Site icon il Simplicissimus

100 per zero uguale zero

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Lo ammetto, dopo innumerevoli tentativi di leggerlo dalla prima all’ultima pagina come una specie di fioretto o come una ingenua affermazione della Volontà, sono arrivata molto tempo fa alla determinazione di affrontare Il mondo come volontà e rappresentazione come fosse il libro dei Ching,  aprendolo a caso per trovare domande più che risposte. E dire che sono una donna tenace che raramente ha abbandonato un’impresa ardua.

Ma proprio per questo  dubito che i 100 firmatari dell’appello comparso sul Fatto Quotidiano che si accreditano come “filosofi” abbiano invece portato a termine l’impervia lettura, a vedere come tratta la materia del suo sapere quella che dallo stesso quotidiano è stata scelta come interprete e testimonial del manifestino della razza padroncina (fossero 101 avrebbero potuto comparire come dalmati pronti per un concorso canino).

Si chiama Giovanna Cosenza e non contenta di aver apposto la firma in calce esplode per i lettori i principi che hanno sollecitato questa cerchia di pensatori a contestare il vecchio eretico e quelli che con tutta probabilità ha plagiato, come ebbe a dire Flores d’Arcais per riservare benevola indulgenza alle intemperanze di Cacciari.

I temi della reprimenda sono noti e si avvalgono di illustri precedenti, quelli degli illuminati che hanno inventato lo spericolato paragone tra patente e green pass, dei clerici che da due anni celebrano la scienza esigendo atti di fede e  trasformando i decreti in leggi naturali, dei “tecnici” intenti a convincerci che non è corretto chiamare sperimentale un prodotto che è stato sottoposto al test della somministrazione a milioni di cavie non tutte volontarie ma tutte inconsapevoli dei rischi che comporta.

Ma fin qui potremmo essere comprensivi, non si tratta di materia loro, vale il richiamo proprio di Schopenhauer:   “Il filosofo non deve mai dimenticare che la sua è un’arte e non una  scienza”, si saranno fatti prendere da una vis letteraria che ha tradotto le loro convinzioni in pensierini, in spigolature per la Settimana Enigmistica, perché succede che chi è abituato a atmosfere rarefatte a volte abbia la tentazione di scendere terra terra, di contribuire alla banalizzazione, al fine di essere comprensibile anche per il popolo bue, e di collaborare alla sua infantilizzazione per adeguarsi alla narrazione governativa che tratta i cittadini come fanciullini riottosi e scioccherelli da guidare.

E difatti la Cosenza ha scelto un approccio più compassionevole e caritatevole che pedagogico, vuole contribuire alla rassicurazione della minoranza di sciagurati, forse dementi, certo insensati, che  si oppone alle vaccinazioni a al lasciapassare, dominata dalla paura, dell’ago pare, ma non di perdere il pane e i diritti propri e di altri. Così suggerisce con femminea e delicata lungimiranza di intervenire sui parenti dei quei soggetti che appunto per questa loro permeabilità all’irrazionale, dovrebbero, secondo molti, essere sottoposti a Tso,  in modo da portarli sulla retta via grazie a “un lavoro anche affettivo, non solo razionale…”.

Restiamo dunque in attesa che si costituiscano gruppi di sostegno, come per gli alcolisti, gli obesi, i tossici, allestiti negli stessi hub vaccinali o nelle strutture di assistenza e cura del terzo settore ipotizzate nel Pnrr, perché è chiaro che la professoressa Cosenza una cosa ha introiettato di Schopenhauer, quell’idea di compassione che si trova anche in Wikiquote e che l’ha condotta a adottare un approccio così partecipativo e pietoso, sollecitata forse dal racconto della morte del filosofo per i postumi di una influenza che imperversava, senza vaccino,  nel 1860, colpendo anziani già macilenti. Eh si, quando si appartiene a consorterie intellettuali la fine di un astro nel proprio cielo stellato colpisce come la morte di un congiunto e suggerisce pensieri e azioni che a prima vista potrebbero contrastare con l’esercizio del libero arbitrio e il godimento di diritti individuali e collettivi, per perseguire soluzioni autoritarie in grado di “salvare vite”.

Così i 100 senza scavare troppo nei Bignami che li hanno assistiti in tanti anni di studio, ma che non hanno dedicato troppe pagine a Stuart Mill e manco a Aristotele, fanno propria una formula facile facile, perfetta come bigliettino dei biscotti della fortuna per illustrare alla marmaglia riottosa in cosa consista la Libertà, “condizione arcinota nelle comunità sociali” che ne “segnano i confini in modo che quella di una persona finisca quando lede la libertà di un’altra o le reca danno”.

Ogni tanto viene da sospettare che ci sia un dizionario enciclopedico ad uso esclusivo di chi vuole affiliarsi al ceto dominante e essere ammesso all’oligarchia, con le definizioni, gli slogan, le massime per turlupinare le masse, esibendo una paccottiglia di credenziali civili e di principi progressivi, a totale carico però di chi sta sotto. E difatti le libertà di chi appartiene a ceti privilegiati possiede caratteristiche commerciali e di marketing proibite e interdette alla gente comune, che va convinta che  il massimo cui può aspirare è la concessione arbitraria di licenze a pagamento a chi se le merita o se le può comprare.

Per carità mica si pretende che la Cosenza e gli altri 99 abbiano anche letto Marx, quando sostiene che in presenza della necessità non può esistere libertà, soggetti come sono gli sfruttati e i sommersi a tremendi condizionamenti, a intimidazioni e ricatti. Ma prima e dopo di lui, fin dai presocratici, direbbe Eco in una bustina di poche battute in più di un tweet, tanti si sono esercitati sul tema. Cominciando col dire che è almeno arrischiato ridurla e declinarla per tipologie e per categorie, di credo, di espressione, di culto, di opinione, sessuale perché la conseguenza inevitabile è determinare così delle gerarchie e delle scale di priorità, così come avviene per i diritti, dando luogo al fenomeno in corso, da quando la salute è diventata primaria tanto da imporre la rinuncia a lavoro, istruzione, circolazione e da quando civiltà e umanità esigono che ci si possa sposare tra persone dello stesso sesso, ma intanto non ci sono più le condizioni economiche e sociali per mettere su famiglie, avere un tetto, essere genitori men che mai in affitto.

Può essere invece che i più fighetta abbiano dato una scorsa a Rawls, il pensatore più amato dai Filantropi, persuaso che la Libertà sia un corollario discendente da una equa redistribuzione di beni e risorse, nella speranza di poter diventare consulenti motivazionali d’impresa e insegnare così a padroni, manager e dipendenti che allora deve essere distribuita equamente anche la libertà in modo da svincolare chi produce da lacci e lacciuoli, rimuovere ostacoli all’iniziativa che non per niente deve essere “libera”.

Certo è che negli anni ci dobbiamo essere  persi qualcosa se lo studio della filosofia come delle altre discipline umanistiche che serviva a nutrire la curiosità e il desiderio di studiare, sapere e andare in profondità,  e a alimentare il dubbio come un  dono fertile da coltivare per conoscere meglio noi stessi, gli altri, il mondo, è diventato un marchio per far propri, legittimare e imporre dogmi al servizio della rappresentazione dominante.

Exit mobile version