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Cacciari, er Cicuta

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Massimo Cacciari, lo stesso che per gusto dle paradosso votò si al referendum “boiata”,  ci ha fatto sapere di aver ricevuto la terza dose di vaccino. “Chi può vada a vaccinarsi… Chi non è d’accordo ci vada lo stesso, perché queste sono le leggi e finché non si ha la forza di cambiarle, bisogna rispettarle”, ha detto al Gazzettino, paragonandosi incautamente a Socrate.

Il filosofo, sceso tra noi dalla collina dello Steinhof a miracol mostrare,  ha infatti  equiparato spericolatamente  il vaccino  alla cicuta. Trascurando, a differenza di Hannah Arendt della quale consiglio l’agile libriccino da poco tempo tradotto anche da noi, che  Socrate, che, aveva giurato in tribunale di aver sempre agito nell’interesse della polis, andò incontro alla morte per aver professato idee incompatibili con la morale corrente, al fine di dimostrare con suo sacrificio  che la politica del governo di Atene poteva essere una pericolosa fonte di ingiustizia. Offrendo così ai contemporanei e ai posteri una lezione, che dura da secoli, sulla necessità per la coscienza umana di esercitare la critica nei confronti delle norme stabilite, dei dogmi e delle regole allo scopo di  discriminare tra che cosa è giusto e che cosa è sbagliato e di distinguere ciò che è bene da ciò che è male.

Anche se si sa che la credibilità delle proprie opinioni e decisioni dipende dal rischio che si corre per sostenerle, glielo perdoniamo:  non deve essere  facile per un divino mondano essere sottoposto a dileggio e linciaggio, dover subire l’ingiuria di affini appartenenti con meno successo alla sua stessa corporazione, essere trattato come un paria soggetto a discriminazione e che non può nemmeno salire sul vaporetto della linea 1.

Senza dire che anche nelle sue fasi più scapigliate, quando i suoi coetanei abbassavano il passamontagna e si inebriavano all’odore delle molotov, lui preferiva la pratica dell’entrismo, in veste di vezzeggiato enfant gatè del Pci.

D’altra parte non è il solo. Da due anni pensatori che hanno navigato lungo le coste dell’arcipelago della sinistra antagonista hanno scoperto le virtù del pensiero legalitario, anche quando  si è tradotto nell’ossequio a regole autoritarie e leggi eccezionali somministrate a scopo terapeutico e profilattico. Tant’è vero che il risveglio tardivo di alcuni in occasione dell’adozione del green pass, è stato compensato dalla presentazione delle referenze vaccinali, come attestazione del rispetto della legalità e di assunzione di una responsabilità collettiva, oggi largamente smentita dagli eventi.

Lo ha fatto lui, lo ha fatto Barbero, lo ha fatto Montanari, che hanno premesso alle loro obiezioni l’esibizione delle credenziali profilattiche e il curriculum di avveduti somministrati. Non stupisce che soggetti la cui autorevolezza e credibilità sono soggetti alla conferma di una prestigiosa carriera accademica con i suoi ragionevoli compromessi e logici adattamenti, facciano propri i paradigmi della realpolitik per non essere estromessi, in qualità di mistici del terrapiattismo e paranoici da sottoporre a Tso, dalle cerchie che contano.

Certo, a pensare ai 12 su 1500 che si rifiutarono di giurare la propria fedeltà al fascismo, dovremmo rallegrarci  che dalla palude di acquiescenza sia emerso un certo numero di intellettuali  che ha avuto il coraggio di distinguersi  subito preso di mira, ridicolizzato, oggetto di scherno e ostracismo. Ma  invece dovremmo far loro  una colpa per quella indole tante volte diagnosticata da Gramsci, che permette   di salvare capra  e cavoli, di tutelare la reputazione di illuminati, da sfoggiare un domani, se mai tutta questa tragedia finirà in farsa, e di salvaguardare i propri interessi professionali, qualcosa cioè di negato a tutti quei lavoratori che stanno perdendo salario, scatti di anzianità, garanzie, libertà di movimento, dopo che per due anni sono stati e sfruttati in fabbrica, in ufficio, in ospedale, in quanto essenziali e esposti al “contagio” su mezzi pubblici in quanto invulnerabili.

Oggi alla luce degli eventi si capisce quanto fosse sottilmente ambiguo il distinguo tra chi si opponeva al vaccino, subito catalogato come ignorante e rozzo barbaro e chi invece contrastava l’istituzione di un vergognoso lasciapassare.

È vero che su questa confusione fino a un mese fa hanno lucrato il governo, la comunità scientifica dei tecnici a mezzo servizio tra esecutivo e tv, gli opinionisti addetti alla equiparazione Green Pass patente, per dimostrare le virtù di un sistema di controllo punitivo di coloro che predicava la diserzione in nome di ubbie democratiche e virtuosismi costituzionali incompatibili con l’emergenza, per collocare  nella stessa zona buia dell’insurrezionalismo destabilizzante tutti i disobbedienti e gli eretici, tutti parimenti disertori da criminalizzare, estromettendoli dalla società civile. Ma è altrettanto vero che qualcuno aveva previsto  che, così come il green pass, il vaccino avrebbe perso via via il suo valore sanitario, per dimostrare la sua natura di strumento politico atto alla selezione, emarginazione e penalizzazione dei “dissidenti” da confinare in un gulag sociale, culturale e morale.

Adesso abbiamo la conferma che era inappropriato chiamarlo vaccino, in considerazione delle ben note differenze tra procedure di autorizzazione alla commercializzazione e procedure di approvazione che esigono un lungo periodo di sperimentazione sull’uomo.

Adesso molti  si interrogano sulla qualità di prodotti che richiedono il ripetersi delle somministrazioni quando nel passato venivano effettuati solo richiami, e come mai dopo che la vaccinazione di massa ha debellato il vaiolo non si siano verificati casi o varianti della patologia.

Adesso sono gli stessi vaccinati, assimilati ai novax se non si sono sottoposti a tutti gli step previsti dalla campagna militare, a dubitare della mitologia salvifica che prima rassicurava sulla totale efficacia dei prodotto per immunizzare, poi la limitava alla protezione di se stessi e degli altri dal contagio, poi certificava il potenziale di protezione che salvaguardava da contatti particolarmente efferati e dagli effetti di una malattia che poteva portare al ricovero e che poi ammetteva che si, poteva succedere di dover essere ospedalizzati, ma senza un decorso cruento e che infine dichiarava che i vaccinati non finivano nelle terapie intensive.

A conferma che la promozione del vaccino, come unica soluzione praticabile per contrastare un virus che si vuole resti inesplorato, sconosciuto, incontrastabile, a cominciare dalla proibizione di effettuare le autopsie a quella di adottare protocolli terapeutici solo ora permessi e tollerati, serve a esonerare i decisori e le amministrazioni nazionali e locali dalle colpe e dalle responsabilità di decenni di tagli, umiliazioni del personale sanitario, volte a spostare la “clientela” sulle strutture e i clinici privati, realizzando una sanità parallela favorita dal sistema di Welfare aziendale, dalla aziendalizzazione della cultura della cura, che dovrebbe straformare i cittadini in perenni potenziali malati da medicalizzare.

Adesso novax e vaccinati, traditori della patria e obbedienti esecutori delle volontà superiori, tutti soggetti a controlli, limitazioni delle libertà, sorveglianza e promozione della delazione cominciano a sospettare che il Green Pass sia solo il sigillo che blinda il vaccino somministrato al 90% della popolazione come arma decisiva per la demolizione dello stato sociale e di quello di diritto, come strumento di infame ricatto aggiuntivo agli altri che ci hanno già resi vittime di un racket inteso a espropriare il Paese della sovranità e i cittadini di diritti e garanzie.

Ormai chi a causa del regime di intimidazione oggi sia costretto alla prima dose, secondo i paradigmi dei violenti condizionamenti del regime, non si riscatta dalla condizione di disertore, è soggetto a sanzioni e discriminazioni, è oggetto di ostracismo e messa al bando non solo da un potere autoritario che ha prodotto cinque leggi eccezionali in un mese, ma dai superstiti del fanatismo dominate che perdono terreno e sfogano la loro rabbia vendicativa su chi ha avuto il coraggio di compiere una scelta informata e consapevole con tutti i rischi che comporta.

No, l’abusato Socrate non si sarebbe prestato a chiedere obbedienza a leggi ingiuste, non avrebbe favorito la condanna di chi di oppone e perfino di chi ha acconsentito sotto ricatto. E  non avrebbe anteposto il rispetto delle regole inique della polis alla verità sul suo malgoverno e sul suo malaffare.

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