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Oro alle stelle: l’imperialismo del dollaro è agli sgoccioli

L’ultimo scorcio del 2022 ci ha regalato un evento singolare  per le sue dimensioni, una vera e propria corsa all’oro da parte delle banche centrali. Si sa che i metalli cosiddetti preziosi e l’oro in testa, subiscono grandi variazioni di valore e di appetibilità a seconda dei momenti economici, ma in questo caso per trovare un paragone alla febbre dell’oro che si è scatenata bisogna risalire di 55 anni indietro e precisamente al 1967. Non una data qualsiasi, ma l’anno in cui l’amministrazione Johnson cominciò a cercare un rimedio per il dollaro: siamo nel periodo in cui gli americani impegnati allo spasimo nella guerra del Vietnam cominciarono a capire che non sarebbe stato  più possibile garantire la convertibilità dell dollaro in oro a causa delle enormi spese causate dal conflitto in cui cercavano di prevalere gettando nel conflitto un numero enorme di mezzi,. Dunque iniziarono a studiare una via d’uscita che verrà poi annunciata il 15 agosto del ’71 dal presidente Nixon. In pratica fu stabilita la fine della convertibilità del dollaro in oro sui cui si era basata tutta l’economia occidentale dalla fine della guerra in poi. La data dell’annuncio fu scelta affinché l’evento passasse il più inosservato possibile visto che non era soltanto una notizia economica, era la notizia di un golpe effettuato dagli Usa ai danni di tutto il mondo e in primis dei suoi alleati – servi.

Il precedente sistema, detto di Bretton Woods, faceva certo degli Usa il dominus dell’economia monetaria mondiale visto che il dollaro era l’unica valuta convertibile in oro e anche l’unica divisa  di riferimento per gli scambi. Essa  tuttavia  conservava un aggancio e una garanzia a un valore esterno che era appunto quello del metallo giallo: con la fine della convertibilità, ma non del riferimento unico per gli scambi, comincia per l’occidente e per tutti una sorta di cattività americana in cui il dollaro si trasforma da moneta egemone quale era in  una vera e propria moneta tirannica il cui valore venina  di fatto legato più che all’economia usa propriamente detta, alla rapine di risorse e alla minacce militari per attuarle. E’ proprio in quel momento che comincia l’ascesa del neoliberismo come parte di una politica imperiale e di un sistema  in cui si fa sempre più evidente la divergenza  tra economia reale non più essenziale alla tenuta della moneta verde ed economia finanziaria.

Dunque si può  ipotizzare che l’attuale febbre dell’oro, certo letteralmente scoppiata negli ultimi mesi del 2022, ma in realtà in essere da qualche anno, preannunci un nuovo cambio di paradigma, tanto più che la direzione del metallo prezioso ha completamente invertito la polarità e oggi viaggia da ovest verso est:: è in ogni caso un sintomo della sempre più scarsa credibilità delle valute di riserva, vale a dire il dollaro stesso e come succedanei l’euro e lo yen giapponese almeno per quanto riguarda il quadrante asiatico. Una spia di questa situazione sta nel fatto che nonostante i tassi di interesse ormai allettanti stabiliti dalla Fed, i fondi di investimento americani non abbiano incontrato i favori del mercato. Il fatto è che i Brics+ stanno istituendo un ente con sede a Mosca per la regolamentazione del mercato dell’oro e soprattutto stanno mettendo a punto una nuova moneta di scambio che non appartiene ad alcun egemone, ma si presenta come un’unità di conto studiata per mantenere in equilibrio gli scambi internazionali e bassata su assets reali, tra cui l’oro e altri elementi rari. Viene così ripresa l’ idea di Keynes per la creazione del “bancor”, ovvero di una divisa senza padrone, presentata proprio durante le negoziazioni a Bretton Woods, che naturalmente fu ritenuta intelligente, ma  lasciata da parte perché ciò che interessava era la creazione dell’impero. E’ fin troppo chiaro che questa iniziativa dei Brics che, conclude il primo capitolo del mondo multipolare, avrà un enorme successo, specie dopo il furto dei dollari russi perpetrato dai ladri occidentali disperati per non riuscire ad abbattere la Russia  e di fatto isolerà l’occidente nella sua bolla di presunzione e di economia di carta. In ogni caso decreterò la fine della creazione di denaro dal nulla.

Questo processo di spostamento dei gangli vitali dell’economia era cominciato  più o meno da un decennio e si presentava come concreto successore del dollaro, visto il debito stratosferico degli Usa, la totale discrasia tra i valori azionari nominali e quelli reali a cui si aggiungeva l’assoluta debolezza dell’euro, salvato per il ritto della cuffia e a costo di gravi danni portati a gran parte delle economie europee. Perciò si può anche supporre che  l’aver suscitato  la guerra in Ucraina sia stato un disperato tentativo di far saltare l’economia alternativa che si stava creando. Ma ancor di più si capisce come le oligarchie di comando, in gran parte nordamericane,  abbiano deciso di far fallire l’Europa in questo tentativo di  fermare i nuovi assetti dell’economia mondiale, perché la prima vittima di una moneta internazionale sarebbe proprio l’euro e dunque anche le politiche contro il lavoro e contro il welfare che la moneta unica permette.

 

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