Anna Lombroso per il Simplicissimus

Allora, a oggi, abbiamo un presidente del consiglio che rivela la sua pidocchiosa codardia tirando il sasso e poi nascondendo la mano e giustificando il ripensamento per via delle indebite pressioni dell’energumeno che ha promosso a alleato insostituibile di governo. In modo da rivendicare così la paternità di misure a elevato contenuto morale, pensate per ribadire la responsabilità personale e collettiva dei cittadini, intese come sono a contrastare il Grande Male del quale in due anni sembra che non si continui a non conoscere  nulla, a cominciare da appropriate terapie che da tempo hanno dimostrato la loro efficacia in casi analoghi.  E ci fa capire che è stato costretto ragionevolmente a sospenderne la imposizione  a causa delle  irragionevoli istanze della destra dichiarata. in attesa di tempi peggiori per noi, migliori invece per l’industria di settore e per i suoi padroni che gli raccomandano di perpetuare lo stato di eccezione così gradito a chi teme sussulti democratici.

Il fatto è che quello che si era presentato come sovrano taumaturgo mostrando poi le sue vere fattezze di re travicello, non è preoccupato, non deve candidarsi a elezioni ormai sospese, ha dalla sua poteri e potentati. Ma soprattutto questi mesi di violenta persuasione, di intimidazioni, di ricatti, di sanzioni, di censure, ha creato un’opinione pubblica a suo favore,  quella che si arroga il diritto di parola, i flaneur della rete,  le comparse dei social del dolore che vantano di aver passato il Covid e al tempo stesso di essere disponibili alla terza dose, come tossici entusiasti che l’assumono per il bene collettivo e, se va male, come untori di qualche disertore.

In realtà non sappiamo se siano davvero una maggioranza: ogni giorno mi imbatto in qualche interlocutore che compie dei sondaggi – l’incipit è sempre lo stesso: sei vaccinata, hai il green pass? – per verificare come la penso e per dare poi la stura a dubbi, perplessità, ravvedimenti tardivi, interrogativi ai quali le fonti ufficiali non hanno mai dato risposta.

Ancora meno conosciamo il numero e la qualità dei dubbiosi passati e recenti, dei critici della gestione pandemica arruolati nelle file dei negazionisti insieme a chi contesta la Giornata della Memoria, dei perplessi che dopo mesi e mesi di promesse e annunci hanno avuto al rivelazione che non si spende un becco di un quattrino per rafforzare la sanità pubblica, le strutture ospedaliere e la medicina di base.

Non potrebbe essere altrimenti perché non hanno voce, non hanno tribuna negata perfino dai più squallidi tappetini della Rai, dai più inveterati leccaculo che pretendono di non ospitare i maledetti novax , proprio come non hanno avuto voce da marzo 2020 milioni di lavoratori essenziali in fabbrica, sui mezzi pubblici, sui motorini di Glovo, nei magazzini di Amazon, cui si aggiungono i neo disoccupati, i precari minacciati da una semplificazione delle pratiche di licenziamento grazie al salvacondotto per ridurre alla fame, i prossimi senzatetto, i part time che scoprono adesso che lo smartworking tanto esaltato non piace più al padronato pubblico e privato.

La tribuna è concessa invece in regime di monopolio alle voce del padrone, ai tecnici e ai competenti che impongono i loro pareri come fossero leggi naturali e imperi indiscutibili, malgrado abbiano collezionato da che mondo è mondo profezie sbagliate, teorie farlocche, paradigmi sciagurati, tanto che l’unica disciplina su cui si può impunemente discettare a differenza di quelle mediche per le quali bisogna esibire certificazione di diploma e di vaccinazione, è la Storia.

E difatti come mi è capitato di scrivere è in corso una campagna di delegittimazione della storia e degli storici a meno che non siano in favore di allegri revisionismi, in modo che la ricostruzione di avvenimenti e fenomeni possa essere terreno libero di esercitazione di sprovveduti, scappati di casa, ignoranti di andata e ritorno, cronisti in vena di scoop che interpretano in forma creativa le colpe di ambo le “parti”.

Così anche chi ha con fatica espletato la scuola dell’obbligo grida allo scandalo quando storici e filosofi insieme a qualche reduce che ci è passato ha l’ardire di affermare che le pratiche di discriminazione ed emarginazione si svolgono sempre più o meno uguali, che la fantasia dei chi le applica si limita a dare una verniciata di doverosa necessità sanitaria, sociale e morale, in un crescendo a tappe fino ai vertici degli stadi, dei lager, delle soluzioni finali.

Così è successo in altri tempi, quando tutto è iniziato con una latente colpevolizzazione di una minoranza di italiani, rei di non integrarsi a sufficienza, di conservare tradizioni e abitudini “malsane”, per poi passare all’espulsione da associazioni culturali e sportive, poi dall’esercito, poi dal posto di lavoro, dalle università e dalle scuole. Ben prima del patto criminale con Hitler Mussolini aveva compiuto un test sull’attitudine degli italiani all’obbedienza a comandi incivili e ingiusti e aveva potuto saggiare la disponibilità a non vedere, non sentire e non parlare se non per canzonette e barzellette.

Ha ragione lo storico Barbero quando a proposito del green pass e della sua qualità di strumento di discriminazione parla di una “ingiusta e illegittima discriminazione ai danni di una minoranza” che esplicitamente  “suddivide la società italiana in cittadini di serie A, che continuano a godere dei propri diritti, e cittadini di serie B, che vedono invece compressi quei diritti fondamentali garantiti loro dalla Costituzione”.

Ma ha ancora più ragione chi insiste nel sostenere che il salvacondotto non ha nessuna valenza sanitaria e profilattica, che è vero che contiene l’ordine surrettizio a vaccinarsi, senza rendere la somministrazione obbligatoria, ma è ormai evidente che, come successe allora, ha lo scopo di verificare la disponibilità del popolo a subire, anzi a partecipare ad operazioni di discriminazione di massa, volte a incrementare disuguaglianze, differenze e a animare divisioni e contrasti.

Serve a quello l’artata assimilazione di chi si batte contro il green pass all’odiata cerchia dei cosiddetti novax nelle cui file sono stati arruolati insieme a Casa Pound, Montagner, Luciano Canfora, Agamben, tutti ugualmente additati alla pubblica deplorazione come potenziali terroristi, insensati insurrezionalisti che Digos e forze dell’ordine si sono incaricate di stanare nei loro “covi”, attraverso operazioni a tappeto su tutto il territorio e con una muscolarità applicata contro i NoTav ma di portata inferiore a quelle di contrasto della malavita organizzata che di questi tempi partecipa del business sanitario, come ha denunciato la Dia.

Si vede che non bastava, in previsione della vicina scadenza dello stato di emergenza che però si può assumere anche dopo come lo yogurt con i lactobacilli, la paura del virus, dei potenziali lockdown, dei licenziamenti per ingiusta causa. Bisognava creare a tavolino un’altra minaccia, costruire un altro nemico più concreto e tangibile del Covid nelle sue innumerevoli varianti. E ecco pronta quella che Repubblica definisce “l’ala dura”e il Fatto invece più benevolmente “i dubbiosi, gli invasati e i violenti” che hanno persuaso il  Viminale a riunire il Comitato di analisi strategica antiterrorismo, per  potenziare la prevenzione e impedire che “lupi solitari” possano tentare “azioni violente”. Tanto che la procura di Milano “ha disposto perquisizioni in sei città contro i “guerrieri” anti-vaccino”  temendo, scrive Molinari, “il pericolo di saldatura con l’estremismo di destra e i segnali di un coordinamento centralizzato delle contestazioni” nell’ambito di un crogiuolo, ne parla così Manconi, di “un aggregato vischioso, fatto di molte pulsioni e umori, rivalse e allarmi, agglutinati intorno ad alcuni fattori essenziali”.

Se ancora non l’aveste capito, ecco a cosa serve il green pass, a rintracciare e identificare chi conserva dubbi, chi magari recentemente si pone degli interrogativi, chi non è d’accordo nel convertire presidi e rettori in vigilantes e scuole e università in caserme dove presentarsi in divisa e con la tessera annonaria dei vaccini, chi ritiene che lo stato di sopravvivenza in vita – che è arduo chiamare salute la condizione di chi non è affetto dal  Covid 19 – sia fondamentale, ma quanto il diritto all’istruzione, alla circolazione, al lavoro, al godimento dei beni comuni. E quanto quello ad esercitare una scelta libera e ragionata, per sé e per i propri figli.

Che si tratti di uno strumento inefficiente e inefficace  in relazione alle pratiche di contenimento della pandemia e della sicurezza “sanitaria”,  che non fornisca un presidio di sicurezza,   in termini di ridotto accesso del virus in certi ambienti, caratterizzato da un forte profilo di incostituzionalità, configurandosi, nei fatti, come  un indiretto  obbligo vaccinale, imposto surrettiziamente e senza alcuna assunzione di responsabilità da parte delle autorità, è evidente.

Ma pare lo sia meno la volontà precisa che nasconde, quella di preparare la strada a altre forme di discriminazione in vista di una selezione definitiva del personale e della risorsa umana più adatta a promuovere lo sviluppo secondo criteri e requisiti stabiliti dell’oligarchia e dai suoi scherani, emarginando i soggetti affetti da pericolose “diversità”, indole ribelle,  anticonformismo.

Eppure ci vuol poco a capire che se  si accetta che il salvacondotto lasciapassare venga  preteso per i treni a lunga percorrenza – Frecce, Intercity, Intercity notte, EC, EN, Freccialink, ma non sui treni locali sui quali ogni  giorno si ammassa la gente che va a lavorare, se si tollera che chi non si dota del Green pass debba sottoporsi a tamponi a pagamento, pena la sospensione dal posto di lavoro, allora quanti altri lasciapassare verranno imposti a garanzia dell’obbedienza e quanti ne sopporterete?