Site icon il Simplicissimus

Eutanasia no, crimini di Stato si

Anna Lombroso per il Simplicissimus

La Corte Costituzionale ha dunque dichiarato inammissibile il referendum sull’eutanasia legale. La Consulta ha fatto sapere che il quesito, che proponeva la “depenalizzazione dell’omicidio del consenziente, è stato bocciato perché, “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.

Non occorre aspettare le motivazioni della sentenza per  sapere con chi ce la dobbiamo prendere.

L’alta Corte ha inaugurato il nuovo corso con una decisione che non sorprende, Giuliano Amato aveva in altre occasioni espresso i suoi dubbi a proposito di una salvaguardia confessionale della vita umana, in merito all’aborto, nel totale disprezzo di una legge dello Stato e di un pronunciamento che aveva l’intento di contrastare la speculazione privata e la criminalizzazione della donne che ricorrevano a una scelta difficile.

Questi due anni avranno coperto di polvere altre sentenze del passato, quella   438/2008 nella quale si affermava  il diritto del paziente al “consenso informato” ricordando che questo, a sua volta, è la sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello alla salute e quello all’autodeterminazione.

E’ dunque lecito pensare che la Corte abbia voluto ribadire l’eccezionalità dei nostri tempi che hanno imposto la rinuncia al libero arbitrio e al diritto di decidere del nostro corpo, estromettendo dalla società civile chi ancora vuole esercitare prerogative sancite dalla Carta.

La cosiddetta comunità scientifica, oggetto di una selezione preliminare che ha tolto voce, tribuna e autorevolezza agli eretici della pandemia, è stata autorizzata a sostituirsi ai legislatori e a indirizzare i decisori  alla lesione a norma di decreti leggi della facoltà dell’autodeterminazione,  come stabiliscono le ultime tre righe dell’articolo 32 della Costituzione.

Un Parlamento ignavo e accidioso che impiega l’impotenza frutto dell’esproprio di competenze e prestigio connaturato in leggi elettorali che lo hanno retrocesso a impiegati oggetto di una cernita da parte di cricche e consorterie, incaricati di apporre un timbro notarile sulle decisioni dell’esecutivo, per lasciare il campo libero al duello tra volontà popolare e “legulei” sempre vincenti, pronti come sono a tirare la Costituzione da una parte all’altra come una pelle di zigrino che deve dare copertura e legittimità ai diktat dettati da fuori.

Così anche in questo caso ha potuto esimersi dal lavorare intorno a un provvedimento che rappresenterebbe il minimo sindacale di civiltà, prevedendo da un lato la riconferma di principi già accettati appartenendo ai diritti della persona,  come il  rifiuto di cure, come quello all’autodeterminazione, come le norme già approvate   sulle terapie antidolore e le cure palliative, che liberano i malati da sofferenze indicibili, stabilendo dall’altro una immunità che in altra forma meno civile è stata concessa ai medici intenzionati a tutelare la dignità e la libera scelta di malati che non possono e non voglio ricorrere a strutture private oltreconfine.

Perché si sa che  dietro ad ogni dogma c’è un  profitto, che vale dalla culla alla tomba, dalle pratiche per la fecondazione alla maternità surrogata, a terapie sofisticate accessibili solo a cerchie ristrette, all’eutanasia, tutte opportunità concesse a chi può permettersele e si sottrae a quella selezione promossa come naturale che ha fatto la fortuna dell’Inps, euforico perché  i morti di Covid hanno comportato un fertile risparmio di 1,1 miliardi di trattamenti pensionistici.

E non si è malevoli se si sospetta che medici personali, clinici illustri che negli ospedali esercitano l’obiezione di coscienza, in strutture sanitarie sibaritiche siano già attrezzati per aiutare oggi pazienti altrettanto illustri a andarsene conservando decoro e rispetto di se stessi e degli altri, negati agli incapienti che pagano le tasse per assistenza, cure e servizi.

E siccome la nostra testa e la nostra collera ha tante stanze, ne abbiamo abbastanza per prendercela con i fan papalini, quelli che sono andati in estasi per la performance dell’influencer intento a promuovere le sue immaginette umanitarie e quelle che hanno potuto finalmente distrarsi dalla ormai noiosa militanza per la liberazione della donna, contrastata dal pastore di anime come ingenerosa sottrazione agli obblighi d’amore previsti geneticamente e tradizionalmente per loro.

E che alla sua sortita, che ha avuto la potenza maligna di condizionare oggi come ieri le scelte politiche di una nazione che lo ospita non facendogli pagare i doverosi tributi, rispondono esalando i gas dell’ipocrisia più mefitica, che il Papa è tenuto a fare il Papa e dunque dobbiamo aspettarci ragionevolmente che  bocci l’eutanasia, che riduca a crimine il suicidio assistito – come l’interruzione di gravidanza autorizzata da una legge dello Stato-  avvertendo che  «dobbiamo stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano a uccidere. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio».

E difatti sono proprio i laici che esigono giustamente che il Papa faccia il Papa, che somministri le sue lezioni d’amore, che si esprima per rafforzare i principi della morale confessionale, purché però non pretenda di imporla come etica pubblica, che  con leciti messaggi propagandistici eserciti quella missione di proselitismo, a condizione che non siano irrispettosi e incompatibili con la libertà di espressioni e convinzioni di chi non si riconosce nella sua Chiesa e nelle regole della sua organizzazione.

E dovrebbero richiederlo anche i membri della sua comunità di fedeli che soffrono della perdita di reputazione a causa della immonda tolleranza che ha coperto e copre le sue gerarchie imputate di un orrendo delitto consumato sui più fragili ed esposti, oltraggio insanabile del corpo e della psiche.

È che ormai siamo davvero vittime di un complotto ideologico, oligarchia dominante dedita al profitto, allo sfruttamento, alla discriminazione volta a emarginare improduttivi e dissenzienti, chiesa che ribadisce la sa­cralità della vita raccomandando  limitazioni su qualsiasi intervento della scienza: dall’eutanasia, all’a­borto fino alla ricerca sulle staminali embrionali,  e rappresentanti della scienza a libro paga di governi e industria, tutti impegnati a tutelare la sopravvivenza fisica come diritto concesso a chi mette il suo corpo a disposizione, come merce di scambio, come prodotto da mantenere appetibile sul mercato da oliare, massaggiare, come oggetto di sperimentazioni.

E difatti il disappunto per decisione inumana di un organismo che misura la liceità delle regole e la legittimità delle leggi che segnano i confini di bisogni, volontà, libertà popolari, si accompagna a un certo sollievo.

Questi due anni ci hanno mostrato quanto la classe medica si assoggetti volentieri alla volontà del “ceto dirigente”, governo, industria e informazione ufficiale.

Servirà vigilare perché il bisogno naturale di essere risparmiati dal dolore, dalla mortificazione, dall’umiliazione non sia consegnato in ultima istanza a chi ha dato sostegno alla necessità di selezionare i meritevoli di vivere e gli altri, improduttivi o dissenzienti, a chi ha rinnegato il giuramento astenendosi dal dovere di curare, a chi ha eseguito la condanna di morte certa con tachipirina e vigile attesa, a chi si inorgoglisce per l’occasione di esercitare i poteri di un dio in terra, rifiutando assistenza a cittadini che ne hanno il diritto e che vengono discriminati come criminali sociopatici, a chi gode della opportunità di raccomandare e applicare un Tso a dissidenti.

 

 

Exit mobile version