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Saviano, il nostro agente all’Avana

Questa volta l’ha fatta grossa il bimbo minchia dei vati all’italiana, ovvero Roberto Saviano: si è ispirato alla foto di una donna cubana scesa in piazza con una bandiera per protestare contro l’ennesima campagna d’odio occidentale contro Cuba, per rovesciare la realtà, fare della donna una contestatrice del regime  e asserire dire che “Cuba finalmente insorge contro la dittatura del partito comunista e contro l’embargo”. Come sei poi l’embargo fosse colpa del governo socialista cubano e non di Washington, ma insomma da Saviano non ci si può aspettare di meglio. Solo che la donna, Betty Pairol, ha il visto il twitt savianesco e ha protestato contestando l’utilizzo completamente distorto della sua immagine. Naturalmente Twitter che ha il senso dell’onore e della decenza inferiore a quella dei ramarri ha bloccato la protesta della Pairol, ma intanto Saviano ha dovuto cancellare il suo cinguettio, senza naturalmente spiegarne i motivi. Roba che nemmeno al tempo della guerra fredda sarebbe stato giustificabile. In effetti dubito che se Leibniz avesse conosciuto  Saviano avrebbe formulato il principio di ragion sufficiente: non si può essere così Candide da pensare che esista un motivo per l’esistenza mediatica di questo pifferaio di Hamelin.

Quando per la prima volta vidi Saviano in Tv ero distratto e lì per lì sentendo parlare di camorra pensai che fosse un camorrista arrestato: ne aveva lo sguardo, l’anellone al dito, la barba densa come nel più comune immaginario gaglioffo, quell’aria vagamente patibolare e citrulla che di solito contraddistingue questi personaggi. In seguito apprendendo che aveva scritto un libro sulla camorra e che per questo doveva essere messo sotto scorta, pensai che la che la camorra aveva fatto un bel colpo piazzando un suo uomo nel cuore del “racconto” sulla criminalità: era un pensiero audace, ma per formularlo mi era bastato leggere un po’ di Gomorra per comprendere che si trattava di un romanzo, di un’opera di fantasia cucita attorno a qualche articolo di cronaca ( che fossero poi rubati ad altri giornalisti lo seppi solo dopo), insomma qualcosa che come denuncia sfondava non porte, ma portoni aperti e percorreva avanti e indietro via Risaputa. Si, era un pensiero audace, ma non mi sbagliavo: in effetti Saviano era un camorrista anche se di altro genere, un “soldato” del neo liberismo destinato a diventare caporal maggiore dello sciocchezzaio mediatico e la cui operina veniva pompata a dismisura sia rispetto ai contenuti che alla forma. Ancora più tardi scoprii che il suo famoso libro (gli altri sono noti solo per i flop) era un progetto di marketing editoriale  costruito a tavolino con l’aiuto e l’assistenza di Edoardo Brugnatelli, direttore della collana Strade Blu, alla Mondadori e Helena Janeczek, una scrittrice tedesca, naturalizzata italiana, anch’essa in forza alla casa editrice di Segrate. Lo stesso Brugnatelli ha affermato “dalla collaborazione non solo nacque il testo come lo conosciamo adesso, ma anche il titolo”. Il che in parole povere vuol dire: lo abbiamo dovuto scrivere noi quel libro.

Come, quando e perché  Saviano sia stato “scoperto” vista anche la non eccelsa capacità di scrittura è un mistero, anche se bisogna dire che trovarsi di fronte a una testa che sembra la noce di cocco meno intelligente del pianeta, può essere motivo di interesse, ma l’Italia è attraversata da tante camorre che è impossibile risalire alle fonti senza un’inchiesta approfondita.  Di certo egli rappresenta l’idealtipo di una vera e propria camorra internazionale di influencer che in vario modo intervengono sempre a intorbidare le acque e a dare manforte al  padrone globalista che poi abita a Washington. Essi devono aver alcune caratteristiche comuni: essere abbastanza mediocri da non capire fino in fondo ciò che dicono essere moralmente così meschini da dirlo comunque, essere persone che senza questi appoggi nella cupola mediatica e/o dei servizi scomparirebbero dalla faccia dei media e così sono costretti alla fedeltà e alla gratitudine. L’altro giorno ho parlato male di Odifreddi, ma non vorrei che si confondesse: qui siamo ad un livello infinitamente più basso, perché non c’è nessun talento, cultura o intelligenza da mettere in campo , ma soltanto la nullità  nascosta da un ologramma mediatico che crea un’immagine dove c’è solo aria fritta. Però non sono i personaggi alla Saviano che mi stupiscono: si mettono in tasca un bel po’ di soldini per fare il loro porco mestiere e buon pro gli faccia. Quelli che mi sorprendono  sono coloro che si atteggiano a fan gratuitamente e delibano ogni ovvietà e cazzata che dicono queste loro stelle comete. Certo molti di loro sono falsi, sono dei semplici bot che “laiccano” al comando di una stringa di programmazione, ma ci sono anche tanti beoti che leccano, felici di avere un rapporto di subornazione col nome famoso. Alla fine non si sa cosa preferire.

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