Un amico che si occupa di numeri e di economia avverte che stiamo entrando dentro un programma di spoliazione senza precedenti: il piano per la ripresa e la resilienza che suona quasi come una pernacchia, Pnrr va ben oltre i soliti vincoli dell’austerità perché in questo modo, il Governo ha appaltato alla Commissione Europea la politica economica dell’Italia per un periodo ben superiore alla durata del suo mandato e questo indipendentemente dalle scelte che gli italiani esprimeranno attraverso le elezioni che prima o poi si faranno. Le condizioni imposte saranno lacrime, sangue e taglio di quel che resta degli ultimi trent’anni di conquiste sociali. Questo appare chiaramente dall’articolata analisi del documento nel quale sono descritte le condizioni del Pnrr: il Next Generation EU  attribuisce all’Italia 191 miliardi di euro (69 a fondo perduto e 122 come prestiti da restituire) in varie rate, fino al 2026. Li attribuisce però a patto che vengano rispettate 528 condizioni concordate tra Italia e  Commissione. Le condizioni si suddividono in 214 traguardi da raggiungere e 314 obiettivi quantitativi da conseguire per il tramite di 63 riforme e 151 investimenti. Già da questi numeri allucinanti si trae una tragica impressione di dove il Paese sia finito.

Limitandosi alle condizioni per la prima tranche di denaro erogata ad agosto (11,4 miliardi a fondo perduto e 12,6 miliardi di prestiti) -, si nota che l’erogazione è subordinata al rispetto di 51 condizioni. che rappresentano un esempio del prezzo che ci siamo impegnati a pagare per il piatto di lenticchie delle politiche UE – che il Financial Times ha descritto come ampiamente insufficienti (“nane”) rispetto a quelle attuate negli Stati Uniti. Dopo, oltre a queste prime 51 condizioni, ce ne saranno altre 477. Dopo averle rispettate, l’Italia sarà un’altra Grecia o forse peggio ancora. Salta agli occhi che i soldi del Pnrr sono la parte meno rilevante del piano, anzi non sono che l’esca, mentre il vero contenuto politico è racchiuso nelle clausole che stravolgeranno le regole con cui è amministrato il Paese. E’ stato realizzato un capolavoro mediatico  – attraverso una comunicazione propagandistica, degna delle dittature –  secondo la quale i soldi della Commissione anche se fossero – insufficienti a garantire qualsiasi ripresa sono comunque un contributo alla crescita del Paese, ed un contributo libero dalle condizioni capestro che nel decennio passato hanno messo in ginocchio la Grecia e tutti gli altri Paesi che si sono imbattuti negli “aiuti” europei. Insomma, si fatto credere che il New Generation EU fornisca finanziamenti incondizionati: niente austerità, solo soldi, perché dunque avremmo dovuto rifiutarli come peraltro hanno fatto tutti gli altri?

Invece sulla base della documentazione istituzionale disponibile, questi soldi portano con sé la vecchia austerità, in una forma nuova e ancora più pervasiva. Infatti, le risorse del PNRR arriveranno all’Italia in 10 rate semestrali di prestiti e 10 rate semestrali di contributi a fondo perduto e l’erogazione di ciascuna rata è subordinata, da un lato, alla solita disciplina di bilancio (la vecchia austerità fatta di tagli alla spesa pubblica e tasse), e dall’altro al dettagliatissimo piano di riforme – illustrate nel Pnrr – che convergono sull’obiettivo di abbattere gli ultimi residui di stato sociale e trasformare il nostro modello economico in una economia di mercato al totale servizio del profitto privato. Dunque, ogni euro del piano porterà probabilmente con sé decine e decine di euro di tagli alla spesa sociale. Per poter rendersi conto di tutto questo basta dare  all’ Allegato riveduto della Decisione di esecuzione del Consiglio relativa all’approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia, un documento che illustra nel dettaglio le citate 528 condizioni negoziate tra Italia e Commissione. Il documento riporta con precisione tutte le condizioni suddivise per tranche di finanziamento.

Venendo ai dettagli, il primo pacchetto di condizioni riguarda alcune riforme di contesto, in primis semplificazione delle procedure amministrative, appalti pubblici e concessioni e giustizia. Ma questo che cosa significa, concretamente? Significa eliminare una serie di controlli e verifiche preliminari della fattibilità tecnica, ambientale e archeologica dei lavori pubblici, in modo tale da rendere possibile uno sviluppo urbano che favorisca gli investimenti edilizi, a discapito dei vincoli pubblici in fatto di ambiente, paesaggio e cultura, beni di nuovo sacrificabili.

  • In tema di giustizia, riforma lampo del processo civile e del processo penale. Per accelerare i tempi della giustizia, tempi oggettivamente troppo dilatati, si è scelta la via della mera semplificazione delle procedure, una scelta frettolosa e tutta politica in questioni estremamente delicate per la vita del Paese.

La realizzazione di centinaia di progetti da parte della amministrazioni pubbliche imporrebbe il rafforzamento della loro capacità amministrativa., ma non sarà così, perché è fatto divieto di impiegare le risorse del Pnrr per finanziare assunzioni a tempo indeterminato. Di conseguenza, tutti i rinforzi chiamati a collaborare all’attuazione del Pnrr saranno assunti nel pubblico impiego con contratti a tempo determinato, realizzando la più grande operazione di precarizzazione del lavoro pubblico mai vista che farà da apripista verso una più globale precarietà E pensare che l’Italia ha un numero di dipendenti pubblici ben inferiore a Paesi come Germania, Francia e Spagna.

Impegno a cancellare gli effetti del referendum per l’acqua pubblica del 2011, quando fu sancita la natura pubblica di questo bene e della sua gestione. Tra le condizioni da rispettare per il prossimo dicembre, infatti, si legge di una “Riforma del quadro giuridico per una migliore gestione e un uso sostenibile dell’acqua” Si noti come questa espropriazione di un bene comuna venga sostenuto con la magica parolina sostenibilità che non significa nulla.

Altre clausole prevedono il trasferimento della titolarità di ponti, viadotti e cavalcavia sulle strade di secondo livello a quelle di primo livello (autostrade e strade statali), da Comuni, Province e Regioni allo Stato. Dal momento che, per effetto della riforma, “la manutenzione di ponti, viadotti e cavalcavia sarà di competenza dell’ANAS e/o delle società concessionarie autostradali”, questo significa di fatto poter regalare alle società concessionarie autostradali anche la gestione della miriade di strade di secondo livello (comunali, provinciali e regionali). Ma come saranno pagati i concessionari, trattandosi di strutture non a pedaggio? Semplicemente con lo spossessamento degli Enti locali di ogni potere sul sistema viario di loro competenza ed i soldi statali e regionali, tolti a Comuni e Province.

Poi c’è il Gol, ossia il programma nazionale “Garanzia di occupabilità dei lavoratori” una naturale evoluzione del ‘reddito di cittadinanza che tuttavia subordina l’erogazione del reddito all’accettazione di lavoretti precari. Poi c’è la semplificazione delle procedure nelle Zone economiche speciali leggi Mezzogiorno con commissari che agiscono in deroga ai contratti di appalto. Possiamo immaginarci.

Si tratta solo di alcuni punti anche per non fare un post monstre, ma emerge che dietro alla promessa di infrastrutture per il Paese e un ritorno alla crescita si cela un tessuto di riforme – a discapito del benessere collettivo e dei diritti sociali – realizzate da un programma di privatizzazioni e deregolamentazioni che si impone sull’agenda politica delle forze parlamentari, proprio in virtù del loro meccanismo di condizionalità. Queste riforme che ci siamo impegnati a varare entro il prossimo dicembre, qui brevemente illustrate, non sono contenute nel programma politico di alcun partito, non sono sottoposte ad alcun dibattito, sono la costituzione materiale di una nuova forma di austerità, che sta determinando gli assetti fondamentali della nostra organizzazione economica e sociale tranche dopo tranche di questo “grandioso piano”  di aiuti europei.