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Di Malminore si muore

Anna Lombroso per il Simplicissimus

In un paese ormai fallito e nel quale si è insediato un grigio despota imposto dalla cupola finanziaria e incaricato, nel solco della tradizione, di svenderne i resti, con  milioni di disoccupati, malati abbandonati al dolore e alla disperazione, istruzione demolita, imprenditori che cercano vie di scampo illegittime quando non illegali,  la corsa al Quirinale si è ridotta una un gioco di società nell’interno giorno di un film di Bunuel. Finiti i tempi della clasa discutidora, che si spartisce le istituzioni grazie a una commedia delle parti, conclusa l’era della spettacolarizzazione che permetteva a divi del varietà di conquistarsi un ruolo primario grazie alla credenza popolare che il presidente della Repubblica non conti e che il trono altro non sia che un premio alla carriera, i duellanti hanno la statura delle figurine che popolano i test dell’Espresso, quelli intesi a illuminarci su quanto di Berlusconi alberghi in noi e i nostri personali coefficienti di fascismo.

Siamo così malridotti che proprio come nell’impero in declino, la scelta è sempre quella tra morire di cancro o morire di ictus, Trump o Clinton, Trump o Biden, grazie all’unica concessione che viene elargita dal regime, scegliere quello che apparentemente può sembrare il male minore, che sempre un male è.  Un male che ormai si caratterizza per possedere i requisiti imposti dall’ideologia del politicamente corretto: non sembrare estemporaneo fino all’incompatibilità nei consessi internazionali nei G 8 o 30, non raccontare barzellette pruriginose, vantare un consolidato ménage di coppia, indossare abiti sobri che non ricordino l’outfit di omologhi di Chicago con una passione per il doppiopetto gessato, mostrare un severo disinteresse per i segni dell’età, sdogananti come prova di collaudata esperienza.

Già in passato costituiva una importante referenza aver costituito un patrimonio personale frutto di incarichi di partito o politici o istituzionali a dimostrazione di aver avuto scarsa dimestichezza con professioni, mestieri, talenti che possono esporre a tentazioni e rischi, che, si sa, l’unica onestà che ha diritto di cittadinanza è quella che consiste nel non farsi prendere mentre si borseggia in vicino in tram,  mentre demolire lo stato sociale e quello di diritto, mettere in liquidazione le imprese nazionali, dissipare le risorse comuni per erigere piramidi e ponti che soddisfino appetiti bulimici di appartenenti alla cupola, costituiscono i virtuosi “bernoccoli” dei candidati a gestire la cosa pubblica che ne hanno indirizzato azioni ed esperienze.

Non c’è da confidare quindi in quelli che sembrano essersi svegliati dal coma profondo durato in questi anni quando si evocava il puttaniere per rimuovere il golpista ormai superato dalla concorrenza, ridicola macchietta imparruccata che non incuteva più timore, come il vecchio gangster sfuggito alle maglie della giustizia cui antichi famigli sono obbligati a riservare rispettose attenzioni e doverosi omaggi quando vengono convocati nei covi dove il cadente tiranno passa i suoi giorni tra flebo e integratori.

E difatti eccoli riesumare la solita paccottiglia che ha decretato il successo dei sacerdoti della moralona che non hanno mai fatto una che fosse una battaglia contro il conflitto d’interesse, che hanno sfilato in un milione sotto le bandiere senonoraquandiste, a denunciare lo sfruttamento dei corpi femminili, oggi in dirittura d’arrivo per essere promossi a capitale umano, che hanno approvato campagne elettorali dove l’astuzia era non nominare il nome del diavolo invano.

D’altra parte come non capirli,  sono rincuorati, adesso che Salvini da generoso e insostituibile alleato del Migliore torna a essere il rozzo buzzurro mai davvero integrato nella corte di Arcore, recuperato come babau insostituibile di ogni battaglia educata cui dedicarsi nei ritagli di tempo lasciati dalla guerra contro il più feroce e pericoloso nemico in casa, i maledetti novax, e dunque  antifascismo da sardine, ambientalismo da botanici, femminismo da quote rosa.

Ci vuol poco a capire che rimettere in piedi nei campo devasagire in maniera trasparente e legale tati dalla carestia lo spaventapasseri tarmato che viene da passato serve a far accettare lo zombie che mesta nel torbido del presente.

È che stavolta non c’è un candidato del partito del MenoPeggio, è vero, Dell’uno sappiamo che le sue discese in campo sono originate, oltre che da una egolalia narcisistica che assume la forma di un delirio di onnipotenza incrementato da abusi e demenza, dalla necessità indilazionabile di tutelare i suoi interessi, le sue aziende che vacillano sotto la pressione di major più muscolari globali, dietro le quali si muove  la trimurti di Blackrock, Vanguard e State Street, la rete dei suoi fidi e infidi, la “famiglia” della quale vuole continuare ad essere il mammasantissima. È improbabile che abbia un programma che vada oltre all’opportunità di mettere il sigillo su misure propizie e soprattutto  ingerirsi legalmente nella formazione dei governi e nelle spartizioni, come è logico che sia per uno che agisce per suo conto sia pure consultandosi con logge e cosche affini.

Dell’altro invece conosciamo bene la piattaforma programmatica, della cui attuazione è stato incaricato quando era ancora un marinaretto, che ha  aggiustato secondo gli ordini e i paradigmi di Goldman Sachs,  che ha anticipato nella famigerata lettera a 4 mani che è servita a disarcionare il Cavaliere  e a aprire la serie di governicchi tecnici e ribaldi, tutti fotocopie conformi per quanto riguarda la proclamata sudditanza all’asse Ue/Nato.

Ve li ricordo io i punti salienti per ripristinare la fiducia degli investitori intenti a fare acquisti nell’outlet Italia, se ritenete che siano meno umilianti delle corna dietro alle teste coronate nello foto ufficiali e dei risolini carolingi in risposta alle performance di Berlusconi:  una profonda revisione della pubblica amministrazione, privatizzazioni su larga scala  compresa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali; criteri più rigorosi per le pensioni di anzianità;  riduzione del costo dei dipendenti pubblici, se necessario attraverso la riduzione dei salari; la riforma del sistema di contrattazione collettiva nazionale e degli ammortizzatori sociali; introduzione della cultura aziendalistica nella sanità e nell’università, tutto nel  contesto di riforme costituzionali che inaspriscano le regole fiscali e rafforzino il potere dell’esecutivo.

Non si può dire che l’uomo non sia fedele alla parola data al management dei lupi e degli sciacalli, pronto a perfezionare la pulizia etnica con tanto di valore aggiunto sanitario come è ragionevole che sia nell’ambito della selezione naturale a contrasto dell’ingiusta sopravvivenza dei parassiti.

E sbaglia chi crede che la sua austerità, la sua distruzione creativa non spargano sangue, umori tossici e viscere intorno,  che si svolga secondo le pratiche della micro chirurgia ripulita e anodina come prevedono digitalizzazione e telemedicina.

È una guerra e a confermarlo non sono solo i morti reali che stiamo contando, di fame, emarginazione, lesione di diritti e dignità, è anche la disponibilità  offerta a ospitare nelle nostre basi la nuova bomba nucleare B61-12 al posto delle B61, è la scriteriata campagna contro la Russia che ci sta consegnando a un inverno più gelido della guerra fredda, sono le strenne regalate con il nuovo anno alla Difesa con 23 programmi di “sviluppo” per 12 miliardi di euro.

E’ una guerra ed è dichiarata contro di noi, chiunque sia il cane messo sul Colle  a fare la guardia ai palazzi. (1- segue)

 

 

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