Anna Lombroso per il Simplicissimus

Un tempo si pensava che la politica, di governo o di opposizione, avesse bisogno di creatività per guidare  il decisore verso scelte e soluzioni anche quando presentavano margini di rischio,  di immaginazione per prevederne gli effetti, di coraggio per mettere l’audacia al servizio del bene comune.

Invece “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri”: ci siamo affidati a dei ragionieri che, anche nel caso fossero tentati dallo sperimentare da una fantasiosa astrazione, la reprimerebbero per rientrare nei canoni classici della ripetitività ottusa imposta dell’ideologia imperante, anche se hanno collezionato fallimenti e anche se le loro previsioni non si sono realizzate, rivelandosi farlocche e inesatte, tanto da farli rifugiare nella teoria del cigno nero, della imprevedibilità di certi accadimenti, che li esimerebbe dalle responsabilità e dalle colpe.

E così abbiamo un ceto politico completamente posseduto dai demoni della crescita illimitata, malgrado    qualsiasi spinta vitale sia spenta salvo la furia belluina dell’avidità rapace dei suoi padroni. Non c’è legge, misura, programma, che non miri a indirizzare sforzi e investimenti per favorire lo sviluppo perverso dell’accumulazione, della speculazione e dello sfruttamento di risorse e capitale umano, in nome del Progresso, ormai limitato all’applicazione di tecnologie digitali in tutti i settori.

Non stupisce quindi che malgrado il martellare monotono e vacuo degli slogan che fanno parte della cassetta degli attrezzi del Grande Reset, malgrado la consegna definitiva alla religione scientista e gli atti di fede dovuti ai suoi dogmi e l’autorità assoluta attribuita ai suoi sacerdoti,  malgrado ogni giorno ci si voglia persuadere della necessità di affidare la salvezza alla ricerca farmacologica monopolizzata dalle imprese e dalla lobby del settore, ecco che il piano nazionale redatto per accedere al Recovery Fund stanzia sotto la voce  “dalla ricerca all’impresa” 11,44 miliardi di euro, quando la richiesta pervenuta dal mondo accademico e avanzata dal fisico Ugo Amaldi del Cern chiedeva che si arrivasse a 20 miliardi.

Di quella somma, dopo tanto parlare del sostegno da dare a giovani talenti per contrastare la fuga dei cervelli in attesa che vengano sostituiti da quelli artificiali? solo 600 milioni sono previsti  per il finanziamento di progetti presentati da ricercatori e è vergognosamente irrisorio il contributo per borse di studio.

Guido Tonelli, ordinario di Fisica a Pisa,  ricorda, sul Corriere della Sera,  come l’Italia   con il Pnrr l’Italia ipotizzi di investire  in ricerca e sviluppo lo 0,6 per cento del Pil (con un incremento rispetto al passato dello 0,1 %) rispetto allo  0,75 della Francia e all’1 per cento della Germania e denuncia  l’assenza di investimenti strutturali e per l’assunzione di ricercatori, replicando la scelta sempre fatta nel passato di trascurare  la ricerca di base per incrementare quella  finalizzata al sostegno  dell’impresa privata, che ha finora dimostrato una totale indifferenza sia rispetto all’innovazione che alla sicurezza, preferendo far fruttare le rendite impegnandole nel casinò finanziario.

D’altra parte  la logica che ispira queste scelte è la stessa che ha spinto tutti i governi occidentali a decidere di convogliare tutti gli sforzi e le risorse economiche sui vaccini, scoraggiando e infine impedendo la ricerca e l’adozione di protocolli di cura. E anche la stessa che propone soluzioni e meccanismi di mercato, grazie alle promesse illusorie e alla truffa morale oltre che scientifica della green economy, per controllare e contrastare il cambiamento climatico, autorizzando le borse e quindi la commercializzazione di quote di emissioni tra paesi inquinatori e paesi virtuosi, e offrendo scappatoie e finanziamenti arbitrari e incontrollabili alle aziende.

Purtroppo non siamo “avanti” come l’oligarchia al potere e tocca continuare a usare stilemi arcaici,  per dire che le promesse del  capitalismo si traducono in minacce, quando mostrano le opportunità, a disposizione di pochi, del benessere e della   ricchezza privata, e i tremendi effetti, per la maggioranza, della devastazione e della morte pubblica, quando all’onnipotenza virtuale fa riscontro l’impotenza concreta evidenziata proprio da questo   accidente della storia, che dimostra che il progresso non aveva saputo e non sa prevedere e immaginare le soluzioni per i problemi che determina.

E questo avviene malgrado invenzioni e scoperte scientifiche e tecnologiche  che solo marginalmente e superficialmente incidono sulle esistenze della massa, condizionata da una potente persuasione mediatica, appagata dal relazionarsi su zoom ma che rischia la pelle se viene ricoverata in ospedali inadeguati, carenti, malsani e con personale umiliato, impreparato, inadeguato numericamente.

La Scienza, diventata un dominio del sistema economico-finanziario, ha contribuito a  determinare le condizioni per la nascita, lo sviluppo e la circolazione del virus, per poi mettere a punto un vaccino i cui effetti collaterali ancora non sono del tutto conosciuti, influenzando gli individui e persuadendoli dell’alternativa ricattatoria tra salvezza o morte, anche se poco si sa dell’efficacia, probabilmente ridotta al contrasto dei fenomeni patologici più acuti.

Ormai le obiezioni di chi avanza dei dubbi, vengono rintuzzate subito: chi sei tu per contraddire i pareri degli scienziati? Mai come in questo anno le nostre vite e il nostro immaginario sono sati occupati da sacerdoti della casta dei sapienti, dai santoni di decine di differenti discipline tutti afferenti a una fantomatica “comunità”, in perenne contraddizione di diagnosi e contrasto di “opinioni”, mai toccata da quella cifra irrinunciabile del pensiero e dell’azione scientifica, il dubbio, impegnata ad auto-accreditarsi, non spericolatamente visto che è ormai interdetto a chi non vi appartenga sollevare appunti e rivendicare diritto di replica.

L’intento, che nulla ha a che fare  con un approccio e un metodo “scientifico”, secondo i canoni classici, è stato quello di stabilire l’inviolabilità dei dogmi di una cerchia che si è messa malamente  al servizio delle autorità con un esibizione di muscolarità tecnica e morale,  colpevolizzando  chi ha dissentito anche solo da qualche aspetto della “narrazione pandemica unica”, ridicolizzandolo, tacitandolo, minacciandolo, boicottandolo e addirittura  radiandolo.

Il risultato è stato di favorire prima la divisione del Paese in salvati dal lockdown e esposti al rischio del nemico indivisibile, secondo criteri imposti da interessi padronali e lobbistici. Poi di essere estromessi dalle decisioni sulle riaperture, dettate dagli stessi suggeritori. Tacendo, invece,  e estraniandosi dai temi cruciali obbligatori invece da un punto di vista etico e deontologica: dall’obbligo di cura alternativo al confinamento nei lazzaretti, alla necessità di possedere dati certi sulle sperimentazioni dei vaccini imposti come unico strumento di contrasto alla morte, dall’esigenza di promuovere e valorizzare la medicina di base e territoriale, abbandonate in attesa dell’applicazione universale e demiurgica della telemedicina, alla definizione dei requisiti che garantiscano la vita e non la sopravvivenza, poter circolare liberamente, non subire  controlli polizieschi e sanzioni, non essere tracciati elettronicamente, potersi riunire quando, come e con chi si vuole, nelle forme e con le precauzioni che si ritengono più opportune.

La “comunità scientifica” qualsiasi cosa voglia dire questa formula, ha perso un’occasione per riappropriarsi di credito e fiducia, per riconquistare quel po’ di autonomia concessa dall’ideologia che esige che discipline e tecnologie siano soggette alle regole del mercato.

Non si pretende che, come postulato nei

letti da Fusaro e Cacciari,  che il progresso scientifico e tecnologico scelgano di “mettere in difficoltà il capitale”, ma magari ci si aspetta che nelle aule universitarie si alzi qualche voce in difesa della ricerca retrocessa a attività marginale e aggiuntiva alle branche del business e ai brand aziendali, e della dignità di chi dovrebbe per sempre conoscere, esplorare, dubitare, fare domande e inseguire risposte.