Mi sono completamente disinteressato delle elezioni presidenziali in Francia perché il loro risultato era del tutto scontato: lo era dal 30 novembre dell’anno scorso quando Éric Zemmour un giornalista del Figaro, ebreo berbero come si definisce, uomo della destra d’ordine con all’attivo libri e interventi critici rispetto alla comunità islamica francese e sulla presunta islamizzazione della società d’oltralpe,  decise ufficialmente di scendere in campo come una meteora inattesa. Nei mesi precedenti  il suo nome è stato inserito in “sondaggi” guidati lo vedevano al 17 per cento nelle intenzioni di voto, preparando così la candidatura che ovviamente andava a togliere voti a Marine le Pen: e bastava davvero poco visto che la leader del Rassemblement national era quasi appaiata a Macron. Ora per quanto uno possa essere popolare e Zemmour non lo era poi più di tanto, non può si correre gratis alle presidenziali: chi ha pagato i sondaggi truccati che lo hanno spinto a candidarsi? Chi ha pagato la campagna elettorale? In parte lo si sa: il boss dell’informazione  francese e in parte anche italiana, attraverso Vivendi, Vincent Bolloré. Informazione che peraltro in questi anni è stata quasi tutta, sempre e solo dalla parte di Macron. Poi ci sono anche miliardari e ricconi di casa all’Eliseo che magicamente si sono messi a finanziare uno degli avversari del loro candidato.

Infatti è finita che Zemmour, sempre presente su tutti media, visti anche i sui sponsor, è arrivato appena al 7% mostrando chiaramente la strumentalità dei sondaggi alla base della sua candidatura: finché è stato solo un nome arrivava al 17 per cento, poi nonostante fosse proposto in tutte le salse, fosse anche piuttosto brillante e non avesse cambiato di una virgola le sue tesi, è sceso al 7 per cento. A questo punto la Le Pen è rimasta al palo del 23 per cento, mentre Macron vola verso la prossima vittoria col 27%. Di mezzo c’è anche il candidato della soi disant sinistra,  Jean-Luc Melenchon, personaggio ormai completamente normalizzato dentro il bon ton globalista dopo un periodo di tentata ribellione: il suo notevole  21, 95 per cento andrà interamente a Macron. Come si vede, avendo abbastanza soldi e abbastanza media, ovvero la condizione di base dell’oligarchia, si possono facilmente truccare le elezioni, semplicemente confondendo gli elettori non solo con le massicce campagne mediatiche a canali unificati, ma anche inserendo candidati ad hoc per togliere e aggiungere voti e guidare così le scelte. Il vecchio trucco delle liste civetta o delle liste di disturbo  è stato portato su una scala diversa. Certo occorrono centinaia di milioni per mettere in piedi queste partite a scacchi , ma questi di certo non mancano a chi guida il gioco e che progressivamente ha fatto in modo di poter disporre di risorse superiori rispetto a quelle dello stato stesso.

In realtà alle elezioni francesi si sono confrontati tre tipi di fascismi e tre versioni dell’islamofobia, quella ipocrita di Macron ( non dimentichiamo che il presidente  ha imposto la chiusura del Collettivo francese contro l’islamofobia, apparentemente l’unica e sicuramente la migliore Ong musulmana impegnata a combattere questo problema),  quella di stampo sionista e quella definibile come nazionale: la trovata è stata di puntare su un candidato senza speranza come Zemmour che non solo ha tolto voti anti Macron, ma ha fatto apparire l’inquilino dell’Eliseo  come centrista quando invece è l’uomo che ha istituzionalizzato l’islamofobia in Francia. Le analisi elettorali  mostreranno che la maggioranza del mondo mussulmano francese non ha mai scelto Macron come è accaduto in quasi tutte le elezioni amministrative di questi anni. Ma estendendo il ragionamento ad altri temi si può facilmente constatare la vacuità del discorso elettorale che di fatto non fa che stimolare percezioni, retoriche e vecchie etichette attaccandole sul vuoto. Come potrebbe essere nazionale la visione della Le Pen che vuole l’euro e l’Europa? Come quella di  Zemmour che vuole l’euro e l’Europa e magari una politica un po’ più  restrittiva sui mussulmani, come quella di  Macron che ovviamente vuole l’euro e l’Europa, come infine quella di Melechon che vuole l’euro e l’Europa e una spruzzata di verde?   Chiunque sia in grado di ragionare capisce che queste due condizioni dirimenti, euro ed Europa, non permettono che modestissime varianti all’interno del paradigma finanziario – istituzionale. Ed ecco perché la candidatura Zemmour è servita a focalizzare la campagna elettorale su temi e polemiche che non toccano gli assetti di fondo.

Insomma il broglio fondamentale è la capacità di gestire sia il consenso, sia il dissenso, di evocare ombre  che coprono i reali problemi in maniera che vinca sempre il candidato del creso globalismo.