Anna Lombroso per il Simplicissimus

L’Opera  al nero è un romanzo di nel quale Marguerite Yourcenar narra della vita di Zenone che dopo gli studi di medicina e filosofia si dedica all’ alchimia, convinto com’è che “Fabbricare oro sarà forse un giorno così facile come fabbricare il vetro”. La sua storia, il travaglio interiore di un “errore di sistema”, un “virus da debellare” per la sua ostinata  ricerca della verità, è quella di   un “eretico” predestinato che si sottopone a processo alchemico di spoliazione di teologie imperfette, di pregiudizi e convenzioni. E  e si dipana in uno scenario  collettivo dove il  potere dominante consuma orrendi crimini, dove si compiono stragi e misfatti in nome della fede, dove tra sporcizia e fame circolano malattie ripugnanti che spingono al rifiuto di dio o ai riscatti redentivi  della conoscenza e del sapere.

È uno di quei libri nei quali  ti immedesimi e che ti catturano. E   sono così forti, e così feroce è il racconto di tragedie personali e universali,  da farti temere  di diventarne parte,  tanto che provi sollievo nel tornare alla contemporaneità e alla realtà per quanto amara.

Succede insomma quello che capita ai cittadini dei Paesi che erano stati persuasi di vivere in una civiltà superiore e intoccata dalla miseria, che, dopo l’orrenda rivelazione effetto della pestilenza del 2020, sono pronti a qualsiasi rinuncia per riconquistarsi quella condizione di normalità che è poi quella che, è accertato, ha prodotto lutti, dolore, disuguaglianze fatali, moria di anziani, povertà e che le “autorità” promettono di restituire grazie a nuovi sacrifici, abiure e abdicazioni.

Impulsi primitivi, selvaggi e malvagi dell’umanità non scompaiono ma continuano e esistere sebbene allo stato represso, aspettando solo l’occasione per manifestare la loro attività”, secondo Freud, e questo conferma la natura dei satrapi che stanno configurando il nostro futuro secondo regole selettive che prevedono una soluzione finale amministrativa e sanitaria, per togliere di mezzo tutti i soggetti che in varie forme ostacolano il loro disegno organizzativo, piccole e medie  imprese, artigiani talentuosi, esercizi e negozi di rione, hotel de charme, dei quali potrebbe essere garantita la sopravvivenza a patto di farsi cannibalizzare da grandi aziende monopolistiche, multinazionali  e catene strutturate favorite da aiuti statali e regionali, mentre chi non si adatta è condannato a scomparire senza lasciare rimpianti.

E che infatti non sono demiurghi cattivi, enigmatiche divinità ma uomini, superdotati  solo di interesse miserabili, di ambizioni  meschine, arrivati al successo grazie all’appartenenza a ceti privilegiati e dinastie o per affiliazione opaca, che rivelano indole e impulsi primitivi, selvaggi e meschini addirittura superiori a quelli che albergano in gente comune e che hanno dato loro la forza bruta e empia di sopraffare, umiliare, sfruttare per giunta rivendicando di esercitare quel potere maligno nell’interesse generale.

Quelle sono le loro colpe, ma ancora peggiori quelle di chi si assoggetta sperando di essere risparmiato o perfino ammesso e accolto nelle loro cricche in cambio di subalternità e obbedienza.

E difatti è ancora numerosa la platea di chi applaude al governo collaborando a consolidare il  credito politico di Draghi che starebbe  permettendo all’Italia rinascere, compiendo il miracolo  di rinunciare all’austerità e di attuare politiche di bilancio espansive, qualsiasi cosa voglia dire, quando dovrebbe significare investimenti in servizi, stato sociale, assistenza, istruzione, tutti settori che invece saranno investiti da grande piano di rinuncia della democrazia secondo i precetti della condizionalità imposta per accedere alle risorse a strozzo del Next Generation Ue.

Come in altri contesti ogni politica di settore è ormai retrocessa a negoziazione, perdente, con varie tipologie di padroni: Europa, immobiliaristi e cordate del cemento e dell’edilizia, Confindustria e piattaforme, multinazionali del farmaco e sanità privata, con l’obbligo a rinunciare a territorio, beni, partecipazione al processo decisionale dei  cittadini anche grazie al commissariamento del Parlamento e alla eclissi dei corpi intermedi, largamente corrotti, assoggettati e infedeli.

Ecco dunque che assistiamo all’accanimento barbaro, bestiale e primordiale dei più forti a danno di ceti indifesi e vulnerabili, già da anni resi insicuri ed esposti ad angherie e soprusi, isolati rispetto a corporazioni che ancora sono in grado – ma chissà fino a quando, a vedere l’attacco a categorie un tempo unite e in qualche modo tutelare da organizzazioni rappresentative – di contrattare e difendersi da ricatti.

Parlo dei precari, dei contratti atipici, degli uberizzati, dei dipendenti anomali di imprese il cui successo è da attribuire  al mancato o parziale pagamento di tasse e oneri, alla soppressione dei diritti dei lavoratori come le ferie e la tredicesima e l’intensificazione del lavoro. Ma parlo anche della campagna condotta con i diritti dei pensionati e quella contro i percettori del reddito di cittadinanza.

La narrazione della ripresa non sagnala l’unico dato certo:  quello che cresce in Italia è solo il numero dei poveri. Nell’ultimo anno quasi due milioni di persone (soprattutto donne con bambini e  giovani tra i 18 e i 34 anni) si sono rivolte a un centro della Caritas per avere un pasto caldo, un posto dove dormire o lavarsi. L’Istat indica in due milioni le famiglie, pari a 5,6 milioni di persone, che si trovano in una situazione di povertà assoluta, una cifra che supera gli 8 milioni se si fa  riferimento a quelli: più fortunati?   che versano in una situazione di ‘forte disagio economico’. Di quelli che i sociologi definiscono i nuovi poveri, uno su quattro è un “lavoratore”,   il 18% è costituito da pensionati, e  uno su cinque è beneficiario del Reddito di cittadinanza e sono loro i presi di mira dai killer dell’Esecutivo.

La voluttà nell’esercizio della ferocia è sfrontata, tanto da  richiamare in servizio la professoressa Fornero che stavolta non piangerà live nel presentare il piano del governo, predisposto secondo quella “sana governance economica” richiesta dall’Ue, pena la sospensione delle sovvenzioni e dei prestiti.

E d’altra parte nessuno potrà dire che è una sorpresa la bonaria «spalmatura», quella danza macabra di numeri su cui ruota la trattativa tra i partiti della maggioranza mentre i sindacati aspettano di essere informati oggi, per aggirare la Quota 100 gradualmente: 102 nel 2022, 103 nel 2023 e 104 nel 2024, definita come «interventi in materia pensionistica per assicurare un graduale ed equilibrato passaggio verso il regime ordinario», eufemismo educato per definire la retrocessione da Quota 100  alla Fornero.

E pare che, sebbene la gestione della pandemia  abbia prodotto almeno un milione di indigenti in più,  non sia possibile grattare il fondo del barile per trovare quei 200 milioni di euro per finanziare da qui a fine anno il reddito di cittadinanza , la mancetta ai parassiti, il metadone di Stato, incompatibile con il rigore e la severità dei Migliori, che sa sempre quando mettere in campo la scarsità delle risorse, soprattutto quando assume un significato pedagogico e educativo.

D’altra parte ce l’aveva giurato il mammasantissima della cupola europea, quando aveva stilato quella letterina che anticipava la meteora Monti,  il nostro declinare verso la Grecia in casa, il Jobs Act, quel memorandum di controriforme recessive “per una profonda revisione della pubblica amministrazione, per privatizzazioni su larga scala, compresa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali; per la  riduzione del costo dei dipendenti pubblici, se necessario attraverso la riduzione dei salari; per la  riforma del sistema di contrattazione collettiva nazionale con  criteri più rigorosi per le pensioni di anzianità nel quadro di una serie di riforme costituzionali… che ripristino la fiducia dei consumatori”.

L’aveva anticipato che la sua sarebbe stata una guerra su tutti i fronti contro i pesi morti, gli improduttivi, i parassiti vecchi e giovani che non sono in grado e non vogliono diventare capitale umano da sfruttare per mantenere quel che resta dell’impero in declino.

E se si comincia a capire che il racconto apocalittico del Covid è servito a “sviluppare” il green pass da estendere a ogni attività sociale, siate pronti a interpretare a cosa serve davvero il Pnrr, a cosa servono quei soldi che sono solo una parte marginale del bottino, l’esca per farci abboccare alle 500  e più condizioni capestro per la definitiva cessione della sovranità e dello status di popolo.