Ora che molte centinaia di mercenari della Nato sono ostaggio dei nazisti dell’Azov nei sotterranei delle acciaierie  di Mariupol dove si pensa che ci sia anche un biolaboratorio americano, si può cogliere meglio il significato simbolico di Mariupol sia per i russi e per gli abitanti del Donbass che per il regime di Kiev  il quale vi aveva ammassato le truppe migliori e quelle più fanatiche, oltre ad un consistente numero di uomini  della Nato, spesso travestiti da mercenari: si va a morire per il gas che lo zio Sam vuole ad ogni costo. In effetti è proprio qui il centro della battaglia e si capisce anche perché nonostante le suppliche che arrivano dai sotterranei dell’acciaieria affinché  vengano avviate trattative, Zelensky esiga una sorta di sacrificio umano: parte della questione ucraina, quella più interessante per i mercanti di morte occidentali, riguarda i trilioni di metri cubi di gas che giacciono nelle profondità del bacino del Donbass. Si tratta di gas estraibile con la tecnica del fracking per la cui estrazione Shell ed Exxon avevano già firmato dei contratti dopo il colpo di stato di Maidan per poi ritirarsi dopo la secessione delle repubbliche orientali nel 2015. Si capisce bene in questo quadro  perché i trattati di Minsk che prevedevano l’autonomia delle repubbliche separatiste non sono mai stati rispettati e perché i garanti di quegli accordi, Francia a Germania non hanno mosso un dito perché Kiev li rispettasse. E ancor più si capisce perché l’armata ucraina è stata posta ai confini della regione e abbia esercitato per anni il tiro al piccione delle popolazioni civili.

Insomma non è affatto un caso che la prima linea dell’attuale guerra sia quasi identica all’ubicazione di queste risorse energetiche  e c’era una ragione letterale e più profonda per cui gli Stati Uniti e i loro vassalli dell’euro hanno impedito una riunificazione pacifica dell’Ucraina secondo gli accordi di Minsk e il presidente Zelenski, che è entrato in carica ed è stato eletto presidente della pace, si è trasformato in un guerrafondaio. Com’è evidente, la cosa riguarda i soli occidentali e semmai gli abitanti delle due repubbliche autonome visto che l’estrazione del gas di scisto è molto più costosa rispetto a quella dei normali giacimenti e dunque queste riserve non costituivano un fattore significativo di concorrenza, salvo il puntuale arrivo delle sanzioni che a questo punto sarebbero state inflitte comunque. Si gira e si rigira, ma per gli Usa e per la Nato si è sempre nel pipelinestan  ovvero nel controllo dell’energia e della valuta in cui essa deve essere pagata: se i talebani si fossero accontentati delle mini-tasse di transito per il proposto gasdotto Unocal, avrebbero potuto rimanere al potere nel 2001; se Assad non avesse rinunciato al gasdotto Qatar-Mediterraneo, la guerra non avrebbe infuriato in Siria;  lo stesso vale per l’Iraq e la Libia che hanno osato vendere il loro oro nero in cambio di valuta locale e sovvertire il petrodollaro. La guerra in corso riguarda ancora una volta le materie prime e il loro controllo – e il gas liquido per l’Europa, non dagli USA, dove comunque ha già superato il picco, ma da una colonia americana, l’Ucraina: non attraverso l’intero Atlantico, ma a un tiro di schioppo attraverso il Mar Nero. Quale guerra sarebbe stata più desiderabile per Washington se non questa che disconnette l’Europa  dalla Russia e la rifornisce di gas di scisto attraverso l’Ucraina? Staccare l’Europa dall’ Asia è vitale per la supremazia americana e chissenefrega se gli europei pagheranno il gas il doppio e manderanno al macero la loro industria.

E’ impressionante vedere da quanto tempo questo piano di massima era stato messo appunto: Zbigniew Brzezinski e adottato da Washington: nel maggio del 2014 aveva già fatto appello all’amministrazione Obama  per dotare i “combattenti per la libertà” di Kiev di armi per riconquistare le province orientali secessioniste. E non solo: aveva già previso anche quali ai inviar, quelle permettevano l’asserragliamento nei centro abitati e dunque la strage dei civili: “Non puoi battere i russi allo scoperto quando migliaia di carri armati stanno arrivando, puoi sconfiggerli solo continuando a resistere nelle città. Allora i costi economici della guerra per i russi aumenterebbero vertiginosamente e diventerebbe politicamente inutile. Ma per difendere una città hai bisogno di cannoni anticarro portatili, missili portatili e qualche organizzazione fanatica”. Otto anni dopo, questo sembra un elenco dell’arsenale con cui il Natostan sta attualmente armando i resti dell’esercito di Kiev in una guerra che vuole sia combattuta fino all’ultimo ucraino.

Tuttavia, poiché i russi non solo hanno familiarità con questa strategia statunitense, ma sanno anche abbastanza bene quali armi stanno attualmente arrivando in Ucraina, stanno evitando i conflitti nelle città evitando la trappola predisposta nonostante il numero enorme di provocazioni di ogni genere. Lo Stavka , lo stato maggior russo sta invece attirando gli ucraini  nella tasca a est del Dnepr; questo errore è anche alimentato dalla loro profonda fiducia nella propria propaganda: “li abbiamo cacciati da Kiev”, “li abbiamo fermati a Kharkov e nel Donbass”, “Mariupol sta ancora resistendo”. Credono anche a ciò che i loro addestratori e consulenti statunitensi hanno detto loro sull’efficacia delle armi della Nato e solo adesso si stano accorgendo che gli anticarro occidentali sono complicati da usare e poco efficaci contro i T72 nonostante che l’informazione occidentale tale prenda per buone le cifre ucraine che dividono per dieci le proprie perdite e moltiplicano dello stesso fattore quelle russe. Le continue sciocchezze sulla debolezza russa, che vengono diffuse dai media e dai politici nei rifugi sicuri non aiuterà di certo questi uomini, anzi li porterà verso il massacro. Queste è anche una delle  ragioni per cui la caduta di Mariupol significa di fatto una un’enorme sconfitta per tutto il “piano Ucraina” e l’inizio della fine.