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Le università del comma 22

Mi limito e riferire quando accaduto a un docente in una delle più note università italiane per mostrare a quale punto di ipocrisia, di idiozia e di miserabile servilismo possa giungere questo Paese. Dunque un docente deve fare degli esami ad alcuni studenti e siccome non vuole assolutamente cedere al diktat della vaccinazione e del relativo passaporto vaginale, prima di entrare nell’ateneo si fa il tampone che risulta negativo. Così entra con il foglio che dimostra la “sua sana e robusta costituzione”, e che sostituisce il green pass, ma evidentemente sono già tutti in allarme per l’ingresso di un eretico nelle aule del sapere unico. Infatti dopo pochi minuti arriva la telefonata di un collega che dice di  parlare parla a nome del direttore di istituto chiedendole se ha il green pass.

“No, ma ho l’ esito del tempone. Pero scusa visto che hai l’ufficio a due passi dal mio perché mi chiami al telefonino e non viene di persona?”

“Ma io non sono in università… mi sono vaccinata, ma adesso ho il covid da una settimana sono a casa”

“Ma scusa ma tu hai il green pass? ”

“Si ovvio… quindi potresti entrare tranquillamente in università… pur essendo infettata…”

Non conosciamo la risposta , ma poco dopo questa aberrante conversazione ecco che compare una sorta di dirigente amministrativo che chiede il codice qr il quale  dovrebbe essere associato al tampone, ma in realtà non c’è e si perde tempo a cercare nei siti della regione come procurarsi questo codice. Niente da fare. “Ma a cosa serve questo codice visto che ho qui il risultato del test?”

“Niente sono le regole e sai che se non le seguiamo possiamo avere dei guai”

Insomma una situazione kafkiana che viene confermata dalla telefonata successiva del direttore di istituto il quale ribadisce il concetto  ” Sono le leggi (in realtà sono ordinanze) dobbiamo verificare il codice qr e se non lo facciamo potremmo essere sanzionati” . Spiegando poi che tale codice non serve a nessuno se non all’università stessa. Si obbedisce per obbedire, si ha paura della propria ombra, cosa che tra l’altro non depone a favore della  professionalità reale di persone che temono di poter essere facilmente sostituite.

Immagino che non sia molto diverso in altri atenei e che le università si siano fatte imporre una sorta di stato di polizia per di più basato su un coacervo di allarmi mediatici privi di fondamento, di logica  e di solide ragioni scientifiche. Cosa si va ad imparare in queste università? Ad essere pavidi e servili o così stupidi da non accorgersi nemmeno delle più palesi mistificazioni? Chiaramente qui il problema non è burocratico, non sta in un codice, sta in gente che non sa dire di no e che costretta a insegnare le ragioni del padrone non resisterebbe nemmeno un minuto pur di conservare il posto (anzi in molti casi già lo fa) E del resto non c’è motivo per cui  le università sono debbano essere  travolte appieno dal collasso etico e cognitivo occidentale, anzi ne sono in qualche modo alla testa.

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