Se uno si informa presso tutti i grandi media europei apprende alcune cose: che Putin e la Russia stanno perdendo la guerra in Ucraina, nonostante abbiano conquistato e annesso alla alla madre patria 120 mila chilometri quadrati di territorio. Apprende anche  – parole dell’omen omen Stoltenberg –  che” se Putin vincesse sarebbe una sconfitta per tutti noi”, laddove  non si capisce bene chi sia quel noi, se i popoli europei oppure il gruppo di mentecatti  che le oligarchie di comando hanno messo a governare il continente e la Nato. Insomma nel complesso si ha l’idea che l’Europa, sia pure come appendice dell’alleanza atlantica, stia vincendo e che comunque deve sacrificare ogni cosa per prevalere contro la Russia. Davvero sembra di stare leggendo un mediocre romanzo dove i protagonisti agiscono fuori del tempo e dicono sciocchezze prive di senso. Se si pensa che proprio pochi giorni fa l’Opec + ha deciso di diminuire la produzione di petrolio di due milioni di barili al giorno,  andando direttamente contro le richieste degli Usa e favorendo l’alleanza Russia – Cina, vuol dire che i sacrifici europei per ottenere il crollo economico della Russia – unica speranza di possibile vittoria  – sono del tutto inutili, per non dire ridicoli  perché intervengono in una situazione nella quale l’occidente ha perso la capacità di dominio sul resto del mondo che è essenziale per l’efficacia delle sanzioni..

Questa consapevolezza purtroppo sfugge anche a gran parte della popolazioni  abituata. si potrebbe dire da secoli, a ritenere di poter costringere tutti gli altri a fare ciò che dicono i governanti occidentali: è la trappola storicamente riscontrabile in altre situazioni che di solito accelera  il declino in atto. E infatti i pacchetti di sanzioni UE sta contribuendo ad accelerare ulteriormente questo sviluppo di distacco di molti Paesi dalle politiche occidentali.  La diminuzione del petrolio disponibile in termini generali,  genererà un effetto domino per cui  gli Usa dovranno limitare le esportazioni di gas e oro nero, lasciando l’Europa rimarrà col cerino in mano, senza nemmeno quel po’ di energia necessaria al suo sistema produttivo ancorché acquistato a prezzi molto più alti di quelli bassi e fissi della Russia. Se ne è accorto persino il primo ministro belga Alexander De Croo, un ennesimo “giovane leader mondiale” preparato dal Wef: “rischiamo la massiccia deindustrializzazione del continente europeo e il lungo termine le conseguenze di ciò potrebbero essere davvero molto profonde. Le nostre popolazioni stanno ricevendo bollette completamente folli. Ad un certo punto si spezzerà. Capisco che le persone siano arrabbiate…” E  naturalmente accenna al fatto che si potrebbero avere delle reazioni “populiste”.  Ben detto:  questo brillante idiota ( tutti i polli creati in batteria devono esserlo perché non si accorgano della matrice in cui navigano) non ha alcun sospetto sul fatto che è proprio la rovina controllata di un’economia non più sostenibile ciò che si propone l’oligarchia occidentale di cui il Wef è uno dei portavoce. E mentre lo stolto Stoltenberg fa la sua propaganda di guerra nel comodo bunker formato dai media obbedienti,  il presidente Vladimir Putin ha trovato il tempo per incontrare il presidente degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Mohamed bin Zayed al-Nahyan, per discutere una serie di questioni nazionali e internazionali da discutere: un cambiamento epocale per il Medio Oriente.  Tutto cambia, solo la stupidità è immutabile.

Del resto siamo nello stesso contesto nel quale mentre uno dei massimi dirigenti di Pfizer dice a una audizione del parlamento europeo che “non ci sono mai stati dati scientifici che dimostrino che il trattamento con mRna limiterebbe la trasmissione del virus”, la commissione europea ribadisce la censura al dine di promuovere le vaccinazioni.

A questo punto possiamo spingerci a fare delle previsioni sulla fine della guerra in Ucraina: essa durerà fino a che il grosso del sistema produttivo europeo non sarà collassato e ciò che sopravvive non sarà saldamente nelle mani delle elite nordamericane che ormai si sentono più al sicuro con  la rovina europea non comprendendo di essere ormai sempre più isolate: diciamo che forse marzo del prossimo anno potrebbe essere  una prima data immaginabile per celebrare la pace e commemorare l’Europa.