di abbracciare le proprie realtà storiche, prendendo il controllo delle proprie azioni e del proprio destino. Per esempio la Turchia ha cambiato il suo nome in Türkiye dopo che per un secolo era solo un “tacchino” per gli imperialisti di Washington.  E d’altra parte chi vede con sospetto questo cambiamento è spesso anche chi si adonta se viene usata una parola russa e non del dialetto ucraino e sta  attentissimo a non scrivere Kiev, ma  Kyïv. Che dire, fucking yourselfing che sarebbe perfetto.

Questi cambiamenti segnano un importante punto di svolta nella coscienza globale: l’Occidente non è mai apparso più fragile, più privo di idee mentre ancora pretende  la leadership del mondo,  non è mai sembrato più dalla parte sbagliata della storia, con il suo terrorismo economico disumano e onnipresente, dentro il quale oltre  un quarto dei Paesi del mondo è  attualmente sotto sanzione da parte degli Stati Uniti, per non parlare poi dell’aberrante ingegneria sociale che si tenta di imporre in maniera coercitiva. Il primo ad accorgersi di questo fu a suo tempo Alexander Dugin, non a caso punito dai nazisti di Kiev, Washington, Londra con l’uccisione della figlia Il  pensatore russo spazzava via l’idiozia di Fukuyama sulla fine della storia che si sarebbe realizzata con la caduta dell’Unione Sovietica, e con  il “liberalismo” neoliberista innalzato come destino escatologico finale. Questo pensiero infantile e tuttavia crudele si sta infrangendo e lo stesso G20 ha dato un colpo di grazia rifiutando di  condannare la Russia e di dichiarare il conflitto ucraino come una “aggressione” da parte di Mosca. 

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