Se ci chiediamo cosa sia davvero cambiato dopo l’inaspettata fuga da Kabul si potrebbe rispondere niente e tutto. Niente perché questo ritiro non è un segnale di ridotta potenza militare e nemmeno di una riduzione dell’imperialismo che invece opera pienamente altrove. Tutto perché a livello simbolico l’implosione velocissima di tutto ciò che la ventennale invasione  aveva costruito in Afghanistan dimostra che ormai molta parte del mondo non ammira e non aspira a emulare la democrazia liberale americana. C’è stato un tempo in cui  gli occidentali  erano fiduciosi che il mondo sarebbe stato quasi inevitabilmente rifatto a propria immagine, poiché espandeva all’infinito le sue regole ed esportava con qualche apparente successo il proprio  modello. Molta di questa fiducia derivava dalla convinzione che il sistema economico capitalista aveva un vantaggio decisivo su qualsiasi altra forma di organizzazione sociale e le difficoltà in cui versavano i Paesi comunisti sembrava confermarlo, ma poi la straordinaria ascesa della Cina a fabbrica del mondo ha incrinato in radice  questa convinzione. La Cina ha i suoi problemi economici, certo, ma a differenza degli occidentali, sta cercando di allontanarsi dal crudo neoliberismo e dalla liquidità infinita e si sta deliberatamente allontanando dalle distorsioni di questo modello, dalle enormi disuguaglianze e dai danni sociali collaterali. Sarebbe un errore sottovalutare “l’attrazione” di questa altra visione e disconoscere che la Cina è essa stessa un polo di civiltà e sarebbe davvero cieco non pensare che una consistente parte del mondo si sta orientando verso questo diverso modello.

Insomma è cambiato il sistema di riferimento e i vecchi imperialisti adesso temono l’imperialismo altrui ancorché esso sia sostanzialmente differente dal loro modello violento e impositivo che ha segnato oltre due secoli di storia.  Paradossalmente tutto questo si deve non all’ascesa di un singolo Paese per quando grande e popoloso esso sia, quanto alla decadenza dello stesso occidente dovute alle logiche interne del capitalismo: il benessere diffuso che si riteneva dover alla fine toccare tutti, è finito in poche mani mentre ci avvia alla totale precarizzazione del lavoro, allo smantellamento dei diritti acquisiti e delle tutele sociali, al progressivo impoverimento di interi ceti e in particolare del ceto medio; la democrazia è man mano degenerata trasferendo il potere reale nelle mani dei potentati economici privati limitandosi a conservare le vecchie ritualità, salvo manipolarle in maniera pesantissima quando nonostante tutto il voto non va nella direzione giusta come abbiamo visto in maniera clamorosa nelle elezioni americane; infine persino le libertà elementari e fondamentali sono state negate con un pretesto sanitario gonfiato all’inverosimile che solo ora comincia a delinearsi come uno dei più grandi disastri umanitari oltre che l’avvio di regimi autoritari travestiti, ma nemmeno poi tanto. Solo un pazzo potrebbe pensare che questo possa essere un modello per altri e di certo Washington non può sperare che il “mondo” si allei con questo simulacro di democrazia contro l’ “autoritarismo” della Cina.

Pat Buchanan un noto giornalista americano definito “paleo conservatore”  ha scritto recentemente: “Dopo l’11 settembre, Bush ha invaso l’Afghanistan e l’Iraq. Il presidente Barack Obama ha attaccato la Libia e ci ha fatto precipitare nelle guerre civili siriane e yemenite. Così, per oltre 20 anni, siamo stati responsabili della morte di centinaia di migliaia di persone e ne abbiamo cacciate altre centinaia di migliaia dalle loro case e dai loro paesi. Gli americani sono davvero così ignari? …Molti di questi popoli ci vogliono fuori dai loro paesi per lo stesso motivo per cui gli americani del XVIII e XIX secolo volevano che francesi, inglesi e spagnoli fossero fuori dal nostro paese e dal nostro emisfero”.

Per di più proprio nel momento in cui l’impero si focalizza sul suo nuovo nemico aumenta il senso di impotenza e della divisioni interne, perché qual è il vero collante degli Usa, in qualche modo la sua identità? Dalla fondazione del Paese gli Stati Uniti sono stati un impero repubblicano espansionista che ha incorporato sempre nuove terre, nuovi popoli, nuovi beni, nuove risorse e ha rastrellato l’intelligenza di mezzo mondo per conservarsi in testa. Questo “impero della libertà”, come lo chiamava Thomas Jefferson, non conosceva limiti… La continua espansione militare, commerciale e culturale  è stato il collante dell’America è quindi sempre stato ciò che Niccolò Machiavelli chiamava virtù al servizio di “una comunità per l’espansione”. Senza di essa, la finalità dei vincoli civici di unità inevitabilmente viene messa in discussione. Un’America che non sia un glorioso impero repubblicano in movimento non è l’America.

Dunque l’insensata lotta contro la Cina da parte di un sistema economico e finanziario divenuto estremamente precario e che per giunta  ha trasferito gran parte della sua capacità produttiva proprio laggiù  può permettersi tutto questo? Di certo no, ma istintivamente pensa di doverlo fare per esistere. Ed è questo ciò che sta fratturando l’America oltre ad essere  ciò che il mondo non sopporta più.