Probabilmente chi ha meno di 40 anni non ricorda nemmeno il nome de   Il dottor Kildare che fu forse la prima serie televisiva medica ad essere creata e ad avere un successo planetario. Tratta dai romanzi di uno scrittore più che mediocre, Max Brand, che aveva ripreso senza minimamente comprenderne la dimensione sociale, alcuni temi centrali di Cronin, sul piccolo schermo ebbe subito un enorme successo perché era quanto mai rassicurante: Kildare l’idealista dava tutto per i pazienti e la sua abnegazione permetteva di superare le contraddizioni e le esclusioni di una sanità totalmente privata come quella americana. Erano gli stessi anni ’60 in cui Giuseppe D’Agata scriveva il  molto più realistico anche se sarcastico Medico della Mutua che poi verrà incarnato al cinema in maniera eccessivamente caricaturale da Alberto Sordi, contribuendo fortemente ad attenuarne il messaggio. Ad ogni modo il dottor Kildare  è stato lo stampo sul quale è stato costruito l’impianto di tutte le innumerevoli serie mediche venute successivamente: che si sia degli eccentrici come House oppure degli autistici o ancora degli uomini senza qualità tutti i medici protagonisti sono alla fine dei simil Kildare, ovvero sempre bravissimi e sempre interamente dediti alla salvezza dei pazienti.

A lungo andare, quarant’anni in compagnia di questi “eroi” ci ha fatto dimenticare che generalmente ai medici dei pazienti non importa un fico secco, anche giustamente in un certo senso, che si lamentano di essi e li odiano per l’assillo a cui li sottopongono, che assai spesso sono assolutamente disinformati, che la massima parte trae il suo sapere aggiornato dagli informatori farmaceutici che sono a loro volta dei medici falliti al servizio delle case farmaceutiche o di apparecchiature medicali. Insomma il dottor Kildare, assieme ai suoi nipoti e pronipoti televisivi è solo una figura letteraria che non esiste o per dirla con il linguaggio di oggi è solo una fiction che tuttavia nella mente dell’uomo della strada ha mantenuto in qualche modo una concezione mitica del medico che smette di essere un professionista quale è, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti (il buon medico è quello a cui ci si rivolge raramente), per rimanere una sorta di nume tutelare. L’aumento tempestoso e non sempre dominabile delle conoscenze negli ultimi 40 anni, il sempre maggior legame della ricerca con i soldi e i finanziamenti da parte dell’industria farmaceutica e una lunga serie di condizioni legate a questi elementi di base ha finito per enfatizzare la distanza tra la figura del medico come viene percepito ancora nell’immaginario di molti, grazie anche a un martellante intervento narrativo e la sua realtà. Mi piacerebbe dire che molto di tutto questo è anche derivato dal passaggio da una visione olistica della medicina, come quella espressa nel 1978 ad Alma Ata e che riguardava il benessere globale di una persona compresi gli aspetti sociali e relazionali della vita a una esclusivamente tecno funzionale ed economica di origine americana che non considera il rapporto interno – esterno fermandosi ad elencare nemici e pseudo nemici perché alla fine questo è intellettualmente più semplice, non pone problemi etici e fa guadagnare molto di più.

Ma se qualcuno in camice bianco ti dice di vaccinarti perché così dice il produttore dei vaccini stessi,  perché così dicono le “Autorità” sulla base di nulla o di troppo poco o addirittura del contrario di ogni logica e perché magari prende anche un contributo per fare l’iniezione, non sei di fronte a Kildare, ma a Tersilli. E mentre il primo non esiste, dei secondi ce n’è un’ infinta schiera: il pressappochismo, la cialtroneria e la scarsa preparazione culturale diventano tracotanza vaccinale di fronte a persone cui la società non ha dato sufficienti strumenti per difendersi dalle aggressioni di una scienza spazzatura che riempie le casse e svuota i cervelli.