Il G7 qualche giorno fa ha affermato che i suoi membri mai e poi mai si sarebbero piegati a pagare il gas in rubli, salvo poi vedere correre alla spicciolata verso il telefono per chiamare Putin e farsi spiegare il meccanismo per comprare l’energia che magari adesso sarà ribattezza energia del male.  Ma una cosa mi ha colpito nella presa di posizione di questo illustre consesso che raccogliendo a mala pena il 10 per cento della popolazione mondiale si arroga il diritto di comando su tutti, ovvero che almeno 4 tra i 7 partecipanti hanno un relativo interesse nel gas russo, almeno in via diretta in primis Stati Uniti e Canada che il gas sia pure a prezzi molto alti lo possiedono e che in ogni caso lo vogliono vendere  agli altri membri pur essendo il loro prodotto fuori mercato rispetto al gas russo; poi ci sono Gran Bretagna e Francia che varie ragioni possono sopperire almeno per il momento l’una con i pozzi ancora funzionanti e l’altra con il nucleare. Certo sentiranno la mancanza e soffriranno per l’aumento dei prezzi, ma non in maniera drammatica. Chi davvero subisce le conseguenze delle contro sanzioni  sono i tre Paesi rimanenti ovvero Germania, Italia e Giappone che possono facilmente essere portati alla deindustrializzazione visto che dovranno pagare prezzi più alti per l’energia rispetto ai concorrenti. Ricorda niente questo? Sono esattamente i Paesi sconfitti nel secondo conflitto mondiale, con la Russia che quel confronto lo ha vinto, ma che già allora era in rotta di collisione con l’impero anglosassone il quale ha giocato abilmente tra Russia e Germania per sfruttarne la lotta e conservare il dominio. Capisco che questo non faccia parte della rozza vulgata hollywoodiana che ci viene impartita sul secondo conflitto mondiale,  ma è ampiamente documentato e peraltro si inserisce in logiche  già in atto negli ultimi decenni dell’Ottocento.

Questo fatto delle vecchie potenze dell”Asse bastonate potrebbe sembrare una coincidenza e in parte forse lo è, anche se, dopo la Cina, questi sono i tre paesi in cui la manifattura ha la più alta incidenza sul Pil nell’intero pianeta e dunque hanno bisogno di maggiori risorse energetiche a basso prezzo, tuttavia sul piano simbolico appare un sorprendente tunnel della storia che i vecchi vincitori ordinino ai tre perdenti di deindustrializzarsi per fare guerra alla Russia, quasi che fosse il compimento perfetto del disegno di liberarsi di qualsiasi possibile concorrente al dominio mondiale come avrebbe potuto essere in passato l’alleanza tra Russia, Germania e altre parti dell’Europa, o il progetto della Grande Asia coltivato dal Giappone, anche se perseguito  molto prematuramente rispetto alle capacità del Sol levante proprio a causa delle interferenze americane.  In gioco non c’è che un elemento di novità, l’inaspettata ascesa della Cina ad assoluto  protagonista mondiale. Ed è anche l’elemento chiave. Finché i giocatori sono due il risultato, almeno entro termini di decenni può essere in certa misura prevedibile. Ma come nel problema dei tre corpi della meccanica classica, quando i protagonisti sono almeno  tre il sistema diventa caotico e imprevedibile. In ogni caso è abbastanza evidente attraverso il simbolismo di vincitori e vinti che ci si trova dentro un nodo della storia: da una parte un occidente che rimane dentro le logiche di dominio instauratesi dopo la seconda guerra mondiale, ma in generale in essere già da molto prima e che non vogliono ad nessun costo essere abbandonate nonostante l’oggettiva perdita di peso in termini di economia reale dell’impero e dall’altra la tendenza ormai inarrestabile alla multipolarità planetaria che ha ricevuto il suo battesimo definitivo con la vicenda ucraina.

Prima di questo atto nessuno aveva sfidato in maniera diretta l’egemone auto dichiaratosi eccezionale. Persino l’Unione sovietica cedette nella crisi più acuta prima di questa, ovvero quella dei missili a Cuba. E questo di certo è un segnale intollerabile per Washington e per i Paesi satelliti ridotti ad afona colonia grazie a un costrutto come quello della Ue che conferisce a una governance non eletta e sostanzialmente lobbista la possibilità di imbrigliare e tacitare i poteri ancora elettivi dei singoli Paesi. E’ per così dire la reificazione delle paure di perdere la primazia che del resto proprio la vicenda ucraina ha innescato avvicinando Cina e Russia laddove si sarebbe invece dovuto lavorare per dividerle. Ma ormai da due decenni l’impero sa solo azzannare e non pensare. Questa volta però avrà bisogno del dentista.