Anna Lombroso per il Simplicissimus

E dire che ingenuamente credevo si trattasse di una leggenda metropolitana, frutto di una cospirazione ordita contro la sindaca.

Si contro la  Raggi,  che dopo quattro anni di pubblico piagnisteo sulla pesante eredità, di rinfacci con  il presidente per caso, addirittura più incompetente, incapace e indolente di lei, dopo un altro anno beneficato dal Covid che ha consentito la sospensione delle condanne per buche, ci sono anche a Milano, alberi caduti sulle auto, succede anche in Francia, stabili pericolanti,  capita anche a Miami, è oggetto della fatale e improrogabile macchina del fango preelettorale, il solito che  voluttuosamente  esibisce rovine degne di Piranesi, scheletri edilizi già ridotti a archeologie industriali e monumentali prima del taglio del nastro, cassonetti traboccanti, vuoi per l’ignavia dell’azienda comunale, notorio ricettacolo di voto di scambio, che per il contributo di una cittadinanza deplorevole, e poi il calcolo di quante zoccole spettano a ogni cittadino romano, dei cantieri aperti dove maestranze lavorano qualche ora grazie alla festosa rotazione prevista dalla macchina delle opere malaffaristiche.

Ormai nulla giustifica questi cinque anni nei quali gli inguaribili fan di Virginia Raggi  perseverano teneramente e pateticamente nella compilazione di graduatorie dei peggiori primi cittadini, nella compulsa frenetica di materiali d’archivio per far risalire i misfatti “a prima”,  nell’ostensione abituale della impotenza ad agire per ragioni di bilancio e dell’ostilità del governo centrale: un anno e mezzo di insensata gestione della crisi sanitaria ha fatto esplodere la bomba della crisi economica, sociale e politica di Roma, il suo fallimento come Capitale e  come metropoli, ormai designata al passaggio a necropoli.

Però quella storia dei cinghiali che scendono dalle alture, transitano indisturbati per le vie consolari, si spingono fino al centro cittadino sfidando sfrontatamente il traffico, aggrediscono i bidoni dell’immondizia contendenti il contenuto a gabbiani rapaci e minacciano i passanti che si rinserrano nelle auto, mi pareva una balla contro-propagandistica. Finchè però non ho avuto accesso alle prove che – è noto – si esigono di solito da chi osa contraddire le tesi ufficiali, vedendo le immagini delle scampagnate sulla Cassia di branchi con intere dinastie di esemplari adulti e cuccioli, che scorrazzano alla Farnesina,  rubano la spesa alla signora fuori dal supermercato, assediano la smart della coppietta che pomicia vicino a Ponte Milvio e – il filmato gira sui social – rasenta gli asciugamani stesi sul litorale, travolge gli ombrelloni e minaccia con arroganza il rito dell’abbronzatura sul bagnasciuga.

In realtà la Raggi c’entra poco, anche se in un momento storico dominato dal culto della salute fisica, dal primato della profilassi, dall’egemonia dell’ideologia della precauzione e della prevenzione, tanto che non si aspetta più la malattia, ma ci si deve preparare anche alle ipotesi più improbabili e agli accadimenti più innaturali, ammalandoci di vaccini, esasperando l’isolamento, evitando contagi immaginari, andrebbe annoverato tra le misure di cautela oltre che di tutela del decoro, una corretta gestione dei rifiuti, del verde pubblico, della pulizia delle strade, esonerate dal brand della sanificazione. Il fatto è che scenari apocalittici, profezie millenaristiche trovano conferma ogni giorno ben oltre la loro qualità di presagio rovinologico, perché tutte, sia pure da vari fronti ideologici, raccontano il cammino di una crescita dissennata a dissipata fino al naturale epilogo regressivo, la degradazione dei sistemi complessi che si suicidano per bulimia, avidità e impotenza.

Uno dei più fortunati testi di quel filone realisticamente distopico, è certamente il medioevo prossimo venturo dell’italiano Roberto Vacca, pubblicato nel 1971, e che faceva riferimento ai lavori del Club di Roma, ipotizzando, come altri prima e dopo in letteratura, cinema, sociologia e post-economia,  il declino e la capitolazione della nostra civiltà superiore, scaraventata con sorpresa in un horror post-catastrofistico,  dominato dalla povertà e dalle malattie, percorso da lotte ferine per la sopravvivenza nell’eterno conflitto tra chi ha e vuole sempre di più con ogni mezzo, e chi non ha nulla nemmeno da perdere e  esprime la sua collera di affamato nelle scorrerie cruente di guerriglieri urbani sanguinari.

Per alcuni la cognizione del disastro che stiamo producendo trovava conferma su analisi matematiche che confermavano come la civiltà umana si articolasse e si sviluppasse secondo fasi cicliche, che contengono pensieri, situazioni, atteggiamenti, largamente prevedibili vista la loro ripetitività, ma dei quali era indecifrabile il materializzarsi con l’accelerazione cui assistiamo oggi, pensando che negli ultimi trent’anni abbiamo assistito e prodotto la concentrazione di accadimenti che in passato duravano secoli, il declino e il ripudio di Regni o di Imperi globalizzati, la minaccia vera e artificiale di invasioni barbariche, l’intolleranza e l’estremismo religioso impiegati come pericolo globale, i “secessionismi” e la promozione sociale dei miti “negativi” del populismo e del sovranismo e la cancellazione di miti fondativi positivi, indotta dalla sostituzione di diritti fondamentali che si credevano inalienabili, con concessioni di carattere individualistico.

Per altri il presentarsi di fenomeni estremi altro non è che in cigno nero che si manifesta imprevisto e incontrastato turbando l’ordine naturale e la statistica, interpretazione che è stata scelta per calcolare i lutti della narrazione pandemica in modo da esonerare da ogni colpa un sistema che ha da anni demolito l’edificio della sicurezza, della cura, dell’assistenza, esponendoci a rischi calcolati ma rimossi, rendendoci vulnerabili a danni fisici e morali, a cominciare dall’indifferenza con la quale subiamo soprusi e perdite, umiliazioni e restrizioni.

E d’altra parte questo correre ciecamente verso la distruzione suicida altro non è che l’altra faccia di un Progresso che mostra gli edificanti primati e i trionfalistici e successi della Scienza, della Tecnologia, della Modernità e della sua onnipotenza virtuale, per omettere le miserie e lo sfacelo dei suoi effetti collaterali, guerre di rapina, sfruttamento di uomini e risorse, disuguaglianze sempre più feroci e quell’impotenza concreta che si rivela quando un virus mette a diposizione dei sacerdoti della distruzione creativa la soluzione finale per far fuori qualche generazione improduttiva, mettere ai margini ceti parassitari, ristabilire differenze di classe che non permettano integrazioni e commerci tra classi.

Altro che barbari attesi ma che sembrano non arrivare mai, è dimostrato che sappiamo anche senza di loro tornare allo stato selvaggio e primitivo, che siamo pronti a prestarci in forma di schiavi a costruire le piramidi in onore dei potenti, che ci prestiamo generosamente a farci espropriare per arricchirli e che a dispetto della creazione di ghetti fortificati, polizie repressive, leggi punitive non sappiamo difendere le nostre città dall’invasione di specie pericolose. Pericolose si, ma meno selvatiche e asociali di quella umana, visto che si muovono in gruppo, difendono i loro piccoli e rispettano i loro esemplari quando sono vecchi e non cacciano più.