Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non se ne sono accorti  Francesco Berti, Edoardo Ziello, Claudio Borghi. Donatella Legnaioli, Erika Stefani, Rosellina Sbrana, (Lega), nemmeno  Susanna Cenni,  Rosa Maria Di Giorgi,  Stefano Ceccanti, Lucia Ciampi, Francesco Bonifazi,  Valeria Fedeli, Caterina Bini (Pd),Gregorio De Falco (M5S), Riccardo Nencini (centrosinistra) Roberto Berardi (centrodestra), tutti eletti nel collegio di Pisa.

L’unico a sospettare degli strani movimenti che avvenivano in un’ex base radar dismessa e diroccata a Coltano, all’interno dell’area naturale di San Rossore-Migliarino-Massaciuccoli,  è stato il presidente del Parco al quale nel settembre scorso era stato annunciato che  in quella zona erano previste opere di “interesse generale” finanziate con risorse attinte dal Recovery  Fund.

Si sa che i tutori del patrimonio naturalistico restano un avamposto della sorveglianza sui beni comuni sotto minaccia da quando il rottamatore li ha catalogati come nemici del popolo e dello sviluppo, alla stregua dei sovrintendenti e Lorenzo Biani aveva capito che era meglio non contare su procedure autorizzative farraginose e conflitti di competenze che grazie al caposaldo della semplificazione, complicano la vita della gente e invece rimuovono lacci e laccioli che ostacolano la libera iniziativa delle grandi opere.

E difatti grazie all’accelerazione impressa dal doveroso interventismo in nome  e per conto  del guardiano dell’Occidente, si stanno aprendo i cantieri per occupare militarmente circa 70 ettari di aree agricole di proprietà del Demanio che appartengono al territorio del parco Regionale di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli per realizzare una base militare edifici destinati a ospitare reparti dell’Arma dei Carabinieri del Gis (Gruppo Intervento Speciale), dei gruppi cinofili e dei paracadutisti del Tuscania, poligoni di tiro, una torre, centri di addestramento, un eliporto, uffici, magazzini, capannoni, palestre e campi di atletica oltre a strutture di servizio come mensa, infermeria, parcheggi e siccome le guerre a venire saranno  eque, sostenibili e green, anche un’isola ecologica.

Il progetto è stato presentato dal Comitato misto paritetico per la regolamentazione delle servitù militari Stato-Regione (noto come Comipar) al Presidente del Consiglio che seduta stante con l’entusiasmo marziale che è diventato la sua cifra, ha firmato un decreto grazie al quale, per via della sua funzione di intervento essenziale, è stato coperto dai necessari finanziamenti e avviato. Tanto che l’iter è talmente avanti da togliere ogni speranza al cartello degli oppositori, ambientalisti preoccupati per l’impatto, l’inquinamento e il consumo di suolo in una zona umida fondamentale per l’equilibrio ecologico e particolarmente vulnerabile, cittadini indignati perché l’iniziativa è stata presa senza mettere in atto nessun tipo di consultazione, associazioni politiche culturali che protestano con Rifondazione e Potere al Popolo mettendo sotto accusa le amministrazioni comunali e la regione che si sono prestate “militarizzazione di Pisa”.

Perché bisogna ricordare che la nuova base italiana sorge accanto a Camp Darby, inaugurata nel 1952, dopo che il governo De Gasperi aveva stipulato con quello statunitense un accordo segreto cedendogli una vasta area della pineta di Tombolo, che  costituisce il maggiore arsenale che rifornisce le forze terrestri e aeree statunitensi in Europa, Medioriente e Africa, e il cui ulteriore potenziamento è stato approvato dal Governo Gentiloni nel 2017, permettendo anche in quel caso la devastazione di una parte del Parco di Migliarino San Rossore-Massaciuccoli.

Nei bunker di Camp Darby, che  fa parte del sistema delle basi Usa, come si può facilmente leggere nel rapporto ufficiale del Pentagono Base Structure Report 2015, che conta oltre 2300 edifici dati in affitto o in concessione per  una superficie di circa 2 milioni di metri quadri,   sono stoccati proiettili di artiglieria, bombe per aerei e missili in un numero che può essere stimato in oltre 1,5 milioni, e non si può escludere che tra le armi aeree stoccate  nel sito vi siano state e possano esservi bombe nucleari.

Ci ricorda Manlio Dinucci che dalle inchieste condotte dai giudici Casson e Mastelloni era emerso  che Camp Darby oltre alle funzioni logistiche di fornire   la maggior parte delle armi (mezzi corazzati, proiettili d’artiglieria, bombe e missili per aerei) usate nelle due guerre a guida Usa contro l’Iraq, nel 1991 e 2003 e delle bombe e missili per aerei usati nella guerra Usa/Nato contro la Jugoslavia nel 1999 e in quella contro la Libia nel 2011,  aveva svolto sin dagli anni Sessanta quella di base della rete golpista costituita dalla Cia e dal Sifar nel quadro del piano segreto «Gladio».

E così si capisce meglio come mai i parlamentari eletti nel collegio non abbiano vigilato, o meglio, perché ancora una volta abbiano, tutti appartenenti alla maggioranza, tradito così spudoratamente il loro mandato, come lo hanno disatteso in Sardegna, in Sicilia, in tutti i territori occupati dalla Nato, compreso il bresciano da dove  sono partiti  cinquanta carri armati Leopard diretti in Ucraina prodotti dalla multinazionale tedesca di armamenti Rheinmetall, con sedi là e in Sardegna, la stessa azienda che ha rifornito di ordigni l’Arabia saudita per la guerra in Yemen.

Sono gli stessi che hanno detto si all’ordine del giorno approvato a Montecitorio  che «avvia l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2% del Pil, dando concretezza a quanto affermato alla Camera dal presidente del Consiglio il 1° marzo scorso e predisponendo un sentiero di aumento stabile nel tempo, che garantisca al Paese una capacità di deterrenza e protezione a tutela degli interessi nazionali, anche dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti energetici».

E gli stessi che un anno fa avevano dato il via libera alla Camera a un testo delle Commissioni “competenti”, che raccomanda di “incrementare, considerata la centralità del quadrante mediterraneo, la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare… anche in favore degli obiettivi che favoriscano la transizione ecologica, contribuendo al necessario sostegno dello strategico settore industriale e al mantenimento di adeguati livelli occupazionali nel comparto”. Mentre per il  Senato  occorreva “promuovere una visione organica del settore della Difesa, in grado di dialogare con la filiera industriale coinvolta, in un’ottica di collaborazione con le realtà industriali nazionali, think tank e centri di ricerca…. Anche ipotizzando  la realizzazione di cosiddetti  distretti militari intelligenti  per attrarre interessi e investimenti”.

Si trattava del consenso diretto alla determinazione dell’Esecutivo  di destinare i fondi del PNRR anche al rafforzamento del sistema bellico, sottolineando “l’opportunità” di accrescere ulteriormente i fondi a favore della spesa militare”, in vista di una ripresa  che come ebbe a dire Draghi  “ si realizza  anche favorendo  lo sviluppo del comprato degli armamenti”.

Per anni le proteste di comitati di cittadini, associazioni, gruppi spontanei, centri sociali che denunciavano la militarizzazione dell’Italia sono cadute nel silenzio complice, da anni pacifismo e disarmo sono diventati il bersaglio di una politica di denigrazione e derisione, per anni avete votato partiti e candidati corrotti dalle promesse di poter mantenere posti, prebende e impunità garantiti dall’adesione incondizionata ai signori del sistema che fa delle guerre di conquista, repressione e sfruttamento una delle sue forme di sopravvivenza, promuovendole a azioni giuste e legittime. Adesso  non è più tempo di rimozione e indifferenza, il nemico è in casa, è quello che ci ha espropriato di libertà di scelta e diritti, che ci minaccia lacrime e sangue a risarcimento delle perdita del potere di acquisto, di razionamenti, carestie, umiliazioni, che ci impone il sacrificio come prezzo da pagare per il passato e per la speranza di un futuro e che come se non bastasse ci ha già trasformato in scudi umani e bersagli di un conflitto deciso a migliaia di chilometri di distanza trasformandoci da marionette in “danni collaterali”.