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Brutale repressione in Colombia, silenzio dei media complici

E’ banale scriverlo, ma è doveroso ribadirlo: se ciò che sta avvenendo in Colombia fosse accaduto in uno qualsiasi dei Paesi che sono nel mirino di Washington, avremmo una campagna a tappeto contro governi autoritari e stragisti da rovesciare immediatamente con qualche rivoluzione colorata anche a costo di affamare la popolazione, strategia peraltro tra le più perseguite; se poi fosse accaduto in Cina si parlerebbe di genocidio. Invece della rivolta generale di un popolo contro il regime vetrina dell’imperialismo nord americano in America latina, con centinaia di arresti e di feriti, oltre a 14 morti (cifra meramente ufficiale) , si tenta di non parlare affatto, come capita alla maestosa, ma non innocente stupidità di Repubblica e delle sue consorelle di raggiri mediatici. Non si tratta solo di evitare di compromettere l’immagine di un regime fallimentare e crudele rappresentato però e come una sorta di modello, ma anche di affondare il coltello nelle piaghe di un Paese che è stato la  base strategica e materiale per sottomettere l’Ecuador al neoliberismo e per cercare di scalzare prima Chavez e poi Maduro. Non sia mai

Ma c’è anche un’altra “buona” ragione per tacere il più possibile: gli assetti di potere a Bogotà sono quelli che derivano dal famigerato  Plan Colombia messo a punto all’inizio del secolo il cui ispiratore e organizzatore è stato proprio Biden: spacciato come una linea di azione volta a combattere i cartelli della droga, in realtà mirava a distruggere le Farc e l’opposizione di sinistra al fine di instaurare un regime neoliberista in grado di fare da puntello alle varie operazioni di normalizzazione di Washington in Sud America. Molto di questo piano consisteva nel finanziare e armare squadroni della morte ( e dire che Biden osa chiamare altri assassini) , mentre la coltivazione e la produzione di cocaina di cui la Colombia rimane di gran lunga il maggior produttore mondiale, con percentuali più alte addirittura di quelle del tempo dei cartelli di Medellin e Cali, viene gestita ad un livello più diffuso e con un contrasto che esiste semplicemente nei comunicati stampa. Per esempio nel 2020 il governo ha affermato di aver estirpato 130 mila ettari di coltivazioni di coca, mentre nelle statistiche dal qualche anno a questa parte  dice che gli ettari coltivati a coca sono 100 mila: da notare che questa superficie corrisponde più o meno a 1000 chilometri quadrati, vale a dire come la minuscola provincia di Pistoia, in un Paese che è grande quattro volte l’Italia. Tanto per prenderci ancora di più per il sedere e nascondere il fatto che il modello colombiano è un regime che si regge sul narcotraffico.

Ma intanto l’Onu e l’Organizzazione degli stati americani, quella che appoggia Guaidò, tacciono come pure quelle istanze i come il parlamento europeo che non mancano mai di essere dalla parte del torto, per di più con la pretesa di essere Abele e non Caino. Verrebbe da dire vergogna se solo tali istanze la conoscessero: è in utile fare appello alla verità, all’onesta e alla coerenza perché è tutta questa logica e i suoi costrutti che andrebbero abbattuti.

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