Sono vaccini o no? La vexata questio sui preparati a mRna continua praticamente da un anno e ha un ‘importanza decisiva che va molto oltre quella definitoria visto che le campagne vaccinali e gli obblighi anticostituzionali hanno fatto leva sull’aura di positività e di sicurezza collegata alla parola vaccino, ma anche sul fatto che già esistono forzature di obbligatorietà fatte passare nei decenni scorsi  – vedi morbillo – a suon di milioni di dollari e con clamorose alterazioni di dati. Se i preparati di Pfizer, moderna e compagnia cantante si chiamassero correttamente trattamenti genetici solo pochi pazzi si farebbero “pungere”  per evitare una malattia lieve per quasi tutti ad eccezione di anziani già gravemente malati, e di certo non potrebbero essere considerati obbligatori. Dunque si tratta di una questione chiave sulla quale esiste un chiaro disaccordo tra esperti e perciò in seno alla scienza, cosa che potrebbe solo stupire la valanga di asini che ragliano ormai da due anni. All’apertura dell’annuale World Health Summit il 24 ottobre a Berlino, il membro del consiglio di amministrazione della Bayer, Stefan Oelrich  ha detto: “Le vaccinazioni mRNA sono un esempio di terapia cellulare e genica. Se avessimo fatto un sondaggio pubblico due anni fa e avessimo chiesto chi era disposto a prendere la terapia genica o cellulare e farsi iniettare nel corpo, allora probabilmente il 95% delle persone avrebbe rifiutato. Questa pandemia ha aperto gli occhi a molte persone all’innovazione in modi che prima non erano possibili”. Come si vede una presa di posizione tutta all’interno delle logiche mercantili di Big Pharma che tuttavia ammette che si tratta di qualcosa di completamente nuovo e che le iniezioni di mRna non sono quindi una vaccinazione nel senso in cui il termine è stato utilizzato fino ad ora, ma sono una terapia genica che  fino a poco tempo fa era molto controversa.

Nel corso della stessa assemblea  Peter Doshi , professore di ricerca sulla salute farmaceutica presso l’Università del Maryland ed editor del  British Medical Journal , una delle riviste mediche più prestigiose al mondo ha dichiarato:

“Sono uno di quegli accademici che pensano che questi prodotti a mRNA, che tutti chiamano ‘vaccini’, siano qualitativamente diversi dai vaccini standard. Ho trovato sorprendente apprendere che il dizionario Merriam-Webster ha cambiato la definizione di “vaccino” all’inizio di quest’anno. I prodotti a mRNA non soddisfacevano i criteri di definizione del vaccino, che Merriam-Webster ha tenuto per 15 anni. Tuttavia, la definizione è stata ampliata in modo che i prodotti a mRNA siano ora considerati vaccini”.

In effetti la questione non è come sono stati ridefiniti i vaccini appena prima della pandemia, nel corso della medesima, ma anche nel corso degli anni precedenti, man mano che Big Pharma ha puntato sulle campagne vaccinali a tappeto per compensare il calo di profitti dovuti ai farmaci,  sempre più prodotti a prezzi di gran lunga inferiori dalle aziende dei Paesi in via di sviluppo. E man mano che l’industria farmaceutica pensava ai preparati genici che si possono realizzare a costi inferiori. Ora rispondere alla domanda se i preparati a mRna siano o no considerabili vaccini è piuttosto complesso. I normali vaccini introducono nell’organismo virus o batteri attenuati o purificati  per far sì che il sistema immunitario li riconosca come estranei all’organismo e prepari le risposte specifiche contro di essi, mentre nei preparati a mRrna si introduce nelle cellule un codice genetico che altera il Dna e spinge la cellula stessa a produrre parti del virus – nel nostro caso la sola proteina spike – per stimolare il sistema immunitario a formare  anticorpi per quella specifica proteina. Dunque il meccanismo è profondamente diverso perché mentre  i vaccini tradizionali utilizzano le risposte naturali dell’organismo, i preparati genici vi si sovrappongono. La differenza non è solo concettuale, ma anche pratica perché una vaccinazione con un virus intero produrrà risposte immunitarie per molte parti del virus, mentre quella indotta con i preparati genetici la produce per un’unica proteina ed è dunque molto più labile ed effimera viste l’enormità di varianti prodotte dai virus

Tuttavia  i difensori dell’equivalenza tra vaccini e  preparati genici ribattono, facendo un po’ di confusione, dicendo che  in realtà nulla cambia, perché i virus non fanno altro che alterare il Dna delle cellule per indurle a produrre altri virus. In questo caso però mentre il vaccino difende dai virus,  il preparato a mRna si sostituisce al virus sia pure a fin di bene copiandone le modalità di riproduzione, in sostanza produce in primo luogo la malattia stessa e intanto come in questo caso diffonde  una proteina di per sé tossica come la spike. Ad ogni modo è evidente che si tratta di cose concettualmente diverse e addirittura antitetiche. Tuttavia esiste anche una differenza concreta perché mentre un attacco virale consente una rapida riparazione del Dna cellulare, il codice genetico artificiale ( incapsulato in forti difese in maniera da raggiungere comunque l’obiettivo) crea una proteina spike che penetra nel nucleo cellulare e inibisce significativamente la riparazione del danno al Dna  impedendo il funzionamento della proteina chiave di riparazione del DNA BRCA1 e 53BP1 nel sito del danno, e quindi la piena funzionalità dell’immunità adattativa. Se  il danno al Dna non può essere adeguatamente riparato, ciò provoca un’indebolimento nei confronti di tutte le malattie causate da infezioni virali, ma anche su molte altre condizioni patologiche cancro compreso. Questo emerge con chiarezza da uno studio svedese e da altre ricerche per cui se anche si volesse considerare la terapia genica e i vaccini come equivalenti, un minimo di criterio prudenziale  suggerirebbe di studiare ancora a lungo. In ogni caso di certo non si può dire che terapia genica e vaccini siano equivalenti solo perché in linea teorica hanno il medesimo scopo. E’ se e come si raggiunge questo scopo che conta, altrimenti potremmo dire  che l’aspirina e il cianuro sono equivalenti perché possono avere  lo stesso scopo: combattere il mal di testa.

Ancora più inquietante è il fatto che i tentativi di vaccinazione con mRna risalgono a molti anni fa addirittura al 1993, ma tutti gli studi clinici sono stati prima o poi interrotti, il che ovviamente non testimonia a favore di questa terapia che in sostanza è appena agli inizi. Voler cominciare con una vaccinazione universale è quanto di più assurdo si possa pensare sul piano sanitario. E infatti la salute e la sanità pubblica questo non c’entrano nulla col tentativo autoritario in atto. Per cui una terapia genica che farebbe paura a tutti, viene chiamata vaccino per infinocchiare i cittadini.