Anna Lombroso per il Simplicissimus

La voluttà di abbattere idoli e totem è stata diagnosticata e analizzata nei secoli come una forma di parricidio, o come manifestazione di risentimento e addirittura di vendetta  nei confronti di chi ci ha illusi con promesse non mantenute o profezie che non si sono avverate, oppure – succede con tiranni, despoti e condottieri – per la smania di far dimenticare quanto erano stati idolatrati malgrado i loro delitti.

Va a sapere cosa gli è preso a tutti quelli che da un bel po’ hanno fatto di filosofi, accademici, pensatori, scienziati non allineati, oggetto di dileggio, di deplorazione e, infine, di linciaggio.

Dopo Cacciari e Agamben, dopo il Nobel Montagnier retrocesso a rincoglionito come i primi due, dopo Barbero e Montanari, colpevoli di eresia multipla nei confronti della storia -manipolata- e della scienza – assoggettata all’industria, dopo Luciano Canfora, reo di aver scritto: «L’attentato allo stato di diritto che si sta consumando sotto i nostri occhi in nome della salute pubblica, con uno stato di emergenza che dura ormai da quasi due anni, e ora con l’istituzione del cosiddetto green pass ….. è un vero e proprio impianto estorsivo e ricattatorio affinché i cittadini facciano ciò che la Costituzione vuole si possa fare solo con una legge, la quale deve tuttavia essere costituzionale» da oggi autorizzato a parlare di democrazia solo con Tucidide o Pericle, adesso è la volta di Carlo Freccero,  per il quale la definizione più bonaria data da quelle pennette al vetriolo che si consumano nell’invidia e nella frustrazione è “picchiatello”.

Non gli perdonano il delitto di lesa maestà del lasciapassare che ha avuto l’ardire di  definire come “l’embrione della futura tessera di identificazione digitale a cui mira il «Grande Reset» in via di attuazione”, convinto che “la nuova normalità in cui stiamo vivendo non finirà coi vaccini, ma continuerà nel tempo, con la rivoluzione digitale e la rivoluzione verde” e ricordando come “non è la pandemia ad avere causato la crisi economica. E piuttosto la crisi economica ad avere causato la pandemia, o quanto meno, ad averla amplificata al fine di ultimare il «Grande Reset»”.

Apriti cielo, così si è condannato da solo a arruolarsi tra i vituperati complottisti, quei visionari avvelenati che mettono in dubbio tutte le grandi certezze, la prima della quali consiste nel convincere chiunque sia dotato di ben dell’intelletto, ragione e lungimiranza, che non è possibile e praticabile niente di diverso e men che mai alternativo allo status quo, alla cui manutenzione è opportuno contribuirne per cavarne qualche vantaggio, qualche beneficio o, negli ultimi tempi è così, la mera sopravvivenza.

E giù uova sode virtuali, pomodori marci immaginari contro un mito apocalittico del passato, per ridicolizzarne l’immagine, perfino del ciuffo ribelle, corvino, è giusto ammetterlo, quanto chioma e barba del filosofo dello Steinhof, e il potere di influenza che ha esercitato negli anni nei quali rappresentava un vanto nazionale in qualità di “massmediologo” prestigioso e di anticipatore di una televisione di servizio pubblico  “sperimentale, alternativa e provocatoria” oltre che innovativa da un punto di vista tecnologico.

La colpa che gli viene mossa è al solito quella di essere un snob che per ribadire al sua remota distanza dalla marmaglia è disposto a sostenere tesi ribalde e paranoiche, a esprimere vaneggiamenti allucinati per ritagliarsi uno spazio allo scopo di rinnovare i fasti di una lontana popolarità, la stessa aspirazione, per dirla tutta, che ha spinto altri intellettuali in eclissi a firmare appelli in favore dei governi dell’emergenza, a sostenere le ragioni della sospensione della democrazia e della necessità di uno stato di eccezione e ora a schierarsi come una falange macedone -secondo un modo di dire caro a Flores d’Arcais che lo usava per definire l’azione di contrasto allo stesso tiranno che lo aveva messo a dirigere Mondo operaio – contro no vax e no green pass, manipolo di ignoranti, primitivi, irresponsabili sciagurati che propagandano l’egoismo individualistico che minaccia lo spirito unitario del paese stretto intorno ai prodotti BigPharma grazie alla guida illuminata di una bancario ottuso e prepotente e di un generale della Nato.

Ma siccome un carattere sempre presente nell’autobiografia nazionale è la riduzione di ogni arena di confronto ideologico a retrobottega delle farmacie di provincia dove un tempo si riunivano i notabili per litigare e poi far pace in nome di comuni interessi, il povero Freccero non è oggetto di ostracismo e anatema perché denuncia come sia in corso  il più grande e organizzato tentativo di ristrutturazione capitalistica che si sia mai verificata nell’Occidente, perché gli pare evidente come a molti altri che ciononostante sospendono la critica in considerazione che “c’è il Covid”, che si è formato un fronte strutturato per la demolizione degli stati sociali e di diritto e delle democrazie, promosso dalle multinazionali, quelle farmaceutiche, delle piattaforme, del digitale, dal sistema finanziario e dai fondi di investimento come BlackRock che ha reso permanente la crisi cominciata con la circolazione di capitali e poi replicata fino a aggiornarla in forma di pandemia qualche giorno dopo che a Davos  il World Economic Forum   discute “profeticamente” di economia e di vaccini.

Macché, la sua colpa è di incarnare la presenza in vita del “populismo” bizzarramente impersonato da uno  strampalato che con esternazioni “anche comiche”, dimostra “che esiste un blocco di opinione consistente e coerente con un sentire comune e una comune visione del mondo alternativa a quella democratica”, rappresentata plasticamente, appunto, da un commissario liquidatore, un alto grado dell’esercito in divisa e servizio permanente, un esecutivo che impone i suoi comandi attraverso leggi eccezionali e voti di fiducia di un parlamento espropriato di poteri e competenze,  una comunità scientifica che detta le misure da prendere in perfetta sintonia con i diktat confindustriali.

E se sbrigativamente il barista della brodaglia alla cicoria della mattina del Corriere lo assimila ai fanatici del “signore coi baffetti della birreria di Monaco”,  oltre alla inossidabile militanza 5stelle, oggetto di festoso dileggio è la sua indole “situazionista”, non tanto per le sue passioni intellettuali e la sua dimestichezza tra Baudrillard, Foucault e Debord ma per una sua capacità di “approfittare” delle situazioni che hanno fatto di lui una star della tv commerciale oltralpe, un influente manager di quella pubblica in Italia, direttore di rete e membro del consiglio di amministrazione della Rai.

Eh si è quello che non gli perdonano, il successo che loro non hanno conquistato, immeritato quindi, del passato, e oggi una militanza “contro” che sarebbe ancora meno credibile del comunismo con la pashmina dall’ultima spiaggia sotto Capalbio, dove la brava gente del ceto intellettuale del Draghistan sta svernando.

Se c’è una colpa in più in aggiunta ai crimini sanitari e sociali in capo all’oligarchia è di averci costretto a recuperare un album delle figurine che abbiamo detestato e combattuto che rivela come le scuole, le università, gli studi,  perfino i partiti del passato siano stati un humus incancellabile e fecondo dal quale nasce qualche fiore di pensiero e libertà.