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Fino a quando crederemo alle loro menzogne?

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Chissà se è un segnale incoraggiante il cauto ravvedimento della stampa che si traduce nell’invito al dialogo di Flores d’Arcais preoccupato che  “una volta finito il conflitto, a sinistra non rimangano solo le macerie delle attuali rotture”, in larga parte  prodotte  da agenti provocatori  come lui, alla stregua di forzanovisti che si infilano alle manifestazioni di chi sta rinunciando al salario in difesa anche dei suoi diritti, che abusano della denominazione di “sinistra” a proposito di fanatici della repressione pandemica, dell’interventismo armato, della riformabilità dell’Europa, a sostegno dell’opera di delegittimazione di ogni forma   di critica e, in sostanza, di pensiero autonomo.

O che si materializza  nella compunta riflessione del cronista di MicroMega che a sorpresa ci rivela che quelli di Azov, battaglione arruolato a pieno titolo nell’esercito regolare ucraino, non sono “bravi ragazzi”.

O che, sia pur con riluttanza, costringe la Repubblica a non oscurare il sondaggio di Demos commentato da Ilvo Diamanti secondo il quale almeno un italiano su 4 diffida della narrazione della stampa “sugli orrori” commessi dai russi, che la quasi metà degli italiani ritiene l’informazione sul conflitto “distorta e pilotata”, consolandosi con la certezza che si tratti di un approccio “negazionista”, quasi complottista,  “particolarmente estesa nelle componenti che si collocano più a destra”, mentre “gli elettori del Pd affermano, in gran parte, di credere alla rappresentazione della guerra proposta dai media”. O il fatto che la Stampa e poi l’Espresso recuperino dalla recente rimozione in naftalina e reinseriscano tra il materiale di archivi le inchieste sul neonazismo endemico in Ucraina.

E siccome è improbabile che qualcuno commissioni a Demos una rilevazione dul gradimento che gli italiani riservano al presidente del consiglio, possiamo ipotizzare che comunque abbia un certo peso la percezione della loro risposta alla scelta morale: condizionatore o pace, spese militari o sanità.

Per il momento anche senza arrivare agli estremi di Gramellini o di Minzolini con il loro pubblici tributi che aggiungono ai valori della guerra giusta, il riconoscimento dei coraggiosi brigatisti di Azov repentinamente arruolati tra i partigiani delle bandiere più sacre, vige ancora la regole secondo la quale è inammissibile, immorale e pure maleducato esprimere giudizi avventati quella qualità democratica del popolo ucraino che ha sopportato virilmente un golpe, sanguinose lotte incivili, la persecuzione di una minoranza, l’estromissione dal parlamento dei partiti di opposizione, il sacco delle risorse e del territorio da parte di una élite che oggi è rappresentata da un figuro che li ha invogliati al sacrificio in nome della consegna a un padrone che gioca con loro una infame partita a un war games, e che non solo tollera ma si sente difeso e tutelato da manipoli di nerboruti fascistacci, mercenari e contractor reclutati nelle peggior feccia globale, armati e addestrati in qualità di specialisti dall’esercito dell’unico paese che abbia usato armi nucleari e esportato guerre e stragi in tutto il mondo.

Perché poi il tema è questo in risposta a chi obietta che in tutti i paesi democratici, anzi in virtù della democrazia, resistono sacche di fascismo, estremismi destabilizzanti, che però restano ai margini.

Anche senza rilevare che appunto in nessun paese le loro pugnaci organizzazioni militari vengono dichiaratamente arruolate nell’esercito regolare, questa tolleranza nata con questo conflitto è quanto mai sospetta in presenza di un regime totalitario come quello che si è instaurato in Italia, che sopporta e promuove un’occupazione straniera con basi, poligoni, laboratori sperimentali,  che adatta alla modernità le procedure dei fascismi del passato: repressione, autarchia, culto della personalità, destituzione del Parlamento, censura, abuso del conflitto di interessi e della cessione dei beni comuni ai privati, corruzione, egemonia del sistema finanziario, riduzione fino alla cancellazione dei diritti sindacali.

È sospetto perché si attrezza anche attraverso il recupero per scopi politico-ideologici del fascismo perfino nella forma più indecente, il neonazismo, fino a ieri emblema del male assoluto, che pure nei secoli si era manifestato e continua a manifestarsi con diverse fattezze e che ha sempre approfittato dei servizi di una qualche internazionale nera da oggi inevitabile e sdoganato braccio armato in aiuto dell’Alleanza.

In fondo siamo in guerra e come in amore, ogni arma e ogni soldato sono leciti: i tagliagole nobilitati dalla lettura di Kant, sono bianchi, ortodossi, europei, sono compatibili con la nostra civiltà a differenza dei mussulmani, sono tatuati come i nostri rapper, ingioiellati come Scanzi e dunque abilitati a rivalutare la svastica – simbolo slavo di pace, a diffondere l’epica di Bandera, a cantare Bella ciao nella traduzione della cantante Khrystyna Soloviy:   “Uccideremo i boia maledetti senza pietà (…) nella Difesa territoriale ci sono dei ragazzi migliori, nelle nostre forze armate combattono veri eroi”, a vantare le prestazioni degli informatici che hanno creato la piattaforma Myrotvorets, , “Il Pacificatore”,  con la finalità  di schedare coloro che sono considerati “nemici dell’Ucraina“, le cui informazioni personali, come numeri di telefono, indirizzi di residenza, link dei profili social, nomi di eventuali figli e parenti, sono consultabili pubblicamente tramite una maschera di ricerca.

Proprio come noi siamo invitati a festeggiare il 26 gennaio la giornata in memoria della campagna di Russia voluta da Mussolini che mandò a morire volontariamente migliaia di italiani, con gli scarponi di cartone, armi farlocche, pastrani di panno per appagare i suoi deliri.

La legittimazione del fascismo attraverso l’opera di pacificazione voluta da quelli che solo Berlusconi e Flores d’Arcais definiscono “sinistra” non era ancora arrivata a tanto, ci volevano i servi sciocchi dell’impero amerikano, con la minaccia della guerra chimica senza ampolla di Colin Powell ma con gli intrighi della dinastia Biden, ci voleva la denigrazione martellante di Dostoevskij e  Borodin, sostituito dagli arditi ma stonati Maneskin, ci voleva la necessità di condannarci a comprare gas costoso, poco, maledetto e incompatibile con il dovere di essere green, per normalizzare il neo nazismo.

Ci sarebbe da ipotizzare che ci sia anche una volontà che  una schiera non poi così marginale di italiani aveva sospettato da due anni: che faccia parte della sperimentazione della quale siamo oggetti in qualità di cavie anche un test su quando siamo disposti a accettare  e acconsentire e credere alla menzogna,  quanto e fino a quando siamo disposti a assoggettarci a una “verità” falsificata, manipolata.

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