Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ci sono eventi e situazioni rimosse a dispetto di Google, sottoposte a damnatio memoriae dai protagonisti che sono venuti a più miti consigli secondo quel processo che fa degli incendiari solerti pompieri e dei soliti stronzi venerati maestri. Così non sia sa dove siano finiti quelli di né con lo Stato né con le Br e peggio ancora quelli del partito della trattativa, oggi che il compromesso, arte nella quale sembra eccellere soprattutto l’ex sinistra, è stato consegnato nelle mani poco pratiche di Conte.

Beh, ma mica si può negoziare con gente che demolisce opere d’arte millenarie, in forma accelerata, invece che tramite un lento prosieguo di rovinoso abbandono, mica si può andare a trattative con gente che impedisce alle donne di studiare, avere una carriera, esprimere un talento, invece di concedere loro fertili part time a remunerazioni inferiori di quelle maschili, consentendo in cambio di combinare modesti salari e cura della famiglia, mica si può trattare con fanatici di una religione incompatibile con la democrazia a cominciare del rifiuto del riconoscimento di leggi e tribunali civili.

Insomma sia chiaro, la contrattazione è sempre disonorevole, come insegnano i nostri sindacati che hanno preferito dismettere l’azione negoziale preferendo la rappresentanza degli interessi tramite l’attività di patronati intesa a favorire il welfare aziendale e la consulenza di marketing. figuriamoci poi se ti fa scendere al livello di ultras millenaristici, di invasati integralisti che celebrano quotidiani atti di fede nei confronti di un credo ecclesiastico, quando il progresso indica altre devozioni, altre militanze, altri credo, nella scienza, nella tecnica, nello sviluppo, per le quali è doveroso fare proselitismo attivo discriminando e combattendo eretici, miscredenti e blasfemi.

Eh si patteggiare pare sia diventata una vergogna di cui stati, governi e parlamenti non possono macchiarsi. Pare, perché fino a poco tempo fa non era disdicevole che istituzioni e corpi dello Stato trattassero con la mafia, che governi e parlamenti mostrassero ragionevoli cedimenti per trovare un accordo con il management speculativo di banche, che esecutivi ritenessero assennato contrattare con imprese colpevoli della mortali trascuratezza di non aver effettuato la manutenzione di un’opera pubblica, incarico lautamente remunerato, che paesi siano state costretti a mercanteggiare la costosa permanenza in un contesto sovranazionale, in cambio della cessione di sovranità, della riduzione di democrazia, dell’acquisto di armamenti con i quali sostenere le infami guerre di conquista  e saccheggio di un impero che non si arrende al declino e alle sconfitte e  vuol trascinare con sé alleati codardi e assoggettati.

Sarà che negoziare significa dimostrare la fine di un mondo, di una supremazia, di una “cultura” superiore e di uno stile di vita che ha già dichiarato la sua impotenza  con innumerevoli guerre perse, compresa quella commerciale con la “fabbrica” che commercializza i suoi prodotti in tutto il mondo, compresa quella tecnologica, compresa quella sanitaria con la demenziale gestione del Covid, o forse sarà l’ennesima prova che le campagne di conquista prima o poi presentano costi talmente elevati, materiali, ideologici e morali, anche quando vengono condotte sotto le insegne del trasferimento democratico, fatto sta che strateghi senza strategia, che inseguono megalomani sogni di delirante grandezza si arrendono con difficoltà alla resa e alla disfatta, la cui elaborazione è affidata a un babbione farfugliante e a soci che si tramandano di esecutivo in esecutivo prezzi umani e economici insopportabili come lo scotto che tocca pagare per la conservazione del potere.

Quale che sia il concorso di cattive idee e foschi propositi che ha determinato la campagna afgana: il controllo delle vie del petrolio centroasiatiche, determinazione a non cedere il copyright del monopolio retorico e salvifico della lotta al fanatismo che si accanisce conto le donne, tenace salvaguardia del ruolo di guardiano e poliziotto contro la minaccia del terrorismo del quale l’occidente si è investito dopo l’11 settembre, proposito poco illuminato di creare uno stato cuscinetto che serva anche da vetrina espositiva per i pochi prodotti made in Usa, lo sforzo bellico è comunque costato più di  2,2 mila miliardi di dollari, molti quattrini agli improvvidi alleati (a noi 8.7 miliardi di euro) morti (54 gli italiani) e umiliazioni per tutti gli attori sulla scena, salvo i soliti speculatori “bellici”, clientele corrotte e signori delle armi locali, addestrati dalle forze alleate che non hanno sparato un colpo cedendo festosamente ai talebani tutta l’attrezzatura, aerei e elicotteri compresi, in attesa che si ristabilisca la “governabilità”, la normalità, miti questi che persistono in tutte le latitudini.

Quello che è successo rivela che la lungimiranza dei padroni del mondo e dei loro barboncini si fa cogliere sempre di sorpresa, che la tracotanza non permette di sentire i tuoni che si avvicinano e, quel che è peggio, che è riluttante a ammettere la dèbacle, il fallimento, l’errore, a dimostrazione che davvero il perseverare è diabolico ed anche ottuso e stupido.

E proprio questa è la sconfitta più amara e avvilente, che noi paghiamo fino a morire per la loro cialtroneria di questi lestofanti.