Cinque giorni fa a Quintana un centinaio di chilometri a sud di Houston è scoppiato un incendio in uno dei più grandi impianti statunitensi di produzione di gas naturale liquefatto per l’esportazione. E questo ha immediatamente fatto alzare i prezzi del gas a livello mondiale, ma in particolare in Europa dove il rialzo è stato del 13 per cento. Questo dimostra quanto sia labile e folle progetto europeo di sostituire il gas russo a basso costo e con contratti a lungo termine, con un prodotto  già all’origine molto più costoso perché derivante da tecniche come il fracking, cui va aggiunto il costo della liquefazione, del trasporto, della rigassificazione e della distribuzione secondo linee del tutto nuove.  Ma anche gli ammortamenti per la realizzazione di decine di nuovi impianti per i quali occorreranno molti miliardi che verranno tolti dalle tasche dei cittadini, già saccheggiate dall’inflazione. E più crescono gli impianti, più ovviamente crescono le possibilità di incidenti anche banali ( e avvengono assai spesso)  che tuttavia portano i prezzi alle stelle. La cornice di tutto questo è che comunque gli Usa non sono in grado di fornire che il 15% del gas russo mancante  o anche meno viste le incertezze insite nella produzione da fracking. Questo senza contare le sorprese geopolitiche come è avvenuto proprio in questi giorni a causa del cambiamento di atteggiamento della Spagna (una sorta si sub suicidio rispetto a quello europeo) che è passato ad appoggiare il Marocco contro l’Algeria nella disputa sul Sahara occidentale , provocando le reazioni di Algeri che ha stracciato un patto di ventennale di amicizia con Madrid: e questo ha di nuovo fatto salire i prezzi del gas.

Per il petrolio si possono fare considerazioni diverse, ma tutte egualmente convergenti verso il disastro. In questo caso non è solo il pezzo in sé a entrare in gioco, ma anche altre considerazioni nelle quali entra anche la qualità del petrolio che non è affatto uguale dappertutto: quello degli Urali è l’ideale per ricavarne diesel o avio, ovvero il carburante principale per il trasporto merci, mentre altri tipi di oro nero non si prestano così facilmente a questo scopo ed è una delle ragioni per cui gli Usa hanno aumentato l’importazione di petrolio russo, dopo che l’Europa ha posto le sue folli sanzioni a Mosca. Il fatto è che non è per niente facile cambiare prodotto: in decenni  nei quali l’Europa ha potuto godere di petrolio degli Urali a basso costo e di eccellente qualità, i suoi impianti di raffinazione si sono via via adattati alla lavorazione di questo petrolio e ora andrebbero completamente ristrutturati con spese di centinaia di miliardi, cosa che ovviamente non viene detta al grande pubblico. Ci sono petroli vicini come tipo a quello degli urali, ma proprio per la qualità sono più costosi e diventeranno costosissimi, senza peraltro eliminare del tutto la necessità di ristrutturazioni negli impianti.

Ora è fin troppo ovvio che la prosperità europea è in gran parte dovuta all’energia a basso costo che il continente importava a fiumi essenzialmente dalla Russia visto che le condizioni erano eccezionalmente favorevoli: l’estrazione del petrolio o del gas dai giacimenti russi è facile e dunque a buon mercato, i prodotti energetici possono essere trasportati attraverso oleodotti che è il metodo meno costoso possibile e infine perché ai russi faceva gioco fare sconti notevoli a fronte di contratti a lungo termine che permettevano di programmare gli investimenti. Ora tutto questo è stato buttato all’aria con il pretesto della guerra in Ucraina, ma erano anni che gli Usa avevano fatto comprendere la loro contrarietà al Nord Stream 2 e che mettevano in forse le fonti stesse delle capacità industriali europee. Dopo due anni di falsa pandemia che ha fatto diminuire i redditi reali del 5% a causa di misure inutili, anzi estremamente dannose per la salute, questa rivoluzione per tenere il punto su sanzioni che fanno solo il solletico alla Russia e anzi quasi quasi l’aiutano con l’aumento dei prezzi energetici a guadagnare di più, nonostante le quantità momentaneamente ridotte di vendite, sembra piuttosto un piano appositamente architettato per impoverire il continente. Nè è possibile accettare l’idea ancora più pazza che queste fonti di energia possano essere sostituite tout court dalle fonti rinnovabili che sono ancora tecnologicamente interessanti come integrazione, non come produzione principale, vista la loro imprevedibilità e /o i loro limiti. Non posso pensare che esista gente talmente stupida da spararsi ai piedi e probabilmente anche più in alto perché forse una pallottola di rimbalzo potrebbe ferire di striscio l’avversario; per questo si può pensare che la morte economica e dunque anche politica del continente faccia parte di un intento deliberato che di certo non nasce da dentro, ma è il risultato del drogaggio da parte del neoliberismo di marca americana. Del resto anche la crisi alimentare come tenterò di spiegare con un altro post è stata lucidamente innescata. Siamo ormai  diventati gli hikikomori della storia, gente per gran parta socialmente morta che chiede solo la paghetta e non vuole prendere parte al proprio futuro.