Probabilmente non ci sono molti punti di contatto tra l’Ungheria e il Pakistan, ma entrambi mostrano come ormai il potere abusivo dell’occidente e dei suoi costrutti di potere, come Nato e Ue,  vada sempre più declinando e come ogni azzardo e ogni passo per recuperare presa sul resto del mondo  portino invece verso la fine definitiva degli assetti imperiali. In Ungheria Orban e il suo partito hanno stravinto ottenendo il 63% dei consensi, aumentando addirittura il bottino di 4 anni fa, nonostante i milioni spesi dall’Europa, dall’ Open Society  di Soros e dalle sue ong, nonostante  l’invio di un gruppo di battaglia Nato e un’alleanza tra i partiti di osservanza globalista come quello socialdemocratico e il partito neonazista Jobbikl una cui manifestazione pre elettorale è ritratta nell’immagine di apertura del post . Hanno vinto le posizioni critiche prese da Orban sulla vicenda ucraina, il rifiuto di far passare armi e la rivendicazione dell’autonomia del Paese che viene portata avanti nonostante i parlamentari europei di Fidesz (il partito di Orban)  facciano parte della formazione di maggioranza ( tanto per quello che conta il Parlamento europeo…) .  Seimila chilometri più a est il parlamento pachistano è insorto contro il tentativo americano di estromettere il primo ministro Imran Khan, attraverso una crisi con aspetti incostituzionali, mentre gran parte dei parlamentari hanno urlato in coro  “Morte all’America”.

Il primo ministro pakistano aveva precedentemente accusato una “potenza straniera”  – in un chiaro riferimento agli Stati Uniti – di aver finanziato una “cospirazione” per rovesciare il suo governo democraticamente eletto. Rivolgendosi a una grande manifestazione nella capitale Islamabad la scorsa settimana, Khan ha affermato che la “potenza straniera” ha inviato milioni di dollari ai partiti di minoranza  per lanciare un voto di sfiducia contro di lui in parlamento: “Siamo a conoscenza di questa cospirazione da mesi. Sappiamo anche di chi ha radunato e pagato queste persone  ma i tempi sono cambiati, questa non è l’era di Zulfikar Ali Bhutto”. Il riferimento è al leader storico del Paese  che negli anni ’70  fu  minacciato dall’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger per il programma nucleare del paese. Oggi invece le ragioni di questo tentato  colpo di stato per via parlamentare stanno nel forte coinvolgimento del Pakistan nel sostenere una delle ramificazione della via della seta e i rapporti cordiali intrattenuti con la Russia. Tutte cose insopportabili per l’egemonia americana che ormai lavora principalmente con le quinte colonne interne, create e coltivate da decenni. 

E’ del tutto evidente che i giorni dell’assoluta egemonia americana stanno tramontando: l’anno scorso in Bielorussia e Kazakistan sono falliti i tentativi di cambio di regime di sapore arancionista. Gli Usa hanno fallito anche in Honduras: il colpo di stato del 2009 è stato annullato alle elezioni all’inizio di quest’anno e anche il nuovo tentativo di colpo di stato nella legislatura non è andato a buon fine. Il colpo di stato in Bolivia è stato di breve durata, mentre Lula è ora pronto a vincere le prossime elezioni in Brasile. E oggi i governi che rappresentano buona parte della popolazione mondiale si rifiutano di condannare la Russia e di applicare sanzioni. Insomma tutto un sistema di dominio sta scricchiolando e il fatto di aver costretto la Russia ad intervenire in Ucraina si è alla fine rivelato un boomerang  che finirà anche per spaccare l’Europa come la vicenda ungherese e quella polacca stanno dimostrando e come verrà alla luce ancor più chiaramente quando sul continente si abbatterà una tempesta economica peraltro lucidamente preparata prima con la pandemia e poi con la guerra per evitare un collasso di sistema o meglio per dirigerlo verso il salvataggio delle elite  di comando e la dannazione degli altri.