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Ricchi, siate maledetti

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Oggi al supermercato ho incontrato, probabilmente per l’ultima volta, una mia vicina, la moglie di un esercente di un locale che ha visto scemare irreversibilmente le entrate, e che volge un lavoro precario. Adesso la coppia con due bambini non è più in grado di far fronte al costo della pigione, che rappresenta un cespite irrinunciabile per il proprietario dei locali, modesto pensionato che da tempo è stato costretto alla coabitazione a casa di una figlia.

Leggende metropolitane fanno sapere che le vecchie borgate ripulite da Petroselli e Vetere sono diventate il terreno di una guerra tra poveri, immigrati ma anche indigeni che vediamo d’improvviso scomparire dal nostro panorama urbano, nuovi disoccupati, nuovi sfrattati, nuovi sospesi dalla cittadinanza perché colpevoli di diserzione, espulsi dal consorzio civile anche con un paio di dosi, visto che non basta l’obbedienza vaccinale per essere al riparo  dalla gestione della pandemia sia pure retrocessa a endemia, a molesto raffreddore, contesto evidente nel quale di sono consumate disuguaglianze e discriminazioni sempre più feroci.

Ne dà conto anche Oxfam, la  confederazione internazionale di organizzazioni non profit che piace alle coscienze che piacciono, e che ha denunciato nel nuovo rapporto Disuguitalia, redatto in previsione del Forum dei potenti della politica e dell’economia a Davos, come  l’emergenza Covid abbia consegnato un milione di individui alla condizione di “povertà assoluta”, allargando ancora di più il divario tra ricchi e indigenti , tanto che i primi hanno visto innalzarsi al 52,3%  la propria quota di ricchezza globale, grazie al traino del lavoro precario, mentre ai secondi spetta solo l’8,6%.

Quel che è troppo è troppo, fa intendere perfino l’Ong di fronte dell’esultanza per i successi del Draghioutlet: la revisione dell’Irpef, come era prevedibile grazie al plebiscito della coalizione di governo,  cancellando dall’agenda politica  “il perseguimento del principio dell’equità orizzontale dell’imposizione” e ogni misura  di natura patrimoniale concernente “il possesso o il trasferimento di ricchezza”.

E sono pessime, per Oxfam, le modifiche all’impianto del reddito di cittadinanza, pure rifinanziato sulla carta con oltre 1 miliardo di euro, concentrato sui nuovi obblighi per i percettori a fronte dell’introduzione dell’assegno unico universale che decurta il loro assegno della cifra spettante la quota del reddito di cittadinanza corrispondente ai figli minori, e  sui giri di vite aggiuntivi del Super greenpass, che impongono lo svolgimento di alcune pratiche in presenza pena la sospensione dell’aiuto. Ancora più offensivo per i lavoratori già colpiti dallo sblocco dei licenziamenti l’edificio delle tutele ipotizzate in forma di ammortizzatori, che si regge sulla menzogna dell’allargamento a categorie finora escluse mentre la copertura finanziaria è stata ridotta di quasi la metà.

Ben prima dell’educata lavata di capo di Oxfam, prudente nel soppesare luci e ombre, il network di giornalisti investigativi che aveva scoperchiato il vaso dei  Panama Papers, ha reso noto il seguito non inatteso, i Pandora Papers che illustrano procedure, modalità, accorgimenti opachi ma legittimati, che il sistema totalitario autorizza tramite disposizioni di legge, o semplicemente con la legge del più forte, e mette a disposizione di multinazionali, istituzioni finanziarie, decisori e funzionari pubblici.

Il rapporto uscito un po’ di mesi fa elenca almeno 330 nomi di personalità politiche, amministratori di enti pubblici e privati di più di 90 paesi e territori, fra i quali 35 ex presidenti e attuali capi di Stato, giudici, sindaci e di 100 tycoon, imprenditori e super manager, in forma di una santa alleanza impegnata a far eseguire i comandi imperiali di Washington attraverso strumenti che recano il marchio della “legalità” secondo i crismi di nazioni che sono state costrette a stravolgere le regole democratiche per aggiustarle come il padrone vuole. Così si è saputo qualcosa di più sul dirottamento nei paradisi fiscali di un volume pari a oltre il 40% dei profitti delle multinazionali (circa 600 miliardi) sottratti ai prelievi fiscali dei paesi dove operano.

Alcuni di queste località di Bengodi sono europee, con al primo posto l’Olanda maestra di frugalità, Lussemburgo, Malta, Cipro, che le la battono con il Regno Unito che in occasione della Brexit ha pensato di rafforzare la segretezza bancaria.

Dal 2008 ormai tutto contraddice la famosa sortita di  Cacciari che, allora sindaco di Venezia, ebbe a dire che non aveva bisogno di rubare perché era già ricco di suo. Quando invece peculiarità di chi è facoltoso sono l’avidità, la bulimica smania di accumulazione di beni da riporre in forzieri, ormai perlopiù virtuali, in modo da non contribuire in alcun modo a una redistribuzione o alla promozione  di benessere generale.

E si smentisce anche l’azione generosa della manina di Adam Smith intenta a spargere un po’ della polvere d’oro prodotta da sfruttamento e profitti sulla collettività all’interno di un armonioso equilibrio economico generale, pittoresca immaginetta morale che viene mostrata dai sacerdoti della teocrazia del mercato ai fedeli con la stessa immorale protervia dal 1776 circa ad oggi, continuamente spolverata dalla naftalina per giustificare il più immondi crimini, le più abiette disuguaglianza e discriminazioni e per criminalizzare chi non sa e non vuole approfittare della munifica offerta, immeritevole di partecipare allo sviluppo e al progresso.

Lo rammenta il rapporto  World Inequality del 2022 nel quale il team di  economisti  sotto la guida di  Lucas Chancel e Thomas Piketty,  difficilmente annoverabili tra i cospirazionisti, conferma  in maniera definitiva che non il Covid, ma la sua gestione, ha fatto gli interessi  degli ultraricchi sia all’interno dei loro Paesi che fuori, replicando i paradigmi del colonialismo non solo oltre confine. E se in Europa il divario  per quanto riguarda la distribuzione del reddito è meno profondo che negli Stati Uniti o nelle aree più povere del pianeta, Medio Oriente, Nord Africa e l’Africa Sub Sahariana, l’Italia vanta un record:  la metà più povera degli italiani riesce a approfittare di circa il 20% del reddito prodotto, mentre il 10% di chi ha se ne aggiudica il 32%. E sono loro che assorbono il 48% della ricchezza complessiva.

Il fatto che l’un percento più ricco degli italiani detenga il 18% della ricchezza nazionale, lascia intendere che o la manina invisibile è stata via via sempre più avara, oppure l’intero sistema sociale oltre a quello di mercato si è prodigato per tutelare gli interessi di chi possiede e aspira ad avere sempre di più, favorendo concentrazioni capaci di sbaragliare l’indebita concorrenza dei soggetti meno strutturati e meno protetti.  Così con la pandeconomia si è aggravato il processo avviato, da noi anche con il concorso dell’attuale presidente del consiglio, della libera circolazione su scala mondiale di capitali e merci e di finanziarizzazione accompagnato  dalla deregolamentazione del mercato del lavoro e della smantellamento dello stato sociale.

Qualcuno ha voluto fornire una interpretazione etnico-antropologica, una fenomenologia dell’idealtipo del ricco, collocandolo negli Usa, una nazione di ricchi per i ricchi in eterna guerra contro i poveri, dai nativi a paesi oggetto di scorrerie e incursioni belliche. In realtà la bestia si presenta con le stesse caratteristiche ovunque e la lotta di classe alla rovescia si conduce su due livelli, in forma più blanda contro i competitor affini con i quali si possono sempre impiegare le armi della diplomazia, in forma cruenta contro il vero nemico in casa e fuori, i poveri, oggetto di tradimento, sfruttamento, discriminazione e persecuzione.

Alle armi tradizionali adesso si sono aggiunte quelle della sorveglianza, esercitata da soggetti dominanti che usano gli stati e le loro leggi per controllare ogni fase, ogni azione, ogni consumo, ogni desiderio, proprio come era stato profetizzato da Huxley e Orwell ma con un successo maggiore rispetto alle loro previsioni a vedere la remissività con la quale la collettività del nostre Paese ha accettato il Green Pass che da subito ha mostrato la sua vera finalità, quella di un controllo capillare e individualizzato su ogni cittadino, preventivo o a posteriori allo scopo di ratificare l’instaurazione di una società distopica con  due livelli di legalità- largamente illegittima  – della quale è concessa l’appartenenza solo pagandola con beni, sacrifici di libertà e prerogative, rinuncia a diritti.

Chi è povero, immeritevole, esposto alla tentazione della disobbedienza e della trasgressione va tenuto ai margini fino all’espulsione dal consorzio civile. E siccome è il ricco che detta le leggi e la fa applicare nel suo interesse, il povero è naturalmente e fatalmente un criminale da costringere nella prigione della necessità, che inibisce dignità e libertà. E’ proprio ora di evadere.

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