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Mentono sapendo di mentire

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Devo premettere, in nome della trasparenza, di non possedere la credenziale esibita da pensatori e filosofi “dubbiosi”, da Cacciari a Montanari, sottoposto anche lui a virtuosa vaccinazione ma restio alla somministrazione alle creature, il che fa pensare a un certo marasma confusionale anche in intelligenze più lucide. Avessi saputo che si tratta della referenza doverosa per essere autorizzati a criticare la politica militar-governativa, magari ci avrei pensato prima, allo scopo di acquisire quel tanto di autorevolezza necessaria ai diritti di cittadinanza sulla stampa e in rete, e per dimostrando quel necessario spirito legalitario che consente di parlare solo a chi rispetta le “regole”, escludendo paradossalmente l’intero ceto dirigente nazionale e occidentale.

Ma siccome, pur avendo per età subito tutte le somministrazioni possibili anche per malattie scomparse da tempo e di irrilevante perniciosità in tempi nei quali  c’erano medici e pediatri di famiglia che curavano i pazienti in presenza e non tramite iPhone eWa, quando ancora si veniva ricoverati in ospedale con l’aspettativa di guarire e non con la prospettiva di languire in un lebbrosario, ho scelto di non vaccinarmi per motivi personali, tra i quali annovero la residua capacità di effettuare una valutazione corretta del rapporto tra rischi e benefici, mi sento però legittimamente autorizzata a esprimermi in merito alle regole imposte con provvedimenti che hanno di fatto scavalcato i nostri organi di rappresentanza, in nome di una emergenza non prevista dalla Costituzione.

Possiedo i titoli per farlo per molte ragioni: ho sempre pagato le tasse, compresa la  cosiddetta  “tassa della salute”, che dovrebbero garantirmi l’accesso alle cure e all’assistenza medica, così come servizi pubblici sicuri ed efficienti, così come standard minimi di salvaguardia dell’ambiente e del territorio. E negli anni ho goduto, così si continua a dire, del diritto/dovere di eleggere i membri del Parlamento sia pure tramite leggi che l’avevano ridotto a un rituale notarile:  quindi pretendo che assumano le responsabilità in capo alla loro funzione e esercitino i loro poteri, sia pure a sovranità ridotta, quella che zitti zitti hanno approvato facendoci rinunciare a competenze in materia economica e di spesa, in attesa di altre provazioni ed espropri.

Quindi penso di avere titolo per esigere che gli “eletti” si esprimano, non limitandosi a un visto si stampi sul Def, sui milleproproroghe, sul Pnrr presentati come inviolabili dall’esecutivo, ma reclamando un impegno politico e finanziario sul rafforzamento del sistema sanitario pubblico, con un incremento del controllo sul trasferimento di fondi alle regioni e sul loro operato, sulla revisione degli ammortizzatori sociali promessa all’atto di sbloccare i licenziamenti come misura compensativa per autorizzare l’infamia, sulle priorità che si è dato il governo che ha istituito un ministero della transizione ecologica per quanto riguarda azioni di manutenzione e salvaguardia del territorio.

E ho altrettanto titolo per denunciare che l’introduzione di una pratica discriminatoria sia stata imposta tramite un Dl, così come le reiterate proroghe del regime di emergenza e del conseguente stato di eccezione che presentano profili di illegittimità sui quali ondivaghi costituzionalisti dibattono stancamente posseduti da vari demoni: cerchiobottismo o benaltrismo.

Ci vorrebbe poco insomma a stare dalla parte della ragione, anche per quelli che hanno sempre aspirato a stare voluttuosamente in minoranza e nel torto come lo intendono i “poteri forti”.

Invece ormai c’è una trasversalità della soggezione al discorso pubblico, della condivisione della propaganda delle autorità che è diventato irresponsabile contestare in presenza di una crisi che nei siti del prudente opinionismo antagonista continua a essere dichiarata come “imprevista”, malgrado sia una declinazione sanitaria  di quella sociale che ci ha investito da anni e nonostante fosse stata ampiamente profetizzata da istituzioni internazionali che preconizzavano epidemie a ripetizioni.

Eccoli qua gli stockisti persuasi che si sono convinti che bisogna prendere tutto il pacchetto: inevitabili restrizioni, distanziamento sociale, mascherine, sospensione della medicina di base, della diagnostica di controllo e delle cure per malati di pregresse patologie, campagna militare di vaccinazione e green pass con relative delazioni e sanzioni, tutti provvedimenti fatali a fronte dell’esproprio dell’assistenza  pubblica,  della demolizione del sistema ospedaliero,  ospedali efficienti,  della consegna della ricerca all’industria, indistinguibili, vista l’emergenza, dagli interventi di ristrutturazione dell’occupazione mirati a incrementare la precarietà e la mobilità, alla controriforma della giustizia, dalla spesa insensata che dirotta sulle grandi opere gli investimenti che garantirebbero la tutela del territorio a quella ancora più incivile per gli armamenti, mentre dopo le tante promesse non esiste un piano di rafforzamento della sanità.

E vogliono persuaderci, come si sono persuasi loro nelle loro case comode, che la pandemia, che invece possiede tutte le caratteristiche politiche, sociali, morali di una crisi “totale”  che ha portato alla luce il nascosto, il rimosso, non poteva che essere affrontata così, che un approccio globale e intersettoriale sarebbe stato irrazionale e velleitario e che qualsiasi rivendicazione deve essere confinata sullo sfondo di questa non proprio provvisoria ricomposizione dei conflitti, comandata da dall’impero occidentale in declino per uscire dall’apocalisse che ha prodotto in anni.

Si associano a loro quelli che si accontentano dell’ipotesi di comodo del filosofo Benasayag che risponde ai cospirazionisti “rassicurando” che le decisioni non sono frutto di un complotto, ma della rivelazione di impotenza concreta di strateghi senza strategia che si arrabattano per trovare delle soluzioni ai problemi che hanno determinato e che grazie a uno sfrozo collettivo ritroveranno la strada del bene.

Nel gridare allo scandalo contro le piazze consegnate alle destre, senza nemmeno un minimo di imbarazzato pudore nello sfilare nei corridoi dei palazzi e nei talkshow, insieme a banchieri, industriali, generali della Nato, velinari, scienziati in libro paga delle aziende,  hanno introiettato una legenda del pericolo fascista limitata al folclore degli utili idioti della nostalgia del passato, per rimuovere  quello dell’azione esercitata dall’oligarchia totalitaria che si accanisce contro i diritti del lavoro, della persona, quelli fondamentali retrocessi secondo una gerarchia che ha messo al primo posto la sopravvivenza del corpo, rispetto a istruzione, libertà di espressione e di movimento, godimento dei beni comuni.

Come se l’assenso preteso sotto ricatto alla discriminazione sociale e ora lavorativa di chi non si vaccina o di chi vaccinato non vuole partecipare del sopruso non fosse una declinazione e un’anticipazione di altre ulteriori divisioni e differenze, di altre persecuzioni e repressioni contro le lotte di ceti e categorie colpite e minacciate.

La loro professione di antifascismo limitata a Bella Ciao dal balcone, all’ammirazione per le piazze gradite all’establishment e a una  altalenante denigrazione dell’irrinunciabile alleato di governo, si compiace della superiorità culturale che li distingue dal ciarpame populista che osa paragonare il green pass alla stella gialla, come se la storicizzazione dei fenomeni fosse un esercizio in regime di esclusiva dei pensatoi che hanno prodotto l’equiparazione i fascismo e comunismo, così gradita a chi confina i totalitarismi nel passato del secoli breve, come se, dopo aver contestato l’abuso strumentale della Shoà da parte di uno Stato e dei suoi alleati e protettori, i successi vaccinali degli “alleati” riproponessero l’inviolabilità di quella vicenda e qualsiasi riferimento diventasse perverso e immondo, pur avendo legittimato l’uso del termine negazionista applicato ai dubbiosi dei dati, delle statistiche contraddittorie a supporto della gestione dell’epidemia.

E come se proprio la storia non avesse insegnato che qualsiasi “incidente” nel suo percorso non facesse parte di un processo più o meno lento, sicchè leggi razziali, manifesto della razza, discriminazioni, emarginazioni, licenziamento degli ebrei dai posti di lavoro, espulsione dalla scuola, dalle università e perfino dall’esercito non siano state le tappe non conclusive nell’itinerario disegnato della costruzione di un nemico che giustificasse stato di eccezione, preparazione della guerra e massacro.

Il trailer ci dice che il massacro, fulcro centrale del colossal fantascientifico che hanno girato per noi, è cominciato e tra le vittime c’è di sicuro la Ragione.

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