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Alto Tradimento

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non c’è propaganda governativa, non c’è pistolotto di una qualche autorità, non c’è esibizione della dogmatica – positiva o speculativa – della teocrazia scientista, non c’è berciare di qualche guardiania dei palazzi che non si aggrappi disperatamente alla Costituzione, come stampella, gruccia, puntello di ogni  nefandezza e di ogni misura, magari legale ma illecita, mirata a ridurre gli spazi della democrazia, a demolire definitivamente antichi edifici di diritti già pericolanti, a instaurare un regime che si richiama all’austerità e alla severità per punire qualsiasi aspettativa di benessere e ostacolare l’accesso a servizi e beni comuni.

E’ evidente che si tratta di una delle declinazioni del politicamente corretto la fissazione di criteri per il  rispetto di valori retrocessi a convenzioni: antifascismo, ambientalismo, parità di genere, che valgano come punti della tessera fedeltà di “cittadini” .

Adesso poi basta essere in possesso di documenti e certificazioni, messi a disposizione dai decisori che si sono assunti un incarico “morale” più che politico e operativo, e grazie ai quali si possono produrre referenze e attestare la propria appartenenza al consorzio civile, dal quale è doveroso escludere tutta una serie di soggetti “criminali”, liquidati all’origine, grazie al ricorso a stilemi “facilitati”: non vax, no green pass, negazionisti, misoneisti, populisti, sovranisti.

Il processo di accelerazione dell’abusivismo costituzionale è stato avviato con determinazione da quelli che avevano in animo, con una serie di correttivi, camouflage e interventi chirurgici invasivi, di manomettere la Carta, già retrocessa a prodotto letterario affidato a guitti e giullari, in modo da farla diventare il paravento dietro al quale eseguire le prove generali di un golpe sovversivo tramato e poi realizzato a norma di legge o di referendum. Qualche tentativo è riuscito, altri sono fortunatamente falliti, qualcuno è passato perfino in piena pandemia, quando si è trattato di contrastare con l’inganno i fermenti antipolitici, dando un po’ di guazza sul numero dei parlamentari , in modo da convincere che la quantità, o la sua diminuzione, possano influire sulla qualità.

in realtà i tradimenti si sono ripetuti e riprodotti perlopiù fuori dallo spazio della partecipazione al processo decisionale, attraverso leggi e leggine, norme e aggiustamenti, grazie al ricorso ormai frequentissimo alla fiducia, a provvedimenti d’urgenza largamente ingiustificati, a decreti leggi e affidamento di incarichi eccezionali a soggetti non eletti e mai sottoposti alla scelta e al controllo popolare.

Con iniziative estemporanee si è potuto mettere mano a capisaldi che sembravano inviolabili, con l’impegno dedito e solerte delle forze dell’arco costituzionale e soprattutto di quelle dichiaratamente “riformiste”, autorizzate a impiegare modalità e procedure eversive e destabilizzanti. E infatti le motivazioni sono quelle della preghiera quotidiana e degli atti di fede nell’Europa, nello Sviluppo, nel Progresso, nella Tecnologia, nel Merito, nell’Efficienza e nella Concorrenza.

Si è cominciato resettando l’articolo 1 nella sua prima parte, una delle più brutalizzate da più di un ventennio in coincidenza con la mitizzazione della Costituzione più bella del Mondo degna del telegatto, di Miss Universo pure dei Music Award, quella che recita  “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro“, uno slogan perfetto che è servito (e serve ancora) da copertura per lo smantellamento dello Statuto dei Lavoratori, per la cancellazione dell’articolo 18, per la produzione di normative (almeno una cinquantina dal 2000)  intese a fare dell’occupazione e dei posti di lavoro una lotteria sottoposta a regole discrezionali e arbitrarie, in modo da esonerare il padronato (pubblico e privato, grande e minore) dagli obblighi di dare remunerazioni dignitose e sicurezze, cancellando garanzie e prospettive di carriera per favorire precarietà e mobilità.

Basta pensare che il patron del referendum costituzionale del 2016, in occasione del quale aveva scoperchiato le tombe cercando testimonial prestigiosi del passato, aveva  puntato per la sua pubblicità progresso proprio sulla sua controriforma del lavoro con il Jobs Act di un anno prima che aveva beneficamente tolto di mezzo fastidiose pastoie, ostacoli arcaici, lacci e laccioli che impedivano l’esprimersi della libera iniziativa economica.

E pensiamo alla seconda parte di quell’Articolo 1 quella che  sancisce il principio di sovranità popolare, affermando che essa “appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione“. In realtà il richiamo solenne doveva evocare più i sentimenti di amor patrio che accendere il fuoco dell’autodeterminazione: la Costituzione fu frutto di un negoziato dai toni accesi e segnato dal compromesso tra i partiti. Solo una minoranza  interpretava la sovranità popolare, come lo spazio “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale“ e pensava di esercitarla coi referendum, con le manifestazioni, con la partecipazione attiva a tutti i momenti decisionali  creando un legame permanente tra cittadini e istituzioni.

E proprio da quella malintesa “necessità” pacificatrice e conciliatrice, sono poi scaturiti i tradimenti, commessi attraverso un susseguirsi di leggi elettorali che hanno eroso qualsiasi  possibilità per i cittadini di esprimersi liberamente, trasformando il voto in sigillo notarile a decisioni prese il alto e da remoto, grazie alle innumerevoli misure pensate e attuate per restringere la partecipazione al processo decisionale e perfino l’accesso alle informazioni su scelte e atti riguardanti il viver civile.

La cessione definiva della sovranità statale e di conseguenza di quella popolare è stata segnata dall’abiura compiuta con il Trattato di Maastricht, con il fiscal compact, con il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES),  con l’adesione alle norme dell’Unione Bancaria, tutti atti avviati dal divorzio tra Ministero del Tesoro e Banca d’Italia, con la perdita  da parte dello Stato Italiano, della possibilità di svolgere in totale autonomia ed indipendenza l’emissione di moneta nel sistema e implementati dall’attuazione della strategia messa a punto nella  crociera sul Britannia, dove il mozzo oggi incaricato della nostra liquidazione si prodigò, conquistandosi un posto da cortigiano eccellente,  per la svendita del patrimonio industriale nazionale.

Ci vorrebbero dei processi per alto tradimento per tutti gli sponsor della fine dell’Italia, della perdita della sua sovranità, del suo status di nazione e della sua personalità giuridica, voluti da una cupola a alto contenuto sovvertitore che si espresse esplicitamente per la demolizione di quelle Costituzioni nate da resistenze nazionali e marchiate da “tendenze socialiste”.

E sono proprio loro a usare la Carta come foglia di fico a coprire le loro vergogne, le 500 e più condizione cui sottostare per ricevere il prestito del racket, il prolungarsi indefinito dello stato di eccezione, le tessere di iscrizione coatta al totalitarismo che si fregia di un antifascismo che accoglie benevolmente gli utili idioti nel governo e le profittevoli teste rasate portatrici d’acqua del regime, le censure di qualsiasi autorevole voce critica e la discriminazione e criminalizzazione dei cittadini dissenzienti, la soggezione totale all’egemonia che dopo aver riscritto il passato e la storia, ne riproduce i più osceni misfatti.  

 

 

 

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