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Piccole Riaperture, Grandi Ipocriti

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Rivendico di essere stata la prima, verificate pure, a intravvedere dietro al volto serafico e enigmatico del Presidente del Consiglio, le fattezze del demiurgo, del Re Taumaturgo capace con un semplice tocco della mano di restituire la salute agli scrofolosi.

E così è stato, arrivato lui, disegnata la magnifica visione progressiva del Recovery Fund, l’apocalittico scenario della pandemia si è ridotto a una crisi che uomini della provvidenza, in divisa e non, possono gestire con mano ferma e piglio doverosamente autoritario.

Con generosa e paterna magnanimità  Draghi vuole darci fiducia promuovendoci da marmaglia irresponsabile bisognosa di bastone, a società civile degna di carota, regalandoci un’estate come immaginavamo di non meritarci più, accontentando a un tempo turisti per caso e operatori del settore, famiglie e catene alberghiere, invitati tutti a prendere atto dei criteri e dei requisiti che condizionano la regale autorizzazione a circolare, perchè, lo dimostra il Recovery Fund, niente viene dato per niente.

Esultano la Repubblica e il Corriere: “riaprire le porte d’Italia al turismo straniero è la nuova parola d’ordine del governo. Dal 15 maggio dovrebbe cadere (nel senso che non verrà rinnovato) l’obbligo di quarantena per chi arriva nel nostro Paese dall’estero“.

È arrivato il momento di prenotare le vostre vacanze in Italia, non vediamo l’ora di accogliervi di nuovo” ha detto Draghi ai ministri del turismo del G20, riunitisi ieri. E a dimostrazione che perfino noi, quelli dell’espressione geografica, noi della remota provincia, nelle mani giuste possiamo essere più realisti del re,  battiamo la concorrenza “giocando d’anticipo e provando a superare in corsa gli altri Paesi europei”.

Se il green pass Ue arriverà nella seconda metà di giugno,  la carta verde italiana sarà pronta dalla seconda metà di maggio, con le regole previste: si dovrà provare di essere guariti dal Covid, aver fatto il vaccino o un tampone con esito negativo nelle 48 ore precedenti allo spostamento. E perfino il coprifuoco alle 22 dovrebbe avere i giorni contati: lo spostamento in avanti di almeno un’ora, come sollecitato dal riottoso alleato di governo, potrebbe arrivare sempre alla metà del mese.

E per non farsi dire dietro che il governo scrive solo sotto dettatura delle lobby, arriva un’altra benefica concessione annunciata via radio – ma gli raccomandiamo di confermarlo su Instagram – dal sottosegretario alla salute Costa: un emendamento  “che verrà inserito nel decreto Aperture e che  consentirà il ritorno delle visite dei parenti ai propri cari nelle Rsa”, costituirà “una risposta chiara e univoca”,  creando condizioni  identiche, omogenee, uniformi per tutto il territorio nazionale in modo da “permetterci di stare vicini ai nostri anziani … che vivono soli in queste strutture“.

La grandiosa e caritatevole svolta  “riaperturista” sarebbe favorita dai dati: i nuovi contagi nelle ultime 24 ore sono stati poco più di 9 mila e il tasso di positività è sceso al 2,9%, il valore più basso dal 15 gennaio. “Si potrebbe obiettare che i morti sono stati ancora più di trecento”, lamenta con ragionevole obiettività il Corriere, “ma gli esperti avvertono che quello sarà purtroppo l’ultimo dato a calare”.

Tutto bene dunque, malgrado qualche piccolo nodo irrisolto che il Generale Figliuolo si sta attivando per sciogliere e la cui responsabilità pesa, indovinate un po’, sulle regioni del Mezzogiorno che si fanno sempre riconoscere. Campania, Calabria, Basilicata e Sardegna sarebbero prime nei vaccini ai giovani, ultime per i 70-80enni, trascurando le fasce più a rischio per età e patologie pregresse, manco fossimo in Lombardia dove almeno si presta attenzione al reddito o in Liguria dove si bada alla produttività degli individui.

A causa di ciò, come previsto, vanno mantenute tutte le prescrizioni e le misure necessarie a circoscrivere i rischi di contagio, che dobbiamo supporre riguardino anche quella fascia imprevista di untori costituita dai vaccinati che forti del loro status   potrebbero andarsene in giro infettando impunemente il consorzio civile di gente più giovane e più vecchia di loro.  A cominciare dalla mascherine cui da qualche giorno si è aggiunto anche un valore morale in più, grazie all’immaginifica e instancabile repressione censoria degli americani che hanno messo all’indice il bacio  energetico e stimolante di incauti principi azzurri, nel quale si indovina una violenta volontà sopraffattrice ai danni di Biancaneve.

Ben venga dunque una mascherina che impedisca a imprudenti ragazzini di effondersi in avventate dimostrazioni d’affetto coi nonnini o che circoscriva gli effetti di sconsiderati commerci carnali tra fidanzati finalmente ricongiunti.

Perché la logica che sovrintende comunque queste misure eccezionali è sempre la stessa: limitare oltre a diritti fondamentali, lavoro, istruzione, casa sulla testa,  le relazioni affettive e i piaceri concessi dal libero godimento della cultura, della conoscenza, della circolazione, in una parola della libertà.

E difatti è stata ampiamento superata la fase nella quale per ridurci all’obbedienza si combinava il regime del terrore con la persuasione morale, giudicata poi insufficiente per via della nostra indole di eterni e  scriteriati fanciullini da punire  e reprimere salvo che nell’espressione di entusiastico tifo calcistico.

Adesso il faro che dirige la nostra navigazione nel mare inquieto verso la salvezza tramite profilassi e controllo sanitario e sociale è l’interesse.

Fa scuola la lunga confessione di un professionista della provocazione antisistemica senza lotta di classe. Qualche giorno fa Massimo Fini ha rivendicato di essersi vaccinato, non per senso di responsabilità collettiva, principio che aborrisce, non perché creda nell’efficacia del prodotto, non perché teme di morire nelle modalità a tinte forti da Grand Guignol descritte  dal suo collega Giannini, macché, lo ha fatto per tornare alla esecrata ma abitudinaria normalità del prima, che a gente col culoalcaldo elargiva però tante meritate licenze, opportunità e soddisfazioni.

Dove non c’è “necessità”, dove non c’è uguaglianza e dove, quindi, non c’è libertà, vengono in soccorso le concessioni discrezionali e arbitrarie, i permessi speciali come le leggi e le autorità, che  valgono a intermittenza e solo per certi target che se li meritano o se li comprano. Come succederà per i tamponi, fertile brand a disposizione di chi vuole spostarsi di regione in regione ma che non appartiene ai pubblici beneficati dal vaccino, da ripetere ogni 48 ore. Mentre non è chiaro se l’imposizione valga per i lavoratori pendolari che devono passare il labile confine tra Lucania e Calabria e comunque considerati segmento di serie B, per via del loro status di “essenziali” che è necessario esporre per il bene comune.  Così come, sempre per favorire il business pandeconomico,  il tampone dovrebbe essere raccomandato anche per i fortunati sopravvissuti, che potrebbero essere soggetti a recidive.

Ma possiamo star tranquilli, anche a questo penseranno i Grandi Guaritori col sacro crisma  di Astra Zeneca, della tachipirina e della vigile attesa di farci oggetto della desiderabile soluzione finale.

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